Oggi, 10 dicembre, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo compie 61 anni. In tutto questo periodo ha rappresentato per il mondo un innegabile passo avanti, in particolare per quanto riguarda l’introduzione di strumenti giuridici a tutela dei diritti umani che prosegue incessantemente in tutto il pianeta.
Ci sono tuttavia alcune tendenze pericolose che contrastano gli sforzi tesi a fare dei diritti umani il linguaggio comune dell’umanità.
Tanto per cominciare c’è chi contesta sul piano ideologico l’universalità della dichiarazione del 1948 in quanto fondata sulla supremazia dell’individuo mentre nelle società del Terzo mondo – asiatiche e africane – a prevalere sono i gruppi o le tribù. Secondo questo punto di vista, sarebbe la difesa dei diritti collettivi della tribù a tutelare i diritti dei singoli che della tribù fanno parte. In questo contesto appare un errore liquidare il significato della “tribalizzazione” del potere o del senso di armonia e sicurezza che esiste nelle minoranze etniche, religiose o linguistiche dinanzi all’incapacita’ dello Stato di fornire loro adeguata tutela.
In secondo luogo, esiste una minaccia religiosa che non può essere conciliata con l’universalità dei diritti umani e tale minaccia consiste nella contraddizione esistente tra la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e la sharia, vale a dire la legge islamica. Questa incompatibilità appare particolarmente evidente in materia di diritti fondamentali delle donne, di libertà di conversione religiosa e di ricorso alle punizioni corporali. Ancora più grave è la minaccia del movimento fondamentalista salafista, un’ala dell’Islam che considera la difesa dei diritti umani un retaggio neo-coloniale che si traduce in una nuova crociata contro l’Islam. Questa sensazione è esacerbata dall’atteggiamento anti-islamico che prevale in Occidente dagli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e che tende a dipingere tutti i musulmani come terroristi o potenziali terroristi.
La terza minaccia per i diritti umani si è in qualche modo indebolita negli ultimi anni, ma rimane significativa e potrebbe aggravarsi con l’espansione delle due nuove superpotenze, la Cina e l’India. La minaccia consiste nella cosiddetta “eccezione asiatica”, una visione che ha dominato la Conferenza sui diritti umani Asia-Pacifico tenuta a Bangkok due mesi dopo la Conferenza mondiale sui diritti umani del giugno 1993. La Dichiarazione di Bangkok, approvata dai rappresentanti dei governi di oltre quaranta Paesi dell’Asia e del Pacifico, ribadisce la posizione dell’Asia in materia di diritti umani che, sostiene il documento, vanno visti nel particolare contesto storico, culturale e religioso dei Paesi del continente.
Infine c’è una corrente revisionista che ritiene che, essendo la Dichiarazione universale vecchia di 61 anni, siano necessari un aggiornamento e una revisione in grado di riflettere i progressi e l’evoluzione da allora intervenuti, ivi compresi i cambiamenti delle istituzioni intergovernative al cospetto della globalizzazione. Non v’è dubbio che questa corrente di pensiero si rafforzerà nei prossimi anni proprio in quanto i progressi tecnologici continueranno a produrre cambiamenti sociali, economici e culturali.
Tutte queste minacce a mio giudizio vanno collocate nell’ambito di quella che considero la sfida più seria all’universalità dei diritti umani: la frammentazione sociale ed economica del pianeta. È proprio necessario ricordare che quasi due miliardi di esseri umani lottano per la sopravvivenza con un reddito di uno o due dollari al giorno?
O che ogni giorno muoiono di malnutrizione 35.000 bambini? Stanti le tragiche sofferenze e il gran numero di uomini, donne e bambini che muoiono quotidianamente, è ancor più inaccettabile che, malgrado gli esseri umani siano uguali, la storia continui a minacciarci come se non lo fossimo erigendo tra noi barriere economiche e sociali.
La sensazione di ingiustizia riflette il progresso della coscienza dell’uomo e il passaggio dalla consapevolezza delle disuguaglianze all’azione volta ad eliminarle è stato possibile in parte grazie all’affermazione universale dei diritti umani. La difesa dei diritti umani è senza dubbio la risposta migliore alla generalizzata deregulation che ci minaccia. Tuttavia non deve essere limitata ad una battaglia solitaria e fine a se stessa.
© IPS
Boutros Boutros-Ghali è stato Segretario generale delle Nazioni Unite dal 1992 al 1996
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
L’Unità, 10 dicembre 2009