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“La vergogna al potere”, di Curzio Maltese

Un colpo di spugna definitivo sui due processi in corso del premier, la corruzione dell´avvocato Mills e l´evasione fiscale sui diritti televisivi. Berlusconi con tutta evidenza mentiva quando ha giurato, dopo la bocciatura del Lodo Alfano, che si sarebbe difeso «come un leone» in tribunale smontando le tesi accusatorie. Al coraggio del leone, preferisce sempre la strategia del caimano.
Oltre all´impunità del premier, la legge garantisce quella di migliaia di altri nei processi in corso, dai crac Parmalat e Cirio allo scandalo dei rifiuti a Napoli. Anche qui, i soliti effetti collaterali della guerra di Berlusconi ai magistrati. Decine di migliaia di cittadini, compresi i risparmiatori truffati da Tanzi e Cragnotti, vedono svanire le residue speranze di ottenere giustizia.
La maggioranza aveva promesso un testo in grado di «mettere d´accordo destra e sinistra» e in un certo senso ha mantenuto. La legge è giudicata «imbarazzante» dal giurista Antonio Baldassarre, vicino al centrodestra, e «indecente» dal capogruppo democratico Anna Finocchiaro, che l´ha sbattuta contro il muro. Dalle prime reazioni pare compatto anche il fronte dell´opinione pubblica internazionale, senza tante distinzioni fra conservatori e socialisti, Europa e America, Est e Ovest, nel considerare l´ultima trovata salva-ladri del premier l´ennesima buffonesca manifestazione di un regimetto che sputtana l´Italia nel mondo.
Poiché si tratta per l´appunto della diciannovesima legge ad personam in materia di giustizia, tocca ripetersi. La prima osservazione è che il testo, come i precedenti, è incostituzionale. In presenza di una costituzione democratica (ma per quanto ancora?) e più in generale della logica, è arduo far passare la corruzione come reato meno grave dello scippo. Oppure sostenere che un incensurato accusato di reati gravissimi si debba privilegiare rispetto a un cittadino già condannato, magari per un furto di motorino. È assai probabile che la Consulta boccerà anche questa legge. Ma nel frattempo il presidente del Consiglio più furbo degli ultimi 150 anni l´avrà scampata ancora una volta. Almeno per i processi in corso. Per quelli a venire, si sta provvedendo con la riesumazione dell´immunità parlamentare. «I tempi sono maturi» annunciano festanti gli azzeccagarbugli in Parlamento. Sono infatti trascorsi tre lustri e più da Mani Pulite. È vero che restiamo gloriosamente in cima alla classifica delle nazioni più corrotte. Ma ormai la gente si è abituata e il tanfo di mazzette, tangenti sulla sanità, appalti truccati, è diventato un profumo di buon governo.
Che fare? Se Berlusconi e i suoi servi si ripetono, bisogna almeno sperare che l´opposizione non ricalchi il copione dei precedenti, piuttosto inutili. L´opposizione tutta, in Parlamento con le sue varie sigle, e nella società. Si può e si deve sperare che il Pd di Pier Luigi Bersani riesca ad affrontare questa sfida senza se e senza ma, con la decisione necessaria. Si può sperare che i moderati di Pier Ferdinando Casini e il neo convertito Francesco Rutelli, capiscano che questa battaglia non c´entra con la destra o la sinistra o il centro, ma con la difesa dello stato di diritto tout court. Si deve sperare che Antonio Di Pietro non ricominci gli appostamenti alle mura del Quirinale. Perché qui non si tratta soltanto di discutere una firma, ma di raccoglierne milioni. Non è questione di riempire una piazzetta di lazzi, ma di convocare nelle strade della protesta milioni di cittadini. Soltanto con una grande rivolta dell´Italia onesta si potrà mettere fine a una vergogna che dura da quindici anni, alla mortificazione del diritto da parte di una classe dirigente con troppi scheletri nell´armadio. Soltanto così si potrà salvare la faccia del Paese nel mondo, anche la faccia di chi è abituato a voltarla sempre da un´altra parte.

La Repubblica, 13 novembre 2009

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“Intervista a Guido Calvi: «Questa è un’amnistia, la nostra proposta era un’altra cosa»”, di Claudia Fusani

Non ci sta a diventare «l’alibi» di uno mostro giuridico. La sua proposta di legge era tutt’altra cosa, con «altre finalità» e soprattutto «non avrebbe violato in modo così palese il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge».
Avvocato Guido Calvi, il Pdl nel presentare il disegno di legge che introduce la prescrizione dell’azione penale, tra i motivi che hanno ispirato il testo indica anche il fatto che una legge simile era stata presentata da lei quando era senatore Ds nel 2001. La citazione è corretta?
«Assolutamente no. Quel disegno di legge, che portava la firma mia e dei colleghi Fassone e Ayala, era una proposta buona perché puntava ad eliminare gli appelli pretestuosi e le proroghe inutili. Per questo, lasciando inalterate le prescrizione dei reati, articolo 157 del codice penale, introducemmo l’improcedibilità del procedimento modificando l’articolo 346 della procedura penale. Per questo la nostra norma non poteva intervenire sui processi in corso. Insomma, volevamo abolire i tempi inutilizzati e i rinvii strumentali introducendo le tre fasi. Rivendico quella norma che aveva tutte altre finalità rispetto a questa».
Quali?
«Intervenire veramente sui tempi del processo, alleggerire la macchina della giustizia, dare tempi certi ai cittadini, ma – e questa è la differenza – non avrebbe avuto alcun effetto sui processi in corso. Da questo punto di vista, sostanziale, la nostra proposta era radicalmente diversa».
Il nuovo lodo Gasparri-Quagliariello invece avrà, lo dice l’Anm, un effetto devastante su quel milione e mezzo di cause penali pendenti. Quanti processi moriranno?
«Dovremo aspettare i rilevamenti delle singole Corti d’Appello ma credo di non sbagliare quando dico che rischia di saltare l’80% dei processi. Il testo del centro destra è nei fatti un’amnistia reiterata nel tempo».
Si parla dell’ennesima legge ad Berlusconem…
«Lo è. Al momento non credo esista nessun procedimento nella fase del primo grado che abbia meno di due anni di vita a partire dal rinvio a giudizio. Dal momento in cui questo ddl diventerà legge, i due processi in cui il Presidente del Consiglio è imputato risulteranno già prescritti, defunti».
Il pm di quei processi potrà sempre sollevare l’eccezione di costituzionalità e sottoporre l’ennesimo quesito alla Corte Costituzionale. Quali sono, secondo lei, i profili di incostituzionalità di questo testo?
Uno, evidente, grosso come una casa, perché viola il principio di uguaglianza tra i cittadini».
Perché?
«Qualsiasi imputato di un processo già arrivato in secondo grado di giudizio potrà alzarsi e accusare di ricevere un trattamento diverso rispetto all’imputato di primo grado che vedrà estinto il suo procedimento e la sua imputazione».
La norma ha paletti precisi: processi di primo grado e imputati incensurati. Che succede se in un procedimento ci sono più imputati, qualcuno incensurato e altri no?
«Il dibattimento andrà avanti per chi ha precedenti e si fermerà per chi ha la fedina penale pulita. Anche questo è un principio irragionevole. Non essere incensurati diventa un’aggravante».
Che fine ha fatto il vostro testo?
«Eravamo molto avanti nella discussione e c’era un’ampia maggioranza trasversale. Quella norma piaceva, a tutti. Poi all’improvviso spuntò la Cirielli, che tagliava i tempi della prescrizione. Allora Fi doveva salvare Previti».

L’Unità, 13 novembre 2009

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“Fini amaro: «Il premier ha rotto i patti»”, di Susanna Turco

Il patto sulle leggi ad personam siglato martedì tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini è così fragile che il ddl sul processo breve, appena depositato in Parlamento, sembra già sul punto di saltare. Di certo, traballa vistosamente. E solo nella giornata di ieri, finisce per provocare una nuova, pesante, frattura. Rancori, diffidenze e disagi che, se il buongiorno si vede dal mattino, sono destinati ad aumentare sempre più. Se, infatti, il Cavaliere continua a non mandare giù di essere stato costretto a un compromesso così al ribasso (per lui), e a meditare quale sia il momento buono per reintrodurre quel taglio dei tempi di prescrizione che l’alleato insiste a negargli, l’ex leader di An vive con crescente «disagio» gli attacchi a un ddl che considera sì il necessario (pena la caduta del governo) «male minore» rispetto al testo iniziale, ma anche testo nel quale vorrebbe essere coinvolto il meno possibile. Non per caso, il testo viene chiamato “ddl Ghedini”. Non per caso, mentre si scatenano dall’opposizione le polemiche sulle falle contenute nel testo, i finiani si guardano bene dal difenderlo. A tutto ciò, sempre per Fini, si aggiunge una diffidenza crescente. E da ieri almeno raddoppiata. «Perché quel patto, Berlusconi l’ha di fatto già violato», spiegano i finiani, «e siamo solo al primo giorno; vuol dire che sono disposti a tutto, ma non è affatto detto che noi ci staremo».

Il casus belli, stavolta, è un elemento apparentemente solo tecnico, ma in realtà di grande peso politico, che infatti ha fatto infuriare Fini. Nella lista dei reati che sarebbero esclusi dal processo breve, infatti, i berluscones (da Niccolò Ghedini in giù) hanno inserito all’ultimo momento e senza consultare la “controparte” interna, il reato di immigrazione clandestina. L’indicazione, è ovvio, proviene dalla Lega, che quella norma anti-immigrati ha voluto a tutti i costi. E il suo inserimento, secondo alcuni, è una vera e propria «sfida» all’ex leader di An.

Non è un segreto, infatti, che nei mesi scorsi Fini si sia battuto duramente contro l’introduzione di quel reato. Figurarsi se sarebbe stato favorevole al fatto di equiparare gli immigrati clandestini e i boss mafiosi. Così, i berluscones non l’hanno nemmeno avvertito. Così, non appena il testo è stato reso noto, Fini ha mandato avanti Giulia Bongiorno. «Suscita un certo stupore la scelta di includere tra i reati di grave allarme sociale anche l’immigrazione clandestina», dice lei.

«Una cosa ridicola», aggiunge Fabio Granata. Diplomazia per segnalare forte irritazione. E soprattutto, diffidenza crescente verso un compromesso già accettato ob torto collo dall’ex leader di An. «È un segnale netto che vogliono infarcire questo pacchetto di tutto ciò che vuole Berlusconi. Compresa, come no, anche la prescrizione abbreviata che abbiamo stoppato», spiegano ambienti finiani. «Ma se le cose stanno così, non è escluso che ci metteremo a lavorare sugli emendamenti». Del resto, anche nel Pdl si sono cominciate ad alzare voci contro un ddl che già è così vistosamente incostituzionale. «Così finiamo come col lodo Alfano: tanti attacchi, e poi la Consulta ci boccia e non otteniamo nemmeno l’obiettivo».

L’Unità, 13 novembre 2009

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