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“L’elemosina di Tremonti: Slitta un po’ di acconto Irpef”, di Bianca Di Giovanni

Il governo riduce gli acconti (non le tasse). Giornata di propaganda e colpi di scena. Il consiglio dei ministri della mattina termina con il varo di un non meglio identificato «taglio», «sconto», «riduzione» dell’acconto Irap, Ires e Irpef. Solo in tarda serata dagli uffici tecnici filtra una disposizione molto diversa. Domanda non retorica: che cosa ha varato il consiglio? Cosa hanno esaminato e approvato i ministri riuniti al tavolo circolare? Una scatola vuota? pare di sì. Solo all’economia quella scatola si è riempita. Con una decisione che ha molto dello stile tremontiano. La manovra si concentra esclusivamente sull’acconto Irpef versato prevalentemente dagli autonomi: piccole imprese di persone, partite Iva, professionisti. Esclusi i lavoratori dipendenti che non abbiano altri redditi e che possiedono una sola casa . Si decide in sostanza di ridurre l’acconto da versare a novembre di circa il 20%, passando dal 99% al 79%.

Se l’acconto diminuisce, sarà il saldo di giugno ad aumentare. L’operazione, infatti, non consiste in uno sgravio fiscale, ma soltanto in uno slittamento. Una sorta di moratoria, simile a quella proposta dalle banche sui mutui. Non paghi oggi, ma pagherai domani. Questo meccanismo consente di utilizzare subito gran parte del gettito che l’Economia sta incassando con lo scudo fiscale. Si parla di un intervento di circa 3,8 miliardi. Che saranno «recuperati» in corso d’anno. In questo modo Tremonti mette a segno un doppio colpo: una misura a effetto oggi (prima delle regionali) e comunque il mantenimento di un «tesoretto» da utilizzare nella Finanziaria 2010. Dove, a questo punto, molto probabilmente accontenterà le grandi imprese magari con una limatura all’Irap. «È una partita di giro – ha attaccato Pier Luigi Bersani – È giusto che la gente lo sappia».

L’imposta più odiata dalle imprese, infatti, è «scomparsa» dal testo insieme all’Ires nelle prime ore del pomeriggio di ieri. A giocare in favore dell’Irpef c’erano parecchi elementi, non solo politici. Anche dal mondo dell’impresa, soprattutto i piccoli (Cna in testa) si chiedeva una riduzione Irpef, che coinvolge in primo luogo i piccoli artigiani e le società di persone. Non così per l’Irap e l’Ires, imposte versate da società di capitali, in netta minoranza del paese. Basti pensare che oltre l’80% dell’Irap è versata da circa 100mila imprese, a fronte di 4 milioni di aziende italiane. Quanto al gettito, nell’acconto del novembre scorso Irpef e Irap hanno «incassato» quasi la stessa somma, intorno agli 11 miliardi. Molto più alto, invece, il gettito Ires: intorno ai 19 miliardi.

Dunque, con l’Irpef si accontenta una platea più ampia e soprattutto più debole nei confronti della crisi, con meno ammortizzatori e una forte sofferenza per via dei consumi in contrazione. Lasciare più risorse oggi nelle tasche di questi soggetti potrebbe consentire di evitare chiusure di attività e di alimentare di nuovo i consumi. Non va dimenticato, tuttavia, che l’operazione è solo un rinvio. Quanto peserà questo sulle decisioni di spesa? E quanto sui piani di sviluppo aziendali? Ancora una volta il Tesoro punta sull’effetto annuncio, su misure spot, in attesa di una ripresa ritenuta imminente, ma che molti osservatori giudicano invece ancora coperta da pesanti ombre.

Sul piano politico l’operazione ha il chiaro segno di spuntare le armi della Lega, finora quasi «monopolista» delle rivendicazioni dei piccoli (artigiani e partite Iva). Con questa manovra il Pdl recupera, e si rimette in carreggiata rispetto a un mondo che fu il vero motore del berlusconismo fin dalla prima ora. Non va dimenticato, però, che il premier ha chiesto l’Irap. E che da Viale dell’Astronomia il pressing non si ferma: la grande industria qualcosa otterrà. Anche con le risorse risicate dell’annus horribilis dell’economia. A restare fuori saranno, a quanto pare, i lavoratori dipendenti.
L’Unità 13.11.09