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“Palermo invasa dai rifiuti In piazza la protesta dei sindaci”, di Fabrizio Campagnano

E’ la provincia orientale quella con i maggiori problemi. I paesi limitrofi chiedono lo stato d’emergenza e si prepara l’ennesima e inutile proroga per la discarica di Bellolampo con la costruzione di una sesta megavasca.
L’emergenza rifiuti nel versante orientale della provincia di Palermo. I Comuni di Bagheria, Misilmeri, Villabate, Ficarazzi, Santa Flavia, Casteldaccia, Altavilla Milicia, Baucina, Ventimiglia e Lercara Friddi sono invasi da cumuli di immondizia: i primi cittadini sono costretti a chiedere lo stato di emergenza. L’Amia, l’azienda municipalizzata che gestisce la discarica di Bellolampo, ha deciso di chiudere al consorzio Coinres, e agli altri Ato morosi ha impedito l’accesso ai camion. L’Amia, che è in grave crisi economica, vanta crediti per circa 60 milioni di euro da una quarantina di Comuni. Bagheria, terra natale di Guttuso e celebre per il film di Tornatore è il Comune più colpito dall’emergenza.
Gli ingressi delle scuole sono letteralmente invasi dall’immondizia, per motivi igienico-sanitari il sindaco, Biagio Sciortino, è stato costretto a firmare un’ordinanza per la chiusura delle scuole e di alcuni uffici pubblici, e analoga iniziativa è stata presa da altri 9 sindaci della provincia. L’immagine emblematica della situazione di Bagheria è la scuola elementare “Pirandello”, dove l’immondizia arriva a coprire il cancello d’ingresso, e non sono da meno la scuola media Buttitta, il liceo Scaduto, l’Itc Sturzo, dove i sacchetti fanno da “trincea” alle strutture. I cittadini sono esasperati e si stanno riunendo in comitati spontanei, minacciano di non pagare le bollette, che scherzi della sorte il concessionario della riscossione ha fatto recapitare ai cittadini della provincia di Palermo. C’è chi addirittura ha restituito la propria tessera.

La popolazione già provata psicologicamente per la pandemia dell’influenza A-H1N1, deve arginare l’ennesima emergenza igienico-sanitaria. Durante la notte i vigili del fuoco di Palermo sono dovuti intervenire per spegnere decine di focolai appiccati da ignoti, mentre i carabinieri del Nucleo radiomobile hanno arrestato due palermitani, padre e figlio, sorpresi a scaricare per strada dal loro mezzo stracolmo di elettrodomestici e pezzi di carrozzeria di autovetture. Il presidente della Provincia Giovanni Avanti, questa mattina aveva convocato sotto il palazzo D’Orleans, sede della Regione, l’assemblea straordinaria di tutti i primi cittadini, gli assessori, i presidenti dei Consigli comunali e i consiglieri e gli amministratori degli Ato rifiuti.

Ma a quanto pare il presidente Raffaele Lombardo era più indaffarato a occuparsi della crisi di governo che lo attanaglia da vari giorni. Il governatore, per il momento, ha nominato Giorgio D’Angelo commissario ad acta e rinviato la discussione e l’incontro con gli amministratori nel pomeriggio, mentre i sindaci hanno dato atto a un sit in di protesta. Nel frattempo parte la parallela protesta degli addetti ai lavori che non ricevono lo stipendio da mesi: non riuscendo a fronteggiare le difficoltà economiche, hanno annunciato lo stato di agitazione fino al pagamento delle spettanze arretrate.

La situazione cade anche nel paradosso: il cittadino che ha pagato la tassa rifiuti non riceve un servizio adeguato e l’operaio che svolge la sua mansione è costretto a fare i salti mortali per andare avanti; nel contempo i dirigenti aziendali degli Ato percepiscono stipendi d’oro e buoni di produzione. La soluzione cade allora in uno stanco e poco lungimirante rituale: l’ennesima proroga per motivi straordinari dell’invaso di Bellolampo e la costruzione della sesta megavasca dove conferiranno i rifiuti fino alla prossima emergenza. e non mancano, anche stavolta, le promesse: la definitiva partenza della raccolta differenziata, la messa in funzione di uno stabilimento di compattazione delle ecoballe e della costruzione dell’inceneritore. Suggestioni. Fino alla prossima emergenza.
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Giampilieri, il mistero del milione di euro stanziato e sparito nel nulla, di Giorgio Frasca Polara
RETROSCENA. La Finanziaria 2006 aveva previsto fondi per «opere di mitigazione rischio idrogeologico nel centro abitato». Denaro pubblico sparito nel buio. L’interrogazione del deputato del Pd Giuseppe Berretta chiede chiarimenti al governo.
Tre anni addietro era stato stanziato un milione di euro – poco, ma meglio di niente – per fronteggiare almeno in parte il già notissimo, tanto precario, assetto idrogeologico di Giampilieri, la frazione di Messina sconvolta da piogge e frane. Questi soldi sono poi letteralmente spariti: quindi, un mese e mezzo fa, ecco la tragedia, con la semidistruzione del piccolo borgo e con più di trenta morti, alcuni dei quali non saranno più trovati. È una storia scandalosa che spiega il disastro e consente di risalire ai responsabili politici e amministrativi di quanto è accaduto. Ecco perché si chiede, si pretende un’inchiesta sul come e il perché dell’accaduto. Cerchiamo dunque di ricostruire questa storia sulla base di dati inediti forniti dal deputato del Pd Giuseppe Berretta e da altri suoi colleghi in un’interrogazione rivolta al presidente del Consiglio («faremo tutto il necessario, troveremo tutte le responsabilità») e per la quale è richiesta la risposta scritta, nero su bianco, perché non ci siano equivoci neanche sulle parole.

Questa storia comincia con l’approvazione della Finanziaria 2006. All’articolo 2, commi 92 e 93, si prevedevano risorse per opere infrastrutturali e per interventi a tutela dell’ambiente e della difesa del suolo, risorse «destinate, per il 70 per cento, a interventi nella regione Sicilia ». La parte più rilevante dei finanziamenti era (e resta, purtroppo) destinata alla faraonica impresa del Ponte sullo Stretto, ma per gli interventi di difesa del suolo alla Sicilia venivano assegnati 106 milioni e 50mila euro. Tutto a posto? No, una volta fissato il quantum, bisognava decidere il dove: la destinazione cioè dei fondi attraverso una loro distribuzione possibilmente non a pioggia. È quel che fa l’assessore regionale pro-tempore al Territorio e all’ambiente stendendo (e trasmettendo al parallelo ministero) un primo elenco di opere comprese nella nota del 29 ottobre 2008. Sono così già passati due anni dall’impegno delle somme in Finanziaria.

Questo elenco comprendeva diversi interventi anche e proprio nella provincia di Messina, e anche e proprio per Giampilieri veniva previsto lo stanziamento di un milione di euro per «opere di mitigazione rischio idrogeologico nel centro abitato». Nel giro di un mese l’elenco viene rimaneggiato, torna dal ministero all’assessorato, poi è ritrasmesso al primo, infine il 19 novembre ecco la riformulazione degli interventi sulla base, assolutamente scontata, di legittime proteste ma anche di pressioni clientelari. Per fortuna in questo bailamme è confermato l’intervento per Giampilieri. A questo punto comincia il mistero o, meglio, matura lo scandalo della letterale sparizione dei soldi per Giampilieri. Al decreto di assegnazione è allegata tutta una serie di tabelle. La prima è la tabella-chiave: elenca i progetti e assegna i relativi stanziamenti. Ora, sebbene nella premessa del decreto sia scritto chiaro e tondo che è «acquisita con la Regione Sicilia l’intesa degli interventi da comprendere nel programma », tutto viene stravolto: per alcuni progetti gli stanziamenti sono diminuiti, anche sensibilmente; per altri progetti i finanziamenti sono miracolosamente aumentati; alcuni progetti spuntano ex novo, del tutto imprevisti e men che mai accennati nelle trattative preliminari Stato-Regione.

E l’intervento per Giampilieri e il milione destinato al paese della prossima tragedia? Sparito. Risultato di opere di risanamento, anzi di “mitigazione del rischio”, a Giampilieri non s’è visto nulla sino all’inevitabile disastro. Salvo poi, ora, promettere quel che era dovuto già dalla Finanziaria 2006. Ma oggi bisogna che, ciascuno per la propria parte (la ministra siciliana dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il governo regionale siciliano, più qualche decina di direttori generali di ministeri e di assessorati), rispondano – il presidente del Consiglio dovrebbe farlo per tutti costoro, tanto più dopo le sue demagogiche promesse post frana – ad alcune domande: quali sono stati i criteri utilizzati e le priorità seguite per individuare le aree su cui intervenire e la conseguente destinazione dei finanziamenti?

Perché, senza alcuna motivazione scritta, è stato escluso in extremis l’intervento per Giampilieri? Morale: oltre il caso in sé, che ha comunque un intollerabile spessore di gravità, questa storia ha un valore emblematico eccezionale. Non è tollerabile che nei meandri ministeriali un decreto sia stravolto nei contenuti operativi e nelle scelte degli obiettivi senza che nessuno ne paghi le conseguenze. Siamo alla traduzione dalla teoria mafiosa alla pratica politica della più colpevole complicità: “niente vitti, niente sacciu, niente dissi”. Traduce così anche il Cavaliere? Vedremo dalla risposta. Se mai verrà.
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