economia, lavoro

«Allarme piccole imprese “Un milione a rischio”», di Roberto Mania

Un milione di piccole imprese a rischio. Perché la crisi nell´economia reale non è affatto terminata. Anzi. Riuniti a Mantova nel Palazzo Te sono i piccoli industriali della Confindustria, cioè oltre il 90% degli associati, a lanciare l´allarme per la loro sopravvivenza ma anche per i posti di lavoro destinati a saltare. Avrebbero voluto dirlo direttamente al governo, ma ieri i ministri invitati hanno disertato. L´uno, il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, perché impegnato in un Consiglio dei ministri che non si è mai tenuto; l´altro, il titolare dell´Economia, Giulio Tremonti, invitato a mandare un video-messaggio, ha rinunciato, dopo aver più o meno spiegato alla presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, che il contesto politico gli creava non pochi problemi a intervenire.
Scajola arriverà oggi, ma forse per la prima volta si consuma un distacco tra i piccoli industriali e il centrodestra. Un´incrinatura in un blocco sociale che finora aveva retto bene, ma che l´incertezza legata alla crisi mette a durissima prova.
Resistono i piccoli e lo fanno da incompresi. Guardano con diffidenza agli annunci di riduzione dell´Irap semplicemente perché l´hanno già sentita in tante campagne elettorali: «Prima voglio vedere cammello», spiega Giuseppe Morandini, presidente della Piccola industria. Il friulano Morandini, che a fine novembre scadrà dalla carica, parla un linguaggio chiaro, diretto, ma anche polemico: «Non si può inventare un problema nuovo al giorno pur di non affrontare quelli vecchi. Ultimo: il posto fisso. Con la disoccupazione che va verso il 10 per cento, il problema – credetemi – non è il posto fisso, ma lo stipendio. A tempo determinato o indeterminato, ma lo stipendio».
Morandini divide le imprese in tre: un terzo che va bene, un terzo che sta in mezzo al guado, un terzo che soffre. Poi le proposte. I piccoli chiedono incentivi per tutti i settori produttivi, non solo per l´auto, che poi vuol dire Fiat e quindi la grande impresa. «Vi sembra normale – domanda Morandini – che in Italia gli incentivi alle imprese negli ultimi sei anni siano calati del 63,6 per cento senza che il debito pubblico sia sceso?» All´appello nei bilanci delle aziende mancano circa 60 miliardi di debiti contratti con la pubblica amministrazione. Lo Stato paga con ritardi impressionanti: fino a oltre 130 giorni.
Detto del fisco, del governo, ovviamente delle banche che hanno stretto i cordoni del credito, i piccoli di Confindustria, questa volta, immaginano anche di cambiare pelle: di crescere, aumentare dimensione per competere nel mondo globale. La proposta di Morandini fa perno sulla costituzione di una holding (la T-holding, dove la t sta per tutela) al quale l´imprenditore dovrebbe conferire la sua azienda diventando uno dei soci. Un fondo pubblico di garanzia garantirebbe le nuove linee di credito e incentivi fiscali favorirebbero le aggregazioni ma anche le banche che scommetteranno sul progetto. Questo per il futuro: ora bisogna salvare le piccole imprese.
da la Repubblica

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“Un milione di imprese a rischio”
L’allarme dei piccoli industriali: “Niente ordini, ripresa lontana”

La crisi sta mettendo a rischio oltre un milione di piccole imprese. Nei prossimi sei mesi potrebbero chiudere. È l’allarme lanciato dal presidente della Piccola industria di Confindustria, Giuseppe Morandini che ha concluso oggi la prima giornata del Forum dedicato alle piccole aziende. Morandini ha chiesto al governo una una riduzione dell’Irap e della tassazione sul lavoro.

«Non ci sono ordini», è stato l’allarme lanciato dagli industriali, «viviamo in una situazione di straordinaria difficoltà». La ripresa «non chiedetemi quando ci sarà, ma come e dove» ha spiegato Morandini, sostenendo che essa «ragionerà per medie e sarà lontana» verso i mercati di Cina, India e Brasile. Con l’Università di Perugia, ha aggiunto il presidente della Piccola industria, «abbiamo fatto una rapida indagine sui bilanci di alcune aziende del nostro manifatturiero tradizionale. Dal campione è emerso che un terzo delle imprese sta soffrendo». Morandini ha poi ricordato i risultati positivi che hanno dato gli incentivi: «E’ la strada giusta, ha spiegato, estendiamoli a tutti quei settori del manifatturiero che possono fare da traino». Oltre a questo, secondo Morandini, per rilanciare i consumi, occorre una «riduzione progressiva del carico fiscale e contributivo sulle buste paga dei nostri dipendenti».

«Fa piacere sentir ripetere che la Piccola impresa è la colonna portante del Paese, la spina dorsale dell’Italia, il patrimonio che nessun altro al mondo ha. Grazie, ma ora vogliamo i fatti», ha sottolineato il presidente della piccola industria. Per la Cgil l’allarme lanciato da Confindustria «conferma» le preoccupazioni già espresse dal sindacato guidato da Guglielmo Epifani, secondo cui con la chiusura di un milione di pmi potrebbero esserci 4 milioni di disoccupati in più. Per Susanna Camusso «le Pmi hanno mediamente quattro dipendenti e la chiusura di oltre un milione di piccole imprese significherebbe, dunque, almeno altri quattro milioni di nuovi disoccupati. Di fronte a tale emergenza, che solo il governo continua a minimizzare, non servono chiacchiere ma proposte concrete».

La riduzione dell’Irap va «bene, ma voglio “vedere cammello”», ha detto Morandini commentando l’annuncio fatto ieri dal premier Berlusconi. «Vediamo – ha aggiunto – se l’annuncio diventa una decisione concreta che incide sui nostri bilanci». Il leader dei piccoli industriali è poi intervenuto sul tema del mercato del lavoro dopo la difesa del posto fisso pronunciata lunedì scorso dal ministro dell’Economia Tremonti. «Il problema non è il posto fisso ma lo stipendio», ha detto Morandini. «Non si può – ha concluso – inventare un problema muovo al giorno pur di non affrontare quelli vecchi, ultimo, il posto fisso. Con la disoccupazione che va verso il 10% il problema, credetemi – ha detto rivolto alla platea – non è il posto fisso ma lo stipendio. A tempo determinato o indeterminato, ma lo stipendio».

Intanto dal canto suo Confindustria viene incontro alle piccole imprese in crisi e lancia il progetto T-Holding per l’aggregazione delle pmi. “T” sta per tutela e il meccanismo prevede che l’imprenditore conferisca la proprietà dell’azienda ad una T-Holding e ne diventi socio, garantendosi il valore patrimoniale e liberandosi delle garanzie personali: in una parola, salva azienda e casa. L’adesione ad una T-Holding sarà possibile a partire da quando si sarà completato un quadro che prevede: la costituzione di un fondo a capitale pubblico-privato, cui si sta lavorando, con 2 miliardi di euro di disponibilità che investe solo ed esclusivamente in queste operazioni di aggregazioni; il rafforzamento dei bonus ’aggregazionì e patrimonializzazione già esistenti; l’accesso diretto al Fondo di garanzia, già costituito e la possibilità per le banche di godere di un trattamento fiscale agevolato sulle eventuali partcipazioni al capitale delle T-Holding. Secondo le simulazioni effettuate con l’Università di Perugia, 200 T-Holding varrebbero un punto di Pil, circa 14 miliardi.
da www.lastampa.it