«Figli senza genitori». «Orfani prima di nascere». «Stanford apre alla vita artificiale». Sono alcuni dei titoli e degli slogan usati nei giorni scorsi dai giornali e dai telegiornali, italiani e stranieri, per annunciare, a effetto, la notizia pubblicata sulla rivista scientifica Nature che un gruppo di ricerca della Stanford University è riuscita a ripetere anche in laboratorio ciò che avviene in natura in ogni istante: la trasformazione di cellule staminali in cellule germinali e poi in spermatozoi e ovociti.
Sono titoli e slogan capziosi. Perché le cellule staminali utilizzate a Stanford come in qualsiasi altro laboratorio del mondo non sono prodotte dall’uomo, ma esistono in natura. Perché tutti gli spermatozoi e tutti gli ovociti del mondo vengono da cellule staminali. Perché a Stanford non c’è stata alcuna fecondazione in vitro, mentre al contrario ogni anno nascono decine di migliaia di bambini grazie a svariate tecniche di fecondazione in vitro. Perché, infine, nessun bambino può nascere senza l’ausilio di un utero e, quindi, di una madre. Ma tant’è: l’effetto annuncio – vero, verosimile o falso che sia – appartiene ormai alla cultura dei media. In tutto il mondo. E le notizie a contenuto scientifico si prestano più di altre agli annunci a effetto.
A questa logica, tuttavia, non si sottraggono neppure alcuni scienziati. E alcune istituzioni scientifiche, come rileva la stessa Nature in un editoriale di giovedì scorso. È il caso dell’annuncio sui risultati dei trias clinici su un vaccino contro l’Aids effettuato lo scorso 24 settembre sul New England Journal of Medicine da un gruppo di scienziati facenti capo a un consorzio tra i National Institutes of Health degli Stati Uniti, l’esercito Usa e il governo della Tailandia. La sperimentazione è stata un successo, hanno annunciato i membri dell’autorevole consorzio. Peccato che il vaccino ha effetti molto limitati (riduce appena del 30% la probabilità di contrarre la malattia) e nessuna pratica possibilità di applicazione.
Gli scienziati devono smetterla di «gonfiare» le notizie, sostiene Nature. Sia perché generano false speranze (cosa che assume un rilievo particolare quando riguardano la lotta a una grave malattia), sia perché quasi sempre l’effetto annuncio si trasforma in un boomerang: gli scienziati perdono di credibilità. Già ma perché gli scienziati cadono nella trappola dell’annuncio a effetto (persino Nature di tanto in tanto risulta tra le vittime/colpevoli)? I motivi non sono dissimili da quelli che muovono i media: il marketing. La sperimentazione in fase III del vaccino «tailandese» è costata 119 milioni di dollari (più o meno 200 miliardi delle vecchie lire). Una cifra enorme. Che ha bisogno di sponsor (in questo caso gli NIH, l’US Army e il governo di Tailandia). E gli sponsor sborsano queste cifre solo in cambio di visibilità.
Gli scienziati, come i giornalisti, e le istituzioni scientifiche, come i mass media, pur di dare visibilità ai loro sponsor attuali e di accreditarsi come catalizzatori di visibilità presso gli sponsor futuri sono disponibili a «spararla grossa». Sacrificando il rigore. E dando ogni volta un colpo di piccone alle fondamenta del dibattito pubblico sulla scienza.
L’Unità 02.11.09