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“Italia fuori dalla crisi nel 2010 ma resta la zavorra del debito”, di Andrea Bonanni

Bruxelles – L´altissimo debito pubblico dell´Italia «è preoccupante», dice il commissario europeo agli affari economici, Joaquin Almunia, presentando le previsioni d´autunno della Commissione. Esse danno il debito italiano (il terzo al mondo dopo Usa e Giappone) in impennata al 114,6 quest´anno, al 116,7 nel 2010 e al 117,8 nel 2011.
Ma ad essere davvero preoccupante è il quadro complessivo dell´economia italiana vista da Bruxelles. Un´economia incapace di crescere e in grave crisi strutturale «da molto prima della recessione mondiale».
Pur riconoscendo come il governo, nel rispondere alla crisi «sia stato attento ad evitare un sostanziale deterioramento delle finanze pubbliche», Almunia punta il dito sull´incapacità dell´economia italiana di crescere a ritmi accettabili anche nelle fasi positive dell´economia.
A questo quadro si aggiunge il fatto che la recessione globale ha colpito da noi più duramente che in altri Paesi. «Complessivamente, tra il primo trimestre del 2008 e il secondo trimestre del 2009 la perdita cumulativa del Pil è stata pari al 6,5 per cento; simile a quello della Germania ma superiore a quello della maggior parte degli altri Paesi europei», dice il rapporto.
La maggior preoccupazione della Commissione, per quanto riguarda l´Italia, è la condizione delle imprese manifatturiere, che minacciano di essere schiacciate dalla crisi.
«Avendo pesantemente investito per aprirsi al mercato internazionale partendo da una bassa capitalizzazione, molte imprese si sono indebitate e ora devono fare i conti sia con la caduta della domanda sia con condizioni finanziarie divenute più rigide. La chiusura di imprese che avrebbero la possibilità di competere ed espandersi quando l´economia globale ripartirà, può colpire negativamente il potenziale di crescita dell´economia italiana».
Questa incapacità strutturale di crescere a ritmi adeguati, che secondo la Commissione affonda le sue radici in disequilibri strutturali antecedenti la crisi dell´anno scorso, è resa ancora più grave dall´enorme debito pubblico, che assorbe le scarse risorse a disposizione.
Gli oneri del debito, ha spiegato Almunia « sono pari al 5 per cento del prodotto interno lordo: un livello superiore a qualsiasi altro paese». A causa di questo fardello, l´Italia «non può finanziare investimenti in formazione e in infrastrutture di cui avrebbe bisogno». Siamo, insomma, entrati in un circolo vizioso da cui è urgente uscire.
La timida ripresa economica che pur si vede all´orizzonte per il nostro Paese come per il resto d´Europa, non basta dunque a farci considerare che la crisi sia superata. Il Pil scenderà quest´anno del 4,7 per cento, rendendo quindi ancora meno sostenibile il rapporto con il debito, e solo nel 2010 dovrebbe far registrare un timido più 0,7 per cento e un +1,4 per cento nel 2011.
E l´unica ricetta possibile per l´Italia è di tornare ad un elevato avanzo primario «in modo da riportare nuovamente l´altissimo debito su una china discendente».
Preoccupazioni analoghe sono state espresse anche dal rapporto del Fondo Monetario Internazionale, che punta il dito sullo stretto rapporto esistente tra l´alto debito e le basse potenzialità di crescita. L´Italia, insomma, sarebbe in piena «sindrome giapponese».
E per uscirne, secondo il Fmi, dovrebbe mettere in atto una manovra pari al 4,8 per cento del Pil per risollevare l´avanzo primario del Paese.

La Repubblica, 4 novembre 2009