Dopo il viola il rosso. Il rosso della Cgil. Una marea colorata in sciopero ha invaso Roma ma anche Milano e Napoli. Lavoratori pubblici e studenti di scuola e università, precari e ricercatori di accademie e conservatori, ministeriali e personale sanitario. Non mancava nessuno nelle piazze della protesta del sindacato guidato da Guglielmo Epifani. “Lavoro pubblico e Conoscenza. Beni comuni” lo striscione d’apertura della manifestazione nazionale di Roma. Dietro, tra le maestre precarie e i dipendenti del 118 in divisa, l’assalto ad Epifani e Mimmo Pantaleo (Flc-Cgil) ma anche a Carlo Podda della Funzione pubblica e Pier Luigi Bersani, segretario di Pd.
Gemma Tedaldi, 46 anni, è arrivata da Piacenza. Indossa una maglietta con su scritto: “Nella scuola per scelta, precari per forza”. La sua storia ha dell’incredibile: “Sono precaria dal 2000. Ho visto i miei bambini crescere, ora hanno quasi finito le elementari. Ed io sono sempre qui, sola e senza diritti nella stessa scuola”. Quel che accade da quando la Gelmini è all’istruzione lo spiega bene il cartellone sugli orari che tiene in mano Francesco da Firenze: “Io frammento, tu frammenti… Fino a 10 docenti per classe”. Mentre Giovanna dalla Calabria incita i manifestanti: “Invece dei voti numerici riprendiamoci quel che ci spetta. Il governo per regalare 170 milioni alle scuole cattoliche e paritarie ha tagliato 170mila cattedre agli istituti statali. E’ proprio vero che “forbice perde, andiamo a riprenderci i tagli di governo”.
Centomila nella Capitale, 70 mila a Milano, 40 mila a Roma. “Berlusconi se tu hai le palle noi abbiamo i palloni”, grida al microfono Giuseppe. E i palloni della Flc-Cgil sono effettivamente tanti. Come gli slogan: “La scuola pubblica non si taglia. Si moltiplica”, sottolinea il coordinamento dei precari. “Investire in Conoscenza per il bene del Paese”, dice Michela parafrasando il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Mentre si fanno vedere Antonio Di Pietro (Idv), Paolo Ferrero (Rifondazione), Maria Angela Bastico (Pd) e non manca Sinistra e Libertà. Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil: “Questa piazza è la risposta democratica alla regressione politica e culturale in cui il capo del governo sta gettando il Paese con la mortificazione delle istituzioni e della Costituzione repubblicana”.
Il corteo è un mare di rosso. Partenza in piazza della Repubblica, arrivo in piazza del Popolo. Ma alle 11, dopo l’abbraccio con Epifani e Bersani in piazza Barberini, la testa riesce a fare solo pochi passi. “Lo senti il terremoto? Sono i precari in moto. In ogni scuola, in ogni ospedale: sciopero, sciopero generale”.
C’è anche Euristeo che vuole sposare la Carfagna tra i manifestanti, mentre “nonna Rossana” ha indosso la bandiera della Funzione Pubblica Cgil come mantello e legge il “Filo rosso” di Concita De Gregorio. E a mezzogiorno è ancora là, in prima fila sotto il palco della protesta.
I fantasmi della scuola hanno la maschera sul viso, studenti della Rete e dell’Udu ripassano il “discorso” che faranno dal palco. Mentre Luca Lanzi, maestro elementare, con Massimiliano Gregorio, ricercatore all’università di Firenze, danno vita al concerto della “Casa del vento”: canzoni sul lavoro, raccolte in cd.
“Viva la scuola della Costituzione italiana”. “Mentre Berlusconi si fa gli affari suoi, il prezzo della crisi la paghiamo noi”. Gli slogan passano di bocca in bocca. Fino alla “grida” in rima musicale dei precari di Palermo: “Berlusconi insieme a Mary Star vuoi la scuola rovinar. Ma ti devi calmar/. L’Università vuoi privatizzar, un popolo istruito certo non puoi dominar/. Bruentta a spodestar, Tremonti a calcolar e i poveri precari e gli studenti a protestar”.
Piazza del Popolo è quasi piena come un uovo. Suoni e colori, musica e parole. Poi il silenzio. Parla Epifani. “Quella di oggi non è una manifestazione politica ma sindacale. Si chiede il rispetto dei contratti pubblici. L’obiettivo è il rilancio della scuola e del lavoro e questo è un obiettivo sindacale. Il governo, piuttosto, risponda sul merito”. “C’e’ un grande problema – ha aggiunto – la Finanziaria è stata quasi approvata e non ci sono risorse per i contratti pubblici. Il governo non rispetta gli accordi. In Finanziaria i soldi non ci sono e invece bisogna investire in sanità e scuola per avere un po’ di certezze. Gli altri Paesi lo fanno, mentre l’Italia sa solo tagliare”.
L’Unità 11.12.09