Il contributo “volontario” diventa “obbligatorio” e scatena l´ira dei genitori. Ma il contributo “volontario” è l´unica scappatoia che hanno le scuole per salvarsi dalla bancarotta. Per continuare ad offrire i servizi minimi che la scuola del ministro Gelmini non riesce a garantire, visti i tagli. La scure del governo s´è abbattuta sugli insegnanti (qui da noi ne sono stati tagliati oltre 4 mila) ma anche sui finanziamenti alle scuole, rimaste con le casse vuote. Per tagliare 8 miliardi di euro al bilancio dell´istruzione gli istituti sono stati lasciati a secco. Senza più un euro neppure per comprare la carta igienica o i toner delle fotocopiatrici. Un problema che affligge le scuole di tutto il Paese, ma che qui in Campania fa i conti con un tessuto sociale già piegato dalla crisi economica.
Così due giorni fa, quando i genitori della scuola elementare Carlo Collodi, di Cavalleggeri d´Aosta, hanno letto l´avviso che li invitava a consegnare entro un termine perentorio il bollettino con il pagamento dell´assicurazione per gli scolaretti, più quello di 10 euro di contributo stabilito dal Consiglio di circolo, fuori scuola è successo il finimondo. «Questa è scuola dell´obbligo. Non possono, adesso, ad anno scolastico già iniziato, pretendere che gli si paghi una nuova tassa», affermavano le mamme. In realtà era stato il Consiglio di circolo, giorni addietro, a deliberare che la scuola avrebbe chiesto «un contributo volontario e facoltativo» (dai 5 ai 20 euro) per pagare le bollette del telefono e quelle di internet, il materiale didattico ed i detersivi. «Me ne vergogno – aveva affermato la dirigente, Anna Maria Spina – ma sono costretta a farlo». Né più né meno di quanto è accaduto in quasi tutte le altre scuole di Napoli e della Campania. Nella maggior parte dei casi la richiesta di contributo – che va dai 20 ai 120-150 euro – è stata consegnata alle famiglie contestualmente ai moduli per l´iscrizione. Ma talvolta le scuole hanno provato a farne a meno – come alla Collodi, ma anche alla Cariteo di Fuorigrotta, solo per fare qualche esempio – e si ritrovano, adesso, con l´acqua alla gola. Le famiglie sono costrette a metter mano al portafoglio, se vogliono che i figli trovino la carta igienica in bagno.
La carta igienica nei gabinetti è, in realtà, già un lusso: per evitare che vada sprecata, molte scuole la affidano ai bidelli, che la forniscono agli studenti, su richiesta, strappandone il minimo indispensabile. Chi vuole il rotolo se lo porta da casa, come accade, altro esempio, al I circolo didattico di Napoli, dove per non vessare le famiglie con richieste di soldi si preferisce invitarle a mettere il necessario nelle cartelle dei figli. Il ministero risparmia e le famiglie ci rimettono. E non tutti i genitori sanno che è possibile detrarre queste spese nella dichiarazione dei redditi, purché si sia pagato con bollettino postale o con bonifico bancario. Una vicenda sulla quale interviene anche l´Adiconsum, la cui responsabile del settore scuola, Silvia Landi, racconta che «molte famiglie subiscono vere e proprie pressioni dalle scuole per i contributi volontari. Spesso, addirittura, la volontarietà del contributo non viene nemmeno segnalata alle famiglie, che vengono così tratte in inganno credendo che si tratti di una vera e propria tassa scolastica». La colletta tra i genitori è il fai-da-te necessario a salvare i bilanci, per i quali il ministero è debitore, solo in Campania, di circa 9 milioni di euro. Eppure è lo stesso ministero a precisare, sul suo sito, che «non è consentito imporre tasse o richiedere contributi obbligatori alle famiglie di qualsiasi genere o natura per l´espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all´assolvimento dell´obbligo scolastico».
Repubblica/Napoli, 15 ottobre 2009
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“Roma non paga e i debiti e la scuola stanga le famiglie”
COMO Ci sono scuole che attendono ancora le risorse per gli esami di Stato di nove anni fa. Ce ne sono altre (la maggioranza) costrette a pagare i supplenti utilizzando una parte del contributo chiesto alle famiglie. Tutte vantano crediti nei confronti dello Stato, con cifre che oscillano da qualche decina di migliaia di euro fino al record del «Pessina»: 600mila euro. Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio scolastico regionale, aggiornati ad aprile e citati ieri dal Sole 24 Ore, i cosiddetti «residui attivi» iscritti nei bilanci degli istituti lariani ammontano a più di 7 milioni di euro, considerando soltanto i soldi spesi (e mai rientrati) per pagare i supplenti. Bisogna poi aggiungere l’altro maxi capitolo, quello dei fondi per il funzionamento, che porta il conto da saldare a una quota complessiva vicina ai 14 milioni. Per le supplenze, in provincia di Como le scuole aspettano esattamente 7.165.100 euro, un dato che vale al nostro territorio la poco invidiabile quinta posizione nella classifica lombarda per entità dei crediti, alle spalle di Milano, Bergamo, Brescia e Varese. I presidi lariani, così, sono costretti ai salti mortali per riuscire a far quadrare i conti e ultimamente hanno dovuto chiedere un esborso maggiore alle famiglie, rispetto al recente passato. Le scuole, di fatto, anticipano i soldi senza sapere se i debiti verranno onorati o meno dal ministero dell’Istruzione. Non possono aspettare, pertanto pagano i supplenti, i commissari per gli esami di Stato, i progetti e le attività della «terza area» (i corsi ad hoc previsti negli istituti professionali per i ragazzi di quarta e quinta) attingendo alle poche risorse accantonate. Intanto gli anni passano e da Roma continuano a non arrivare i fondi dovuti.
La Provincia di Como, 16 ottobre 2009