ROMA – Il progetto berlusconiano di riforma della par condicio in vista delle regionali inizia il suo iter in Parlamento e il centrosinistra insorge: «È una nuova legge ad personam».
Ieri la pubblicazione del ddl firmato dal pidiellino Ignazio Abrignani negli atti ufficiali di Montecitorio e l’assegnazione alle commissioni Comunicazioni e Affari costituzionali. La proposta, già registrata col numero 2805, che gode dell’imprimatur del premier Berlusconi e del ministro Scajola, prevede la cancellazione della par condicio, appunto, per dar spazio su radio e tv ai partiti in proporzione alla loro presenza in Parlamento. E poi, diritto di tribuna per tutti per un massimo del 10 per cento degli spazi e il ritorno degli spot a pagamento.
Ma il firmatario del ddl, Abrignani, responsabile elettorale del Pdl, annuncia già una modifica a quella parte del testo contestata più delle altre. «Per togliere alibi alla sinistra – dice – proporrò un emendamento soppressivo del comma che prevedeva la reintroduzione degli spot elettorali a pagamento». Novità non casuale, che matura dopo che il presidente della Camera Fini – in un incontro informale – aveva suggerito al deputato di correggere in quel senso il testo, per evitare al premier nuovi attacchi sul conflitto di interessi. Ad ogni modo, anche la correzione in corsa conferma come sia intenzione del premier e del Pdl di imprimere un’accelerazione per far sì che i vincoli della norma oggi in vigore possano cadere prima della campagna elettorale. «Puntiamo a reintrodurre un principio democratico – sostiene Abrignani – la sovranità appartiene al popolo che la esercita col voto, un criterio che va applicato anche alla comunicazione politica». Per cui, più pesi in Parlamento, più appari in tv.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini è scettico sulla possibilità che il testo diventi legge prima delle regionali. I suoi, nel Pdl, nutrono perplessità anche sui contenuti. Italo Bocchino, vice capogruppo alla Camera, si limita a dire che «sul testo bisogna riflettere e la riflessione è aperta» e si prepara ad incontrare oggi, insieme col capogruppo Cicchitto il firmatario del ddl Abrignani. E la Lega? Silenzio non casuale dagli uomini di Bossi. L’ipotesi più accreditata in seno alla maggioranza è che il Senatùr possa inserire il pacchetto par condicio (e il sì del Carroccio) nella trattativa col premier Berlusconi sulle presidenze delle regioni del Nord.
L’opposizione non ci sta. «Prima approviamo le norme sul conflitto di interessi» incalzano il senatore Vincenzo Vita (Pd) e Giulietti di Articolo 21. «Già il premier usufruisce di uno spazio enorme, avvantaggiarlo col meccanismo proporzionale sarebbe iniquo – ragiona il democratico Roberto Zaccaria – per non dire degli spot che favoriscono chi ha più fondi e sappiamo a chi ci riferiamo». Modificare la par condicio ridurrebbe gli spazi di democrazia, sostiene il dipietrista Francesco Pardi. E poi, «il governo l’ha già cancellata relegando ai margini l’opposizione in tv» protesta Lorenzo Cesa (Udc): «Cancellare la norma sarebbe grave». Protestano, fuori dal Parlamento, i Comunisti italiani: «Intollerabile un’altra legge ad personam».
La Repubblica, 3 novembre 2009