Sono passati 10 anni dalla morte di Nilde Jotti; ma dieci anni drammatici e difficili. Siamo veramente entrati in un altro millennio. Quale è oggi il contesto in cui ci troviamo a ricordarla?
Un contesto difficile per le donne, segnato da un attacco contro le conquiste ottenute:
-pensiamo alla parità di retribuzione: impressionanti i dati sulle disparità salariali emerse, pochi giorni fa, dalla assemblea delle consigliere di parità
-al diritto al lavoro: tra i lavoratori precari, la maggioranza sono donne; l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la presenza delle donne nel mondo del lavoro
-sono sotto attacco anche la tutela della maternità, l’autodeterminazione nella maternità, nella procreazione assistita, nell’interruzione volontaria di gravidanza: ultimo episodio di questi giorni l’assurdo voto in senato contro la commercializzazione della pillola RU486
-permane la sottorappresentazione ai vertici della politica e delle istituzioni, in tutti i luoghi decisionali, (che provoca un impoverimento della democrazia), un trend opposto a quello che, nell’ormai lontano 1979 , con la elezione di Nilde alla Presidenza della Camera dei Deputati sembrava si stesse aprendo.
Insomma vengono minacciate le conquiste che le donne hanno ottenuto in anni e anni di lotte e a cui Nilde Jotti aveva dedicato tanta passione e tanta parte della sua attività. “ Credo di poter affermare – ha scritto lei stessa – di aver dedicato molta parte della mia vita politica alla battaglia delle donne e di questo sono molto orgogliosa.”
Questi diritti e queste conquiste sono minacciate anche dal preoccupante e crescente rigurgito della violenza maschile sulle donne, contro cui proprio oggi le donne scendono in piazza a Roma. Un tema di cui si parla molto in questi giorni, perché vi è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ma di cui si tace il resto dell’anno.
Giustamente invece nel suo editoriale di due giorni fa Concita de Gregorio sottolineava che razzismo,violenza e sguaiataggine verbale creano un clima che incita gli uomini alla violenza e che tende a conculcare la presenza delle donne nella vita sociale, economica e culturale. Donne viste come prede, come oggetti, non come cittadine con pari diritti.
Siamo in presenza, infine, di una presentazione mediatica della figura femminile lontana dalla realtà, che ripropone vecchissimi stereotipi e tende a veicolare, come è scritto nel documento dell’ANPI, “la mercificazione del corpo femminile, come scorciatoia per il successo e persino per l’accesso alla politica”, di indicare – cito sempre dal documento dell’ANPI – “una strada illusoria, che rischia di “bruciare” una generazione di donne e che comporta un pesante arretramento del livello civile, sociale e culturale del Paese.” Non è chi non veda come tali stereotipi siano l’opposto della figura femminile che Nilde ha impersonato.
Ma oggi ricordiamo Nilde Jotti anche in un contesto drammatico per il paese, contesto segnato dai ripetuti subdoli tentativi di cancellare i principi di quella Costituzione, cui Nilde aveva dato un così importante contributo, e di sostituirvi una presunta costituzione reale di tipo plebiscitario, un regime tendenzialmente autoritario, in cui verrebbe annullato l’equilibrio tra i poteri.
Giusto e opportuno dunque dedicare a Nilde Jotti la campagna nazionale che l’Anpi lancia oggi su “Donne, antifascismo, democrazia – dalla memoria al futuro”.
Una campagna che parte in un momento opportuno non solo per far fronte ai pericoli che ci minacciano, ma anche perchè sembra presente un inizio di reazione da parte delle donne. Infatti, dopo il dibattito aperto quest’estate sulle colonne dell’Unità sul “silenzio delle donne”, sembra che le donne intendano far risentire la propria voce.
Alcuni episodi sono significativi, anche se poco raccolti dal mondo mediatico.
Alcuni esempi:
– La grande partecipazione all’assemblea promossa alla casa delle donne dalle promotrici dell’appello di Repubblica “le altre donne”
– La conclusione della staffetta dell’UDI contro il femminicidio a piazza della Loggia a Brescia
– L’elenco pubblicato su Affari e Finanza di lunedì 23 nov delle donne degne di stare nei consigli di amministrazione
Sono solo alcuni esempi: resta grande la frammentazione e la dispersione, ma c’è fermento. La campagna dell’ANPI può fornire un punto di coagulo, un collante al desiderio di reagire.
E’ infatti una campagna che si prefigge, come ha ben detto Eletta Bertani – – cito sempre dal documento dell’ANPI – di “riprendere, in questa fase di grave involuzione, il filo di un percorso storico nel corso del quale le donne hanno acquisito una nuova idea di sé, sono state protagoniste di grandi movimenti ed hanno conquistato: diritti, autonomia e un ruolo nella società….” di “riaprire un confronto tra le donne, tra le generazioni e di individuare, a livello locale e nazionale, obiettivi, forme di reazione e di risposta e di dar corso ad una grande battaglia culturale e politica…. suscitare fiducia e speranza, mobilitare grandi energie e combattere rassegnazione e impotenza” ponendo al centro “i valori, i contenuti, l’immagine e il ruolo della donna nella societa’ che scaturiscono dalla Costituzione e dal percorso delle donne nella democrazia repubblicana. Valori, contenuti ed obiettivi nei quali può riconoscersi la maggioranza delle donne italiane”.
Chi, meglio di Nilde Jotti può impersonare quei valori? chi meglio di Nilde costituire il modello di donna da indicare alle nuove generazioni?
Ripenso a quando l’ho conosciuta, a Firenze, al primo Congresso dell’UDI, quello della fusione con i GDD.
Una ragazza, era nata il 10 aprile del 1920 – eravamo quasi coetanee, io sono del ‘gennaio ’21 – laureata all’Università cattolica, figlia di un ferroviere, proveniente da una di quelle famiglie emiliane, che erano pronte a mille sacrifici per far studiare i figli e persino le figlie. Nilde prima lavorò per mantenersi agli studi, poi riuscì ad andare alla U. cattolica di Milano, grazie a un borsa di studio acquisita per meriti scolastici.
Una ragazza che veniva dall’esperienza della resistenza e dei gruppi di difesa della donna ed era già consigliere comunale di R.E.
Eletta nel ’46 alla Costituente, Nilde faceva parte di quella nutrita pattuglia di giovanissimi , che il PCI aveva voluto affiancare ai militanti e alle militanti storiche che venivano dai lunghi anni dell’esilio, del carcere e del confino. 1 E questa giovanissima divenne una madre della Repubblica: perché la nostra repubblica non ha solo padri, ma anche madri….
Nilde ha avuto, infatti, un ruolo fondamentale nella elaborazione della nostra Costituzione, facendo parte della Commissione dei ’75, ed essendo relatrice, assieme a un parlamentare DC molto conservatore, Camillo Corsanego, sui problemi della famiglia. avevano, come è facile immaginare, idee assai diverse, e perciò presentarono due relazioni distinte. Le formulazioni che Nilde proponeva, che non sono quelle poi adottate definitivamente sono molto più vicine, sebbene vecchie di 60 anni, a quello che pensiamo oggi. Nilde era stata d’accordo che la questione del divorzio non venisse inserita nella carta costituzionale; non la riteneva matura.
Ma fu Nilde a insistere, al X Congresso del PCI, contro le timidezze e le tiepidezze di molti, perché ci si decidesse ormai a affrontare la questione, e poi per l’approvazione della legge in parlamento e la sua conferma nel referendum.
Nilde Jotti contribuì alla elaborazione dell’articolo 3 della Costituzione, l’articolo che sancisce la pari dignità sociale ed eguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini, «senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»; cui segue la basilare affermazione del secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». [Principio totalmente nuovo, unico anche rispetto alle coeve carte costituzionali antifasciste», quella francese del ’46, quella della RF di Germania del ’49, che segna il passaggio dal sistema liberale al sistema democratico, a una democrazia segnata da contenuti di progresso sociale…]
Erano state le donne costituenti a ottenere che il sesso fosse collocato all’inizio dell’elencazione e a voler precisare, inserendo l’inciso «di fatto», la natura e l’ampiezza degli ostacoli che dovevano essere rimossi. Non è dunque casuale che i movimenti delle donne, nel corso di molti decenni, abbiano fatto riferimento soprattutto a questo articolo.
Nel corso della sua lunga vita politica, Nilde divenne anche l’autorevole presidente di Montecitorio.
Ma forse non tutti si rendono conto della straordinarietà di questo fatto.
Io ho ancora ben presente l’emozione che tutte noi, donne, provammo quel giorno del 1979, – sono passati ben 30 anni – quando fu eletta presidente della Camera dei deputati. Era la prima volta nella storia italiana che una donna e per giunta una dirigente comunista, di un partito dell’opposizione, veniva chiamata a un così alto incarico.
Un incarico, quello di presidente della Camera – altro fatto straordinario – che lei ha ricoperto per ben 13 anni, rieletta per tre legislature; una così lunga permanenza nell’incarico non ha precedenti nella storia del Parlamento italiano, a riprova della stima e della fiducia che aveva conquistato nell’assemblea.
Non soltanto, dunque, una donna che presiedeva la Camera, ma una donna che lo ha fatto con straordinaria capacità, conquistando stima e apprezzamento, rendendo onore alle donne, anche in anni difficili, in momenti di aspro confronto parlamentare, (si pensi all’ostruzionismo radicale, non privo di volgari attacchi alla sua persona, nel novembre del 1981).quelli della prima grave crisi della democrazia italiana, e della stessa funzionalità del parlamento, seguita all’assassinio di Aldo Moro. E Nilde, con coraggio e prudenza, mise mano a una riforma del regolamento per cercare di uscire dallo stallo per coniugare rappresentanza e capacità di decisione.
La sua sensibilità, direi la sua passione, nata alla Costituente, per i problemi istituzionali, è stata una costante del suo impegno fino agli ultimi anni, ad esempio nella Commissione bicamerale sulla riforma della Costituzione. Proprio lei, che era stata magna pars nella elaborazione della Costituzione era consapevole che occorrevano norme nuove per armonizzare l’autorità del Parlamento con l’efficienza dell’Esecutivo e i poteri delle Regioni; ma, come risulta chiaro nel suo ultimo discorso parlamentare del ’98, un anno prima della sua morte, rimase sempre schierata nella difesa dei lineamenti fondamentali della Costituzione del ’48, contraria a modifiche che potessero alterare l’equilibrio tra i poteri dello Stato e aprire la strada a derive autoritarie.
La sua attività a livello istituzionale ci offre dunque un insegnamento assai attuale, nel momento in cui siamo tutti chiamati a sventare il pericolo di uno stravolgimento, di fatto, prima ancora che di legge, della nostra Costituzione
Tener viva la memoria di Nilde Jotti, significa anche rinfrescare il ricordo delle lotte delle donne italiane per la loro emancipazione, cui Nilde ha dato un contributo decisivo sia nel lavoro parlamentare che come dirigente dell’UDI(era stata chiamata nel ‘53 a far parte della segreteria nazionale) e responsabile, dal 1961, della Commissione femminile del PCI. Fu lei a realizzare la terza conferenza delle donne comuniste che segnò un punto di svolta del lavoro femminile di partito.
Decisivo fu il suo contributo per riprendere la linea di emancipazione, offuscata negli anni ’48-53 nella durezza della divisione del mondo in blocchi e della contrapposizione in Italia, seguita alla cacciata delle sinistre dal governo nel ’47 e determinante il suo impegno, per affermare l’autonomia dell’UDI.
Parlando al VI Congresso dell’UDI, Nilde ribadiva che autonomia significava “soprattutto e prima di tutto azione aderente alle esigenze delle moltitudini femminili senza alcuna riserva di carattere politico e ideologico, contro tutti gli ostacoli di ordine politico, economico, di costume che ostacolano l’affermazione della personalità femminile.”
Grandissimo fu anche il contributo di Nilde per far approvare in parlamento leggi fondamentali per le donne, quali, ad esempio, la pensione alle casalinghe, il riconoscimento del valore del lavoro delle donne contadine, la riforma del Diritto di famiglia, la legge del ’93 sulla presenza delle donne nelle liste elettorali, intervenendo perché si mantenesse la norma dei due terzi introdotta al Senato contro un emendamento Bonino che voleva abolirla. Sebbene presidente della Camera volle apporre la sua firma alla legge di iniziativa popolare sui tempi.
Sulla legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, rifiutando sia la tesi radicale dell’aborto come diritto civile, sia la pretesa clericale di considerare l’aborto un reato, Nilde si mosse sulla linea (che era anche dell’UDI), della lotta all’aborto clandestino per sconfiggere il ricorso all’aborto, considerato come violenza imposta alle donne; per la gratuità dell’interruzione di gravidanza praticata nelle strutture sanitarie pubbliche; per il diritto delle donne all’autodeterminazione. Quella piattaforma consentì di uscire dalla paralizzante contrapposizione tra una semplice liberalizzazione e la puntigliosa casistica, prevista inizialmente nei testi legislativi proposti dai diversi gruppi politici.
Mi ci sono soffermata per sottolineare come Nilde, su leggi difficili, che investivano problemi delicati e aprivano un forte conflitto, restasse ferma sui principi, ma fosse capace di ascolto e di comprensione per le posizioni diverse dalle sue, diretta a ricercare sul terreno della laicità dello Stato e rifiutando le contrapposizioni ideologiche, una possibile intesa.
Anche per questo, in un momento in cui sono sul tappeto problemi difficili e delicati, che investono la coscienza di ciascuno – si pensi ad esempio – al testamento biologico – Nilde Jotti resta un punto di riferimento importante.
Una attività ricca, un impegno straordinario, durato tutta la vita:
“Ho l’impressione – ha detto nel 1994 – di essere stata una donna fedele a un impegno preso verso me stessa, un impegno preso da quando ho cominciato ad essere una persona. Nessuno che fa politica è soddisfatto del suo lavoro, questa è stata per me sempre una premessa di rigore nel mio lavoro. Ma continuo a guardare alla politica come alla più alta delle eredità. La vivo oggi con lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo di quando ho cominciato. Credo nella politica come strumento indispensabile per cambiare la società e per diffondere nuove idee.
E’ proprio questa visione alta della politica, come attività nobile e disinteressata, come strumento per cambiare la società e per promuovere dignità, diritti, libertà delle donne che fa di Nilde un esempio da proporre alle giovani di oggi.
“Abbiamo parlato delle donne e del grande cambiamento che abbiamo vissuto. – disse Nilde nel 1994 – Come sarebbe stato possibile senza la politica? Alle donne, alle mie compagne , alle amiche credo di aver lasciato in eredità la vocazione a coltivare un’autonomia di pensiero e un grande rispetto per le istituzioni.”
E’ questa eredità che l’ANPI si propone di raccogliere.
L’Unità 30.11.09