Ci sono giornali nel nostro Paese che non hanno alle spalle potenti gruppi finanziari e industriali, che a malapena riescono a raccogliere qualche briciola della gigantesca torta pubblicitaria, che vivono a fatica grazie alla fedelta dei loro lettori e grazie al contributo dello Stato. Sono i giornali editi da cooperative, no profit, i giornali di partito. Si tratta di poco meno di 280 testate giornalistiche. Con un colpo di mano notturno, maggioranza e Governo hanno abolito il «diritto soggettivo» di queste testate giornalistiche a godere di finanziamenti pubblici. Il contributo sarà deciso di anno in anno dal Governo che stabiliraÌ a chi e quanto versare. Si passa dal diritto alla elargizione, da una informazione pluralista a una informazione a «sovranità limitata», sotto il controllo del Governo. Per molte di queste testate significa morte certa. Un colpo durissimo per i 4500 posti di lavoro a rischio tra giornalisti, tecnici, amministrativi, senza contare le migliaia di collaboratori. Si tratta di un vero e proprio bavaglio alla libertà, all’indipendenza e al pluralismo dell’informazione.
Proviamo a immaginare come si presenterebbe il panorama informativo italiano senza testate come L’Unità, Il Manifesto, Liberazione, solo per citare quotidiani collocati all’opposizione del Governo Berlusconi. Rimarrebbero in piedi soltanto i grandi quotidiani nazionali di proprietà di agglomerati di imprese finanziarie e industriali, mentre il panorama televisivo eÌ giaÌ dominato dal «combinat» Rai-Mediaset. Governo e maggioranza giustificano il colpo di mano con la volontà di togliere di mezzo finte cooperative o giornali inesistenti. A parte che dovrebbe essere compito del Governo controllare che i soldi pubblici siano spesi soltanto a favore delle testate che hanno veramente i requisiti previsti dalla legge. Ma qui con la scusa dell’acqua sporca si vuole gettare via anche il bambino. Quello che è stato scritto nella finanziaria in discussione alla Camera è un altro capitolo di quel progressivo svuotamento della democrazia edificata in Italia grazie alla nostra Carta Costituzionale. Dopo la grande manifestazione di Piazza del Popolo in difesa della libertà di informazione, occorre che tutte le forze schierate in difesa delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione, tornino a incontrarsi e a mobilitarsi. Anche le Regioni italiane possono e devono svolgere un loro ruolo. Come hanno fatto di fronte ai tagli alla cultura, devono intervenire. Ogni Regione italiana dispone di leggi di sostegno alla editoria. Si tratta di verificare i termini concreti percheì le regioni diano il loro contributo in difesa del pluralismo e della libertaÌ di informazione. Sarebbe più che mai opportuno e necessario che la Conferenza delle Regioni italiane incontrasse la Federazione Nazionale della Stampa e gli organismi di rappresentanza delle testate giornalistiche colpite dalla scure di Tremonti.
L’Unità, 10 dicembre 2009