Le donne rischiano di pagare il prezzo più alto della crisi, soprattutto in termini di occupazione. Sono infatti più esposte alla precarietà ed hanno maggiori difficoltà a reinserirsi una volta perso il posto. Non a caso, dopo dieci anni di progressi, la forbice tra uomini e donne sul mercato del lavoro è tornata ad allargarsi. È questa la fotografia scattata dalla Commissione Ue, in cui si invitano i 27 Stati membri della Ue a trasformare l’impatto sociale della crisi in un’occasione. «Tra il 1998 e il 2008 – spiegano gli esperti – sono stati compiuti considerevoli progressi sul fronte dell’occupazione femminile», aumentata del 7,1% in dieci anni e attestandosi su un 59,1% che non è troppo distante dal parametro del 60% indicato nella strategia di Lisbona. Anche se esistono grandi differenze tra Paese e Paese: in tre Stati membri (Malta, Italia e Grecia) – si evidenzia – sono occupate meno della metà delle donne in età lavorativa, mentre la percentuale sale al 70% in Danimarca e oltre il 71% in Svezia e Olanda. «Il trend positivo – si sottolinea – è stato però bruscamente interrotto dalla crisi economica», col tasso di disoccupazione femminile balzato dal 7,4% del maggio 2008 al 9% del settembre 2009. E il timore – spiegano gli esperti – è che il grosso dell’impatto della recessione sull’occupazione femminile debba ancora farsi sentire. Inoltre, il rapporto conferma come, subiscono senza volerlo più contratti precari e a tempo determinato, guadagnano meno degli uomini.
Il Messaggero 19.12.09
Pubblicato il 19 Dicembre 2009