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“Sulla finanziaria”, di Manuela Ghizzoni

Di seguito il testo integrale dell’intervento svolto alla Camera il 9 dicembre 2009 dall’on. Manuela Ghizzoni.

“Il ministro responsabile dell’economia e il Premier hanno più volte ribadito che l’approvazione delle finanziarie al tempo di Berlusconi, e a maggior ragione se quel tempo è tempo di crisi economico-finanziaria, non si sarebbe più prestata al cosiddetto assalto alla diligenza, caratteristico dei tempi precedenti.
Fedeli al presunto rigore della manovra estiva del 2008, hanno più volte asserito che nulla avrebbe fatto deragliare l’agile finanziaria approvata dal Consiglio dei Ministri dal rispettare il pareggio, il saldo zero. Allo stesso modo, nessuna norma ordinamentale ne avrebbe stravolto la natura economico-finanziaria.
Nulla di meno vero, di più lontano rispetto a quanto è avvenuto per questa finanziaria 2010.
La cosa grave non è tanto che l’esecutivo sia contraddetto nei fatti – anche se questa smentita non aiuta certo la credibilità delle istituzioni in generale, e in particolare di chi deve guidare il Paese – ma che il vituperato assalto alla diligenza sia avvenuto, come testimonia la cronaca di questi giorni, e sia stato caotico, maldestro, improvvisato e condotto principalmente dai ministri stessi, per spartirsi le risorse a disposizione, con l’aggravante di farlo senza strategia, senza coerenza, se non quella di soddisfare estemporanei appetiti e, forse, consolidate clientele.
La finanziaria che esce da questo assalto è un’arma spuntata contro la crisi e benché sia lievitata con il passare del tempo fino a superare i 200 commi, presenta vistose assenze di intervento proprio in quei settori che gli altri Paese europei e oltreoceano hanno invece individuato come decisivi per uscire dalla crisi. Per agganciare l’attesa ripresa, dobbiamo investire in conoscenza e innovazione. In una parola, solo attraverso il sapere (che si declina in investimenti in istruzione, università e ricerca) si contrasta la crisi.
Cito solo l’ultimo esempio in ordine di tempo, a noi vicino: la Francia a guida centrodestra si appresta ad investire qualcosa come 35 miliardi provenienti dal prestito nazionale nell’economia della conoscenza, di cui 16 miliardi per università e ricerca.
E a casa nostra cosa succede?
Di investimenti in questi settori non c’era traccia nel testo originario della Finanziaria, e in quello approvato dal Senato, se non in senso negativo, cioè in consistenti risorse sottratte ai capitoli destinati all’istruzione, all’università e alla ricerca.
Qualche cifra, a titolo di esempio.
Nonostante la spesa aumenti, pur in presenza di massicci tagli di organico, per fronte alle carriere economiche e agli aumenti retributivi del personale, la manovra prevede alla missione “istruzione scolastica” riduzioni per ben 700 milioni rispetto all’assestato 2009, di cui 100 sottratti alla Programmazione e coordinamento dell’istruzione scolastica; più di 200 tagliati all’Istruzione secondaria di primo grado (vale a dire la scuola media, quella che sconta le maggiori difficoltà nell’affrontare la propria missione educativa e di istruzione); poco più di 7 milioni decurtati dal Diritto allo studio e più di 220 ai cosiddetti “capitoloni”, cioè alle risorse trasferite dallo Stato alle istituzioni scolastiche per il loro ordinario funzionamento e per far fronte a spese obbligatorie, come le supplenze, e per dare qualità all’apprendimento. Ripeto, 200 ml tagliati dai fondi a disposizione delle scuole, dopo che nei mesi scorsi è stata pubblicamente e ripetutamente denunciata – anche in quest’aula – la situazione debitoria nella quale versano le scuole per sola responsabilità del Governo che non trasferisce le risorse necessarie. Quelle citate sono pesanti riduzioni di risorse, sebbene il raffronto avvenga con il 2009, sul quale la scure di Tremonti agì per ottenere un taglio superiore ai 2 miliardi.
Il trend negativo è ancora più chiaro per la missione dell’istruzione universitaria, che registra complessivamente una riduzione di ben 652 milioni, cioè più dell’8%.
Infine, i due programmi di ricerca scientifica e tecnologica applicata e di base scontano l’azzeramento delle risorse destinate al First, il fondo investimenti ricerca scientifica e tecnologica. Una scelta strategica, voluta dal Governo Prodi con la finanziaria del 2007, che l’esecutivo Berlusconi abbandona per scelta irresponsabile e, aggiungo, solitaria, se stiamo agli esempi di Francia, Germania, Stati Uniti, Cina. È vero che il Governo nell’inusuale maxiemendamento presentato in Commissione ha messo in campo 400 milioni per il credito di imposta per la ricerca: due misure che il Governo paradossalmente mette in competizione, invece di farle convivere per ampliarne gli effetti positivi sulla ricerca di base, sull’innovazione e sul trasferimento tecnologico.
I tagli che ho citato contrastano non solo con quanto fanno gli altri Paesi e – mi verrebbe da aggiungere, con il buon senso – ma sono in opposizione con gli obiettivi che lo stesso ministero aveva messo nero su bianco nel DPEF di luglio, nel quale indicava il fabbisogno finanziario per la parte di istruzione in 689 milioni, mentre quello per l’università in 815 milioni. Per la ricerca, paradossalmente, il ministro si limitava ad un auspicio: accrescere le scarse disponibilità finanziarie.
Che fine hanno fatto le richieste estive del ministro Gelmini per sostenere una lunga serie di interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di governo? Le risorse non ci sono: dobbiamo ritenere che il ministro abbia rinunciato agli obiettivi?
Mi si risponderà che ci sono le provvidenziali risorse dello scudo fiscale, che personalmente chiamo scudo spaziale per l’estensione dell’ambito di intervento che è chiamato a coprire.
Ma di quanto stiamo parlando? Dallo scudo, la Gelmini porta a casa tre gruzzoletti, che però non sono finalizzati a progetti o a nuovi investimenti, ma servono a neutralizzare tre, ripeto, tre tagli alla spesa corrente previsti dal testo originario della finanziaria approvato dal consiglio dei ministri.
È così per i 130 ml per le scuole paritarie.
Altrettanto lo è per i 103 milioni destinati alla fornitura gratuita dei libri di testo, che solo grazie alla nostra opposizione sono stati ripristinati.
Infine, è così per i 400 milioni destinati al Fondo di finanziamento ordinario dell’università, che tuttavia non bilanciano i 467 milioni tagliati dal decreto-legge 93 che ha previsto l’abolizione dell’ICI, e tanto meno il decremento di 678,8 milioni di questa finanziaria, rispetto alle previsioni assestate per il 2009.
Ma l’elemento sul quale riflettere è che queste risorse – oltre ad essere previste per il solo 2010 poiché provengono da una misura una tantum qual è lo scudo fiscale – eludono le attese del DPEF e delle dichiarazioni del ministro, che ebbe a dire il 26 settembre «I proventi dello scudo fiscale serviranno per tre priorità. Una di queste è rappresentata proprio dall’università».
Due considerazioni finali su questa affermazione.
Che il ministro Gelmini non metta la scuola tra le priorità che necessitano di risorse e di investimenti è storia nota, che non ci stupisce, ma alla quale continueremo ad opporci non solo per difendere il diritto universale all’istruzione, ma per renderlo più esigibile. Non ci opponiamo pregiudizialmente alle riforme, ma avversiamo ogni intervento che abbia come esclusivo obiettivo quello di tagliare le risorse e fare cassa, invece di porre al centro la qualità dell’apprendimento, l’innovazione didattica e organizzativa, l’aggiornamento degli insegnanti, i modelli formativi, il diritto allo studio.
Sorprende invece che la Gelmini non sia riuscita a conquistare una porzione più significativa di risorse da destinare all’università, una delle tre priorità (solo 400 milioni rispetto ai 3,5 miliardi disponibili). Anche perché il ministro aveva aggiunto, nella dichiarazione settembrina «Stiamo puntando alla riforma dell’università perché alla crisi si risponde non solo immettendo più risorse in un sistema che è guasto ma intervenendo sui problemi nevralgici».
In linea di principio, concordiamo che la spesa pubblica richieda rigore, previsione strategica, efficacia ed efficienza, e che non tutti i problemi possono essere risolti con il solo incremento delle risorse. Tuttavia, noi non crediamo che il nostro sistema universitario sia “guasto”. È un giudizio che tradisce il pregiudizio del ministro nei confronti del sistema pubblico d’istruzione superiore. E’ un sistema che va profondamente innovato, e noi non faremo mancare le nostre proposte che si ispirano ai principi di autonomia, valutazione, valorizzazione del talento, contrasto della precarizzazione del lavoro, internazionalizzazione, equità sociale.
Ma non si può pensare di realizzare una riforma strutturale senza risorse aggiuntive che, come ho dimostrato, non possono certo essere rappresentate dai 400 milioni dello scudo fiscale.
Questa finanziaria, quindi, era l’occasione per dimostrare che l’Esecutivo sostiene realmente l’idea di riformare l’università, portando una dote congrua e per un lasso di tempo adeguato, ma di essa non c’è traccia. Questa manovra, purtroppo, è segnata dall’assenza di finanziamenti, che affama l’università, depotenziandone ruolo e prestigio. E così, invece che il presunto rientro dei capitali dello scudo fiscale, rischiamo di avere solo l’uscita e l’esportazione all’estero dei nostri giovani di talento, in fuga da un Paese che non li valorizza e che non investe nel loro, e nel nostro, futuro.”

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