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“Quella “salva-inquisiti” abolita dalla piazza”, di Filippo Ceccarelli

Ah, l´immunità parlamentare di una volta, sospirano nel centrodestra almanaccando possibili surrogati del Lodo Alfano appena bocciato dalla Corte costituzionale. Ecco, sono giusto 16 anni da quando, con legge costituzionale e voto pressoché unanime delle Camere, venne fortemente limitata quella specie di inviolabilità che oggi il centrodestra intende riproporre agli italiani. E ancora una volta c´è da dire che gli esercizi di memoria risultano, oltre che utili, assai sorprendenti.
Era l´ottobre del 1993, al culmine di Mani Pulite: per la classe politica la riforma di quel vecchio istituto apparve in verità, prima che un atto dovuto, una scelta di sopravvivenza. A settembre, per due soli voti, era stata negata l´autorizzazione all´arresto dell´ex ministro della Sanità De Lorenzo, esito che spinse il presidente della Repubblica Scalfaro a confessare che quel giorno aveva avuto la tentazione di sciogliere il Parlamento.
E´ singolare come tutto si dimentichi, a partire dagli eventi sgradevoli. Le reti televisive berlusconiane stavano con Di Pietro; la Lega esibiva cappi e capestri in aula; in primavera un gruppo di missini, indossando irridenti t-shirt sui ladri di regime, diede l´assalto al portone di Montecitorio.
Era il tempo delle monetine, già sperimentate da Craxi fuori dall´hotel Raphael: ma quel giorno un centolire fischiò sulla testa dei granatieri di guardia e ruppe un lunotto di vetro alle loro spalle.
Troppo facile adesso invocare il ritorno dell´immunità! Dopo l´incidente, lungo tutta piazza Montecitorio fu disposto un orrido serpentone di transenne dietro cui in breve tempo prese ad accalcarsi una folla rabbiosa. Di tanto in tanto i dissuasori mobili venivano arretrati per evitare contatti con i deputati che entravano e uscivano dal Palazzo. Ma questo non impediva offese risonanti e lanci di verdura, specialmente broccoli. Così, una volta dentro, i parlamentari evitavano di andare a mangiare fuori. Osti e ristoratori dei dintorni entrarono documentabilmente in crisi. La radiofonia Rai lanciava concorsi per abolire il titolo di “onorevole”. Un giorno Willer Bordon, riuscito fortunosamente a esfiltrare in una trattoria, venne affrontato da un ufficiale in pensione: «La chiamo deputato – disse – perché onorevole sarà il mio pitale!».
In aula erano lanci di spugne e di finte banconote, guanti gialli da ladro e un giorno comparve pure un paio di manette. Quel Parlamento che Scalfaro voleva sciogliere era correntemente definito “degli inquisiti”. Nel luglio di quel 1993 Angelo Ruggeri, editore in Roma, aveva posto in vendita due volumi dalla copertina color ocra – oggi autentici gioielli per i collezionisti della Malaitalia – per complessive 459 pagine. Era la Navicella degli inquisiti, appunto: per ognuno di loro, ed erano tantissimi, c´era la piccola foto bianco e nero, alcune note biografiche e sotto l´elenco dei capi d´accusa. Il povero Citaristi, cassiere dc, occupava da solo 13 pagine. In Transatlantico si aggiravano pallide ombre, anime in pena. A un certo momento Pannella, che possiede un sublime gusto penitenziale, prese a radunare coraggiosamente gli inquisiti: ma alle 7 di mattina.
Nelle case, nelle scuole, davanti alle macchinette del caffè negli uffici andava di moda uno slogan, un strillo, un ringhio un po´ scherzoso e un po´ no: «In galera!», talvolta replicato, «In galera! In galera!». Le tele-piazze, la «ggente». I referendum di Segni. Il preteso bacio di Totò Riina ad Andreotti. E di nuovo tocca riconoscere con quanta beata semplicità, con quanto ingenuo ottimismo anche oggi si sottovaluta l´espressione: «A furor di popolo».
Poco prima di votare la riforma dell´immunità parlamentare il presidente della Camera Napolitano, che l´aveva presa particolarmente a cuore, scrisse una lettera a ogni deputato ricordandogli l´importanza della nuova legge. Quella vecchia, bene o male, aveva garantito a lungo il regime democristiano assicurando al paese – tra Ingic, Onmi, Federconsorzi, Fiumicino, Italcasse, mafia, petroli, petroli bis – il classico malcostume senza castigo. Ma a differenza di quel che si è visto poi, i potenti democristiani avevano l´inquietudine della menzogna, il senso della colpa, il rovello del peccato; così in linea di massima restavano senza condanne, ma al prezzo di fatiche, amarezze, addirittura vergogna. E tuttavia nel decennio cruciale 1983-1993 l´immunità era chiaramente degenerata in privilegio d´impunità: su 1.182 autorizzazioni ne erano state concesse appena 246.
Il provvedimento venne approvato alla Camera con soli cinque no, tra cui Sgarbi e il colonnello Pappalardo. Al Senato, il 29 ottobre, ci fu l´unanimità, a parte l´astensione di sette senatori liberali. Per bocca di Maroni, la Lega si degnò di votare a favore anche se avrebbe voluto «la totale e definitiva abolizione» dell´immunità. Come si cambia, eh? La normativa del 1993 lasciava alcuni limiti alle indagini, perquisizioni, intercettazioni. Basti qui segnalare che di recente alcuni onorevoli l´hanno invocata per evitare di far la fila davanti ai metal-detector negli aeroporti.
La Repubblica 11.10.09

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Ancora sullo stesso tema da La Repubblica dell’11.10.09

Immunità, proposta di legge Pdl Il no di Pd e Udc: è pura follia
Colpo di acceleratore sull´immunità parlamentare. Era un “vedo” nelle dichiarazioni del Guardasigilli Angelino Alfano, adesso diventa un «tabù» da far cadere al più presto in quelle del capogruppo pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. Di più, l´immunità prende pure la forma di un progetto di legge depositato al Senato dall´ex forzista Lucio Malan. Che dichiara subito il suo obiettivo: cancellare la riforma del ´93 e tornare al ´48, all´autorizzazione a procedere. Fu abolita nella stagione di Mani pulite perché la casta ne aveva abusato sbarrando ogni richiesta della magistratura? Bene, proprio questo si vuole. Che le mani dei pm siano legate. Lo teorizza Cicchitto: «Nessun tabù intoccabile se si vogliono ridisegnare i rapporti tra politica e magistratura devastati nel ‘92-93 dal circolo mediatico-giudiziario». Per questo non bastano le riforme costituzionali sulla giustizia che Alfano rispolvera, separazione delle carriere e sorteggio per eleggere il Csm, ma ci vuole uno strumento definitivo per bloccare i magistrati, l´immunità appunto.
L´opposizione ha già stoppato il progetto, e continua a ribadire il suo no. Lo fa il centrista Pier Ferdinando Casini che parla di «pura follia» e di operazione «fuori dalla realtà» perché prima bisogna affrontare «i problemi della gente comune». Lo ribadisce il pd Pierluigi Bersani dopo il no di Dario Franceschini. Chiusura totale dei dipietristi. Anche a destra ci sono voci contro, come quella di Francesco Storace («L´ennesima proposizione di un modello di casta farebbe inviperire i cittadini»).
Ma tra gli ex forzisti il mood è tutt´altro. Spingono per regalarsi uno scudo contro inchieste, intercettazioni, arresti. Lo teorizza il ministro Renato Brunetta con l´argomento poi usato da Malan: «L´immunità l´hanno voluta i padri costituenti, a partire da Oscar Luigi Scalfaro». E il senatore aggiunge, motivando la voglia di cancellare la riforma del ´93: «Coloro che intendessero opporsi dando fondo all´arsenale del becero antiparlamentarismo e del giustizialismo forcaiolo sono invitati a rileggersi gli atti dell´assemblea costituente e i nomi di chi approvò l´articolo 68».
Sfrutta tutto la destra per ottenere consensi su un tema che vede freddi finiani e Lega, a cominciare da Roberto Calderoli. Per esempio le parole del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Che si fa una domanda e si risponde così: «C´è bisogno dell´immunità per far lavorare bene le istituzioni e il governo? Non lo so. Ma credo che chi ha il dovere e il diritto di governare lo possa fare in modo serio». Ci vede un incoraggiamento il pdl Mario Valducci che nelle parole della Marcegaglia legge «l´apprezzamento della gente e delle imprese per Berlusconi». Dunque avanti contro i giudici. Con l´immunità, con il sorteggio per il Csm, con la prescrizione rigida. Dice Casini che «alambiccare intorno alla prescrizione sarebbe pura follia», le toghe bocciano come «incostituzionale» l´estrazione a sorte, ma il Pdl va avanti.
(l.mi.)