.La strage di via D’Amelio è stata compiuta nel luglio ’92. Dalle ultime rivelazioni il procuratore Piero Grasso spera di arrivare alla verità .
Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, è appena tornato da New York ed ha, quindi, seguito da lontano l’evolversi delle vicende legate alla trattativa fra Stato e mafia.
Procuratore, tornando ha trovato la novità del «papello» finalmente esibito da Massimo Ciancimino. E’ una novità importante?
«Intanto bisogna fare una premessa obbligatoria: ogni entusiasmo investigativo va sottoposto a certezze che potranno scaturire soltanto dall’esito degli accertamenti di attendibilità di ogni documento e di ogni testimonianaza. Se tutto sarà provato si potrà dire che un passo avanti è stato fatto».
Sul «papello» è stato detto tutto e il contrario di tutto.
«Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l’esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico. E’ processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, cioè della cattura di Riina e Provenzano, fu offerto “un ottimo trattamento per i familiari”, un “ottimo trattamento carcerario” e una sorta di “giusta valutazione delle responsabilità”, per dirla con le parole dell’allora capitano De Donno».
E’ importante ciò per capire il presente?
«Lascia intuire il meccanismo che Riina ripete ogni volta che vuole in qualche modo dare vitalità ad una trattativa che risulta difficoltosa. Le proposte del Ros, infatti, sembrano minime a Ciancimino che, a sua volta, si rifiuta di trasmetterle a Riina – anche per timore di ritorsione nei suoi confronti – e perciò suggerisce di “congelare” tutto e prendere tempo. Le indagini ci diranno poi che Riina, invece, opta per eccelelare i tempi e vara la fase operativa per compiere un attentato nei miei confronti. Progetto che sfuma per un disguido tecnico ed anche perchè in quel momento viene catturato Totò Riina e si arriva all’arresto degli organizzatori della strage di Capaci. Ecco, anche via D’Amelio potrebbe essere stata fatta per “riscaldare” la trattativa».
Volevano un altro magistrato morto?
«In principio pensavano di attaccare il potere politico ed avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Martelli, Andreotti, Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici».
Procuratore Grasso, ma trova normale che un’organizzazione criminale possa pensare di trattare con lo Stato?
«Normale no, anche se nella nostra storia recente i contatti tra potere legale e illegale non sono stati rari. Lo stesso “papello”, di cui si parla tanto, aveva fatto – poco tempo prima – una diversa comparsa in forma minore. Un “papellino”, si legge nelle carte processuali, potrebbe essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al col. Mori che nega l’episodio, da uno strano collaboratore dei servizi che chiedeva l’abolizione dell’ergastolo per i capimafia Luciano Liggio, Giovanbattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca. Anche quelle richieste ovviamente finirono nel nulla perchè irrealizzabili. Tranne poi a fare la ricomparsa in forma addirittura ampliata».
Si saprà mai la verità?
«Nostro dovere è di non smettere mai di cercarla, la verità. Tutto sembrava ormai sepolto, fino alla comparsa di nuovi testi come il pentito Gaspare Spatuzza e il figlio di Vito Ciancimino, Massimo. Molti protagonisti di quella stagione hanno ricordato particolari importanti, speriamo che chi sa non perda l’ultima occasione per far decollare le indagini».
La Stampa 18.10.09