Ci sono delle occasioni in cui si farebbe meglio a tacere. Evitare di esporsi e di lanciare parole che, come macigni, colpiscono chi ha già sofferto e ancora non si da pace per conoscere la verità ed avere giustizia. Questa volta, il silenzio sarebbe stato oro per il sottosegretario alla Presidenza, Carlo Giovanardi che, in maniera disumana, è sicuro che il giovane Stefano Cucchi è morto perché anoressico, drogato e sieropositivo.
Dalla trasmissione “24 mattino” di Radio24, Giovanardi è uscito allo scoperto con una disarmante sicurezza sulla verità della morte di Stefano Cucchi: “era in carcere perché era uno spacciatore abituale. La verità verrà fuori, e si capirà che è morto soprattutto perché era di 42 chili”. Il sottosegretario di tatto ne deve aver molto visto che ha delega del governo per le le politiche giovanili e la lotta alla droga: i lividi e le fratture che Cucchi ha aveva al momento della sua morte sono legati al fatto di essere sieropositivo e anoressico! Un abbinamento che esce da ogni forma di buon senso e intelligenza ma che viene giustificato così: “la droga ha devastato la sua vita, era anoressico, tossicodipendente, poi c’è il fatto che in cinque giorni sia peggiorato, certo bisogna vedere come i medici l’hanno curato. Ma sono migliaia le persone che si riducono in situazioni drammatiche per la droga, diventano larve, diventano zombie: è la droga che li riduce così”.
Al dolore della perdita di un figlio o di un fratello, la famiglia Cucchi si vede investita anche dalle accuse, gratuite e senza rispetto, del falso perbenismo di Giovanardi. Ma è proprio la famiglia Cucchi a dare un’altra prova di dignità e forza rispondendo che “il fatto che Stefano avesse problemi di droga noi non l’abbiamo mai negato, ma questo non giustifica il modo in cui è morto. Non voglio aggiungere altro – ha dichiarato Ilaria, sorella di Stefano – la cosa che ha detto il sottosegretario si commenta da sola”.
“Le affermazioni di Giovanardi sulla morte di Stefano Cucchi sono inqualificabili”. Lo ha dichiarato Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera.
“Il sottosegretario – ha proseguito – dovrebbe fare qualcosa per aiutare chi è in difficoltà e combattere le droghe. Le sue esternazioni sono ancora più gravi in quanto il caso specifico della morte di Stefano Cucchi è particolarmente drammatico e richiederebbe il massimo di trasparenza e verità per arrivare a fare giustizia. E’ sconcertante che, chi esalta il valore della vita in ogni occasione, consideri la morte di uno spacciatore un fatto non importante. E’ ignobile e inaccettabile arrivare a fare una gerarchia tra vite di serie A e quelle di serie B. Il valore della vita umana è universale. Esprimo la mia solidarietà alla famiglia Cucchi e tutta la mia vicinanza umana”.
“Il sottosegretario Carlo Giovanardi dovrebbe controllare le sue dichiarazioni e portare rispetto a una persona che è morta per responsabilità di chi doveva prendersene cura. Trovo le dichiarazioni di Giovanardi davvero crudeli”. Così la senatrice Vittoria Franco, responsabile nazionale Pari Opportunità del Pd. “Non si capisce sulla base di cosa – ha continuato la Franco – Giovanardi abbia detto quello che ha detto, specie perché c’è un’inchiesta in corso su questa drammatica storia. Stefano Cucchi era un giovane che sicuramente ha avuto dei problemi e che è morto per responsabilità di chi avrebbe dovuto prendersene cura. Mi chiedo dove sia il sentimento della pietas al quale ogni tanto Giovanardi fa riferimento per altre questioni. La vicenda umana di Stefano Cucchi merita per prima cosa rispetto, quello che Giovanardi non ha avuto dimostrando una crudeltà tanto più grave perché gratuita”.
Durissimo anche Roberto Giachetti che ha definito le parole di Giovanardi “parole vergognose. Giovanardi taccia e non sproloqui per ragioni propagandistiche sulla pelle di un ragazzo che non c’è più”. “Si scusi o intervenga Berlusconi” ha risposto il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, definendo “disumane” le parole di Giovanardi.
www.partitodemocratico.it, 10 novembre 2009
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“Il cattolico feroce”, di Francesco Merlo
Suscita rabbia e pena, una pena grande, il sottosegretario Carlo Giovanardi, cattolico imbruttito dal rancore, che ieri mattina ha pronunziato alla radio parole feroci contro Stefano Cucchi. Secondo Giovanardi, Stefano se l’è cercata quella fine perché “era uno spacciatore abituale”, “un anoressico che era stato pure in una comunità”, “ed era persino sieropositivo”. Giovanardi dice che i tossicodipendenti sono tutti uguali: “diventano larve”, “diventano zombie”. E conclude: “È la droga che l’ha ridotto così”.
Giovanardi, al quale è stata affidata dal governo “la lotta alle tossicodipendenze” e la “tutela della famiglia”, ovviamente sa bene che tanti italiani – ormai i primi in Europa secondo le statistiche – fanno uso di droga. E sa che tra loro ci sono molti imprenditori, molti politici, e anche alcuni illustri compagni di partito di Giovanardi. E, ancora, sa che molte persone “per bene”, danarose e ben difese dagli avvocati e dai giornali, hanno cercato e cercano nei cocktail di droghe di vario genere, non solo cocaina ed eroina ma anche oppio, anfetamine, crack, ecstasy…, una risposta alla propria pazzia personale, al proprio smarrimento individuale. E alcuni, benché trovati in antri sordidi, sono stati protetti dal pudore collettivo, e la loro sofferenza è stata trattata con tutti quei riguardi che sono stati negati a Stefano Cucchi. Come se per loro la droga fosse la parte nascosta della gioia, la faccia triste della fortuna mentre per Stefano Cucchi era il delitto, era il crimine. A quelli malinconia e solidarietà, a Stefano botte e disprezzo.
Ci sono, tra i drogati d’Italia, “i viziati e i capricciosi”, e ci sono ovviamente i disadattati come era Stefano, “ragazzi che non ce la fanno” e che per questo meritano più aiuto degli altri, più assistenza, più amore dicono i cattolici che non “spacciano”, come fa abitualmente Giovanardi, demagogia politica. E non ammiccano e non occhieggiano come lui alla violenza contro “gli scarti della società”, alla voglia matta di sterminare i poveracci; non scambiano l’umanità dolente, della quale siamo tutti impastati e che fa male solo a se stessa, con l’arroganza dei banditi e dei malfattori, dei mafiosi e dei teppisti veri che insanguinano l’Italia. Ecco: con le sue orribili parole di ieri mattina Giovanardi si fa complice, politico e morale, di chi ha negato a Stefano un avvocato, un medico misericordioso, un poliziotto vero e che adesso vorrebbe pure evitare il processo a chi lo ha massacrato, a chi ha violato il suo diritto alla vita.
Anche Cucchi avrebbe meritato di incontrare, il giorno del suo arresto, un vero poliziotto piuttosto che la sua caricatura, uno dei tanti poliziotti italiani che provano compassione per i ragazzi dotati di una luce particolare, per questi adolescenti del disastro, uno dei tantissimi nostri poliziotti che si lasciano guidare dalla comprensione intuitiva, e certo lo avrebbe arrestato, perché così voleva la legge, ma molto civilmente avrebbe subito pensato a come risarcirlo, a come garantirgli una difesa legale e un conforto civile, a come evitargli di finire nella trappola di disumanità dalla quale non è più uscito. Perché la verità, caro Giovanardi, è che gli zombie e le larve non sono i drogati, ma i poliziotti che non l’hanno protetto, i medici che non l’hanno curato, e ora i politici come lei che sputano sulla sua memoria. I veri poliziotti sono pagati sì per arrestare anche quelli come Stefano, ma hanno imparato che ci vuole pazienza e comprensione nell’esercizio di un mestiere duro e al tempo stesso delicato. È da zombie non vedere nei poveracci come Cucchi la terribile versione moderna dei “ladri di biciclette”. Davvero essere di destra significa non capire l’infinito di umiliazione che schiaccia un giovane drogato arrestato e maltrattato? Lei, onorevole (si fa per dire) Giovanardi, non usa categorie politiche, ma “sniffa” astio. Come lei erano gli “sciacalli” che in passato venivano passati alla forca per essersi avventati sulle rovine dei terremoti, dei cataclismi sociali o naturali.
Giovanardi infatti, che è un governante impotente dinanzi al flagello della droga ed è frustrato perché non governa la crescita esponenziale di questa emergenza sociale, adesso si rifà con la memoria di Cucchi e si “strafà” di ideologia politica, fa il duro a spese della vittima, commette vilipendio di cadavere.
Certo: bisogna arrestare, controllare, ritirare patenti, impedire per prevenire e prevenire per impedire. Alla demagogia di Giovanardi noi non contrapponiamo la demagogia sociologica che nega i delitti, quando ci sono. Ma cosa c’entrano le botte e la violazione dei diritti? E davvero le oltranze giovanili si reprimono negando all’arrestato un avvocato e le cure mediche? E forse per essere rigorosi bisogna profanare i morti e dare alimento all’intolleranza dei giovani, svegliare la loro parte più selvaggia?
Ma questo non è lo stesso Giovanardi che straparlava dell’aborto e del peccato di omosessualità? Non è quello che difendeva la vita dell’embrione? È proprio diverso il Dio di Giovanardi dal Cristo addolorato di cui si professa devoto. Con la mano sul mento, il gomito sul ginocchio e due occhi rassegnati, il Cristo degli italiani è ben più turbato dai Giovanardi che dai Cucchi.
La Repubblica, 10 novembre 2009