«Se lo Stato tradisce», di Luigi Manconi
A pochi giorni appena dalla deflagrazione mediatica della vicenda di Stefano Cucchi, già si colgono gli elementi di una controffensiva, tesa a far calare la nebbia su quel tragico fatto. Segnalo tre elementi: 1. Si tenta di sfregiare l’identità di Stefano Cucchi, di alterarne la figura che, da quella di vittima innocente, rischia di essere proposta come quella di chi un po’, almeno un po’, «se l’è voluta». È una procedura classica di tutti gli apparati autoritari: la vittima va trasformata in colpevole (della propria disgrazia o di disgrazia altrui) o, per lo meno, in correo della propria sorte infelice. La vita fragile di Stefano Cucchi si presta alla bisogna, offrendosi in difesa al truce maramaldeggiare di tutti i mascalzoni: è stato tossicomane, è epilettico, gli trovano addosso della marijuana e qualche grammo di coca. Ora si dice che fosse sieropositivo. Non lo era, e seppure lo fosse stato? Questa condizione inerme che gli avrebbe dovuto assicurare una tutela più attenta viene tradotta in una forma di attenuante per chi lo ha custodito senza garantirne …