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“La faccia feroce dell’Italia”, di Miriam Mafai

Ecco una buona notizia per coloro che, in un’Italia che si è fatta sempre più incattivita e feroce, si muovono ogni notte, come cani da caccia, alla ricerca di una vittima da insultare, picchiare, trascinare per terra, sputacchiare, calpestare. Una vittima colpevole di una sua presunta “diversità”. Una buona notizia, insomma per quanti hanno imparato e hanno in serbo gli insulti più volgari da buttare in faccia a coloro che, uomini o donne, hanno abitudini e tendenze sessuali diverse da quanti si definiscono “normali”.
Questi presunti “normali” si appostano nelle strade frequentate da gay o lesbiche, li aspettano all’uscita dei locali da loro abitualmente frequentati, li inseguono, li insultano, li picchiano, abbandonandoli poi sanguinanti per terra. In questi ultimi giorni è accaduto più di una volta, in molte nostre città. È successo ancora a Roma, nella notte tra lunedì e martedì, in pieno centro, dove due presunti “diversi” sono stati lasciati a terra, sanguinanti, da un gruppo di teppisti “normali”.
Ecco dunque per questi presunti “normali” una buona notizia. Alla Camera ieri è stato affossata una legge contro l’omofobia che, prima firmataria Paola Concia del Pd, inseriva tra le aggravanti dei reati, “fatti commessi per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa”. Era una buona legge. Flavia Perina, del Pdl, me ne aveva parlato recentemente, come di una legge che avrebbe dimostrato la possibilità di operare insieme, maggioranza e opposizione, per affrontare e risolvere problemi condivisi, superando il clima di feroce contrapposizione che caratterizza ormai da tempo la nostra vita politica.
La legge sembrava poter arrivare al traguardo. E invece no. Con un asse tra Udc e quasi tutto il centrodestra, è stata dichiarata l’incostituzionalità delle norme, seppellendo definitivamente il testo di legge. Se e mai un provvedimento contro l’omofobia rivedrà la luce, dovrà essere un disegno di legge nuovo e dovrà ricominciare l’iter dall’inizio. Tempi biblici, dunque.

Non tutta la maggioranza, tuttavia, si è prestata all’affossamento. Nove deputati, cosiddetti “finiani” hanno votato contro il rinvio della legge in Commissione Giustizia. Tra questi Flavia Perina, Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova, Chiara Moroni. E altri deputati del Pdl si sono astenuti. Tra questi Giulia Buongiorno, presidente della Commissione Giustiziasi, Elio Vito e Gianfranco Rotondi. Anche l’opposizione, tuttavia, ha dovuto registrare la sua defezione. Ancora una volta l’on. Paola Binetti ha preso le distanze dal gruppo cui appartiene e votando con la maggioranza, ha provocato una dura reazione di Franceschini.
La fine di questa legge rappresenta, lo dicevamo all’inizio, una buona notizia, forse addirittura un incoraggiamento, per coloro che di notte vanno a caccia dei “diversi” in un paese che si va facendo sempre più incattivito, volgare e feroce. Forse la cultura della tolleranza, del rispetto degli altri, una cultura che qualcuno liquida sprezzantemente come “buonismo” è già perdente nel nostro paese. Ma sarà sempre più difficile vivere, convivere in un paese che faccia della “caccia al diverso” uno sport diffuso e vincente.

La Repubblica, 14 ottobre 2009

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“Omofobia: la destra affossa la legge alla Camera”

Paola Concia, relatrice del disegno di legge, esce furibonda dall’aula: «È un Parlamento omofobo, senza rispetto. I froci si buttano al macero. Hanno affossato in 5 minuti un testo su cui ho buttato sangue per un anno». Alla Cameral’iter della legge sull’omofobia (cioè l’introduzione dell’aggravante per orientamento o discriminazione sessuale in caso di aggressione) si arena bruscamente sulle pregiudiziali di costituzionalità. Bocciata dall’asse PdL-Lega-Udc con 285 sì, 222 no e 13 astenuti. Un solo voto di sostegnonel Pd, quello della teodem Paola Binetti, che alla vigilia delle primarie diventa un caso. Al punto che il segretario Dario Franceschini, che la deputata si era detta disponibile a votare, ammette: «È un signor problema». Nelle file del centrodestra 9 finiani ed ex radicali votano con l’opposizione: il vicecapogruppo Bocchino (tra i malumori dei suoi, Briguglio, Calderisi, Flavia Perina, Mario Pepe, Urso, Della Vedova, Tortoli e Chiara Moroni. Dieci le astensioni, tra cui i ministri Vito e Rotondi e la presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno. L’Udc che ha sollevato la questione di costituzionalità (Casini astutamente ha ritirato la richiesta di voto segreto dopo le rassicurazioni di Bocchino) si intesta la vittoria: «Siamogli unici ad aver contrastato questa vicenda in modo limpido» gongola Cesa. Tutto comincia ieri mattina con la lettera di un gruppo di parlamentari ultracattolici del PdL – Lupi e Farina, Vignali, Bertolini, Mantovano, Saltamartini e Pagano – che critica il testo in quanto «pericoloso» e «premessa » del riconoscimento di coppie gay, adozione e fecondazione artificiale per esse. Inoltre, si attribuirebbe all’orientamento sessuale della persona offesa un plusvalore rispetto ad altri motivi discriminatori. Nel Comitato dei Nove si cerca la mediazione: il centrodestra chiede che il disegno di legge torni in Commissione Giustizia per limature capaci di aggirare l’accusa di incostituzionalità. Il Pd, con l’IdV, si dichiara contrario ma disponibile a non salire sulle barricate in presenza di un ritorno in aula con tempi certi, entro novembre.

SALTA L’ACCORDO
In aula però il colpo di scena con patatrac a seguire. A sorpresa, Montecitorio respinge la richiesta di rinvio in Commissione illustrata dalla Bongiorno. Pochi minuti dopo, il secondo cambio di passo: lo stop sulla pregiudiziale che rende tutto carta straccia. A quel punto il PdL accusa il Pd di aver fatto saltare l’accordo: «Avevamo raggiunto un testo condiviso – accusa Beatrice Lorenzin (uscito dalla Commissione con un sì bipartisan esclusi IdV e Udc, ndr) – Poi il Pd ha cercato lo scontro». Ricostruzione confutata da Largo del Nazareno, per cui tornare in Commissione significava addio per sempre. Franceschini: «Chiedevamo rinvio con data certa. La maggioranza si vergogni ».E Bersani: «Si impedisce di proseguire su una legge di civiltà». La Sereni annuncia un nuovo testo. Mara Carfagna, impallinata dal fuoco amico, promette un nuovo ddl in consiglio dei ministri che preveda aggravanti per ogni fattore discriminante. Ma nel Pd masticano amaro: «Ora vogliono intestarsi la legge – commenta la Concia – Faranno una schifezza e noi non potremo votare contro…»

L’Unità, 14 ottobre 2009