ROMA – Lancia un appello al mondo accademico, perché «si ribelli» e intervenga «a tutela degli studenti». Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, ha già preannunciato che denuncerà il professore negazionista e i suoi siti, ma chiede anche ai colleghi di agire per «evitare che certe persone possano entrare in contatto con gli studenti». Al telefono da Israele dice: «Il corpo docente non volti la faccia, prenda atto del problema e ci aiuti affinché l´Italia si doti di leggi che rendano reato il negazionismo».
Il caso di Caracciolo è tutt´altro che isolato: per Pacifici negli atenei italiani esisterebbe una «vera e propria rete negazionista», che unisce «alcuni docenti e studenti». La definisce una “joint venture” nel nome dell´odio per Israele e gli ebrei, alimentata, tra le altre cose, dalle esternazioni del presidente iraniano. Una rete antisemita che ha trovato nel web un alleato. Già nell´ottobre dello scorso anno, l´esponente della comunità ebraica aveva consegnato alla polizia postale un dossier, nel quale era riportato un nutrito elenco di siti con contenuti antisemiti e negazionisti. Le indagini sono ancora in corso, ma adesso, dice, «è arrivato il momento di parlarne». «Il problema della rete è che non ha controlli – sottolinea Pacifici. Il rischio, di fronte ad un sito aperto a Mosca, è che ci si possa scrivere di tutto. Bisogna intervenire dal punto di vista legislativo anche in questo senso». Le dichiarazioni di sdegno, che si sono susseguite nel corso della giornata, «non sono sufficienti», continua: «Non basta una condanna unanime. Bisogna agire sul profilo penale».
«Non è la prima volta», ricorda David Meghnagi, docente all´università di Roma Tre e membro della Delegazione italiana presso la Task Force for International Cooperation on Holocaust Remembrance and Education. È già successo «all´università di Teramo e in Sardegna dove un professore aveva inserito negli annali del suo ateneo un articolo pieno di frasi antisemite e poi è stato espulso». E denuncia: «È grave che sia un docente a diffondere idee negazioniste anche per il ruolo che ricopre. Questo caso una questione etica». Anche perché aggiunge Meghnagi: «Quello che dice non ha nulla a che vedere con la libertà di pensiero né di parola: la sua è un´operazione pericolosa e spregiudicata nell´ambito del dibattito contemporaneo. È una falsificazione di fatti storici strumentale, che vuole colpire la comunità ebraica. Gli organi accademici devono affrontare la questione».
La Repubblica, 23 ottobre 2009