Riportiamo il resoconto della interpellanza urgente del PD sulle Problematiche relative all’avvio dell’anno scolastico – n. 2-00467. L’interpellanza è stata illustrata dall’On. Rosa Bruna De Pasquale, che ha anche replicato alla risposta del sottosegretario Pizza.
Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la nostra interpellanza manifesta la necessità di conoscere la verità, per ritrovare il giusto senso delle conseguenze circa le scelte operate per comprendere dove e come agire al fine di evitare – perché ancora potrebbe essere possibile farlo se si intervenisse – lo sfascio del nostro sistema di istruzione. Per questo, perché abbiamo a cuore la scuola, patrimonio comune del nostro Paese, perché non possiamo accettare di vederla depauperata di risorse, deprivata di esperienze, di qualità e di talenti professionali, abbiamo presentato tale interpellanza urgente, affinché, attraverso la plastica rappresentazione e consapevolezza delle conseguenze di ciò che è stato ad oggi operato – e valutiamo che abbiamo davanti altri due anni di drastici tagli già decisi dal Governo nel decreto-legge n. 112 del 2008 – il Ministro, ma anche tutte le famiglie ed ogni singolo cittadino, possano finalmente dire «basta» all’assassinio del nostro futuro.
Per questo è indispensabile, vista la gravità della situazione, che il Governo riferisca con precisione in Parlamento e, di conseguenza, renda conto ai cittadini del reale ammontare dei tagli effettuati alla scuola, alla qualità dell’istruzione nel nostro Paese e, di fatto, al nostro futuro a seguito dell’attuazione del decreto-legge n. 112 del 2008, al decreto-legge n. 137 del 2008, della legge finanziaria del 2008 e della legge di assestamento di bilancio per il 2009 e, quindi, delle relative cifre in ordine alle diverse voce colpite dalle riduzioni, oltreché delle conseguenze che siffatte e dissennate scelte di diminuzione degli investimenti nella scuola comporteranno per la formazione e l’istruzione dei nostri ragazzi, per la loro sicurezza, per l’intero sistema sociale nel nostro Paese, per la ricerca innovativa (che consentirebbe di rispondere con ulteriori prospettive alla crisi e di creare di conseguenza anche nuova occupazione, così come in questi giorni ci ricorda l’OCSE, e di ingenerare un benefico impatto sul nostro patrimonio comune).
Sono 8 i miliardi di euro tagliati in tre anni alla scuola pubblica dal Governo e 132 mila i posti di lavoro in meno. In quest’anno scolastico sono oltre 7 milioni e 825 mila gli studenti, di cui 700 mila stranieri, circa settantamila in più dello scorso anno, in classi che possono arrivare fino a 30-33 alunni, con una situazione di drastici tagli al personale: oltre 58 mila unità in meno, di cui oltre 42 mila insegnanti e oltre 16 mila addetti del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo.
Il piano Tremonti-Gelmini, infatti, è al primo anno di applicazione e sono già 36 mila i precari licenziati, 16 mila insegnanti e 8 mila addetti al personale ATA. È aumentato il numero di alunni per classe, impedendo così l’apertura di numerose classi della scuola primaria e secondaria, di primo e secondo grado. Di conseguenza non vengono più rispettate le norme di sicurezza nelle aule scolastiche, senza parlare della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento in classi piene come uova e con alunni che a volte presentano difficoltà di apprendimento o relazionali.
Non c’è più nessuno nelle scuole che possa sostituire i colleghi assenti: studentesse e studenti rimarranno soli o saranno distribuiti nelle altre classi, con un evidente profondo impoverimento della qualità dell’istruzione. Numerosissime classi di scuola dell’infanzia non sono state attivate per mancanza di organico a causa dei tagli governativi, lasciando a casa decine di migliaia di bambine e di bambini e impedendo loro una utile socializzazione in un’età così particolare e bloccando di fatto la possibilità di lavoro a centinaia di donne.
Inoltre, non solo non sono aumentate le sezioni primavera, efficace e lungimirante sperimentazione avviata dal Ministro Fioroni durante il Governo Prodi, che consentivano di coprire il segmento dai 18 ai 36 mesi di età dei bambini e delle bambine, con strutture specializzate per quella fascia di età e che permettevano un reale inserimento delle donne nel mondo lavoro, ma le stesse sezioni primavera sono a rischio di chiusura, perché il Governo ha ridotto i finanziamenti e ancora non vi è nessuna certezza di erogazione.
Il tempo pieno, quale sistema metodologico di didattica di qualità, è stato snaturato a causa della soppressione delle ore di compresenza. Il maestro unico è stato bocciato dalle famiglie italiane. Il Ministro Gelmini cerca di imbrogliare l’opinione pubblica e di non dire la verità manipolando i dati: ha affermato che il 69,6 per cento delle famiglie ha preferito il maestro unico. In realtà, solo il 2 per cento ha scelto il maestro unico con l’orario a 24 ore settimanale, il 9 per cento ha scelto l’orario a 27 ore, il 58,6 per cento l’orario a 30 ore e il resto le 40 ore.
A causa della riduzione dell’organico dei docenti, in numerose scuole primarie si inizia l’anno scolastico con classi a tempo normale, cui non corrisponde più la struttura precedente dei team, ma una configurazione quanto meno dall’efficacia improbabile: ad esempio, 9 ore ad un insegnante, 4 ad un altro, 7 ad un altro, 2 ad un altro ancora, di cui gli ultimi tre intervengono in una o due altre classi non parallele o contigue, solo in relazione ad una logica puramente ragionieristica di completamento dell’orario di permanenza presso la scuola. In tali classi non è previsto un solo minuto di compresenza o di contemporaneità, né per laboratorio o recuperi, né per arricchimenti formativi, né per supporto ad alunni disabili, con sempre meno ore di sostegno, nonostante il numero crescente di ragazze e ragazzi diversamente abili, né per attività alternative o l’insegnamento dell’italiano agli stranieri, né per la supplenza dei colleghi assenti.
Altro che maestro unico! Ci sarà una moltiplicazione di insegnanti che si incontreranno, se va bene, sulla porta e non potranno concordare un programma, un progetto didattico, sostenere con programmi mirati i più deboli, garantire le attività previste per le uscite didattiche fuori dalla scuola, per le quali – come lei sa bene, signor sottosegretario – è necessario almeno un insegnante ogni 14 bambini. Insomma non è vero che è stato potenziato il tempo pieno, ma è stato riportato in vita il doposcuola.
Nella scuola primaria sono stati anche drasticamente ridotti gli insegnanti specialisti di lingua inglese, infatti sono stati aboliti tutti i 12 mila posti di insegnanti specializzati, 4 mila solo quest’anno. Gli insegnanti unici di riferimento dovranno insegnare anche l’inglese e dopo solo 150 ore di formazione. Altro che inglese potenziato! Necessariamente sono stati assegnati ambiti di insegnamento a docenti che in precedenza non li avevano mai affrontati o che non li gestivano da molti anni.
Il Ministro Gelmini pervicacemente e tenacemente non ne ha tenuto alcun conto, in spregio ai bambini e alle bambine ed ai loro diritti e bisogni formativi, oltre che alla qualità e alla modernità richieste dall’Europa per una scuola d’eccellenza.
Sono state pesantemente ridotte le ore di insegnamento di lettere e di tecnologia nella scuola secondaria di primo grado ed è stato tagliato anche il tempo prolungato nonostante gli spot pubblicitari del Governo che ne avevano garantito la concessione. Sono inesistenti le ore di attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica. Inoltre, il ritorno ai voti ha stravolto il clima relazionale e la didattica nelle scuole.
Molte classi delle scuole di comuni di montagna e delle piccole isole non sono state riaperte o sono state accorpate a quelle dei comuni più vicini, obbligando così i ragazzi e le ragazze a percorrere ogni giorno numerosi chilometri spesso in situazioni estremamente disagiate. È di questi ultimi giorni un esauriente articolo di la Repubblica su questo tema che esordisce dicendo: «La montagna è in rivolta contro i tagli della riforma scolastica. Non è una proposta che nasce dall’ideologia, ma dalla necessità: “Non toglieteci la scuola”, sta scritto sulle magliette dei bambini. Senza le scuole – aggiungono i sindaci – chiudono i paesi».
Anche nella scuola secondaria di secondo grado è stato drasticamente ridotto il personale; in particolare, sono stati tagliati 12 mila docenti, nonostante i regolamenti debbano ancora essere approvati a causa dell’obbligo di costituire tutte le cattedre di insegnamento a diciotto ore. Ciò va ad incidere sulla qualità della didattica e sull’offerta formativa anche con negative ripercussioni sull’organizzazione della composizione delle cattedre interne alla scuola, a detrimento della qualità dell’insegnamento.
Le nostre scuole sono oberate di debiti e la gran parte non riesce più a garantire un servizio di qualità. Dall’ottobre 2008 non hanno più ricevuto fondi per il proprio funzionamento, per le supplenze, per l’offerta formativa, per il supporto all’autonomia, per l’implementazione di una feconda ricerca/azione che genera crescita culturale di istruzione e di innovazione. In tali condizioni quest’anno accadrà ancora più spesso quello che è avvenuto lo scorso anno: gli studenti, quando i docenti saranno assenti, verranno sparpagliati in altre classi per la mancanza di personale insegnante, mancheranno i soldi per le fotocopie e i sussidi didattici. Lo scorso anno le scuole superiori hanno avuto solo pochi spiccioli per i corsi di recupero obbligatori che hanno potuto funzionare solo con orari ridotti ed accorpati per più ambiti disciplinari. Le previsioni di quest’anno, se possibile, sono ancora peggiori.
È stata effettuata la prima tranche di tagli lineari al personale ausiliario tecnico ed amministrativo, a causa di ciò i ragazzi e le ragazze rimarranno nei plessi scolastici senza alcuna sorveglianza, numerose scuole avranno difficoltà persino nell’apertura e nella chiusura dello stabile e nel mantenimento di una dignitosa pulizia dello stesso. Le segreterie dovranno effettuare orari ridotti a causa della mancanza di personale e i laboratori delle scuole spesso modelli di tecnologia per i notevoli investimenti ivi effettuati rimarranno chiusi a causa della mancanza di assistenti tecnici.
I corsi per gli adulti oltre che l’istruzione permanente e la formazione per l’età adulta hanno subito un drastico taglio nonostante la continua crescita di richieste di istruzione da parte di uomini e donne, soprattutto di nazionalità non italiana, e inoltre sono stati ridotti i fondi stanziati dal precedente Governo per la formazione del personale docente. Altro che tanto sbandierata qualità della nostra scuola: né quantità né qualità!
Non sono stati ripristinati i 250 milioni per l’edilizia scolastica che il Governo Prodi aveva stanziato al fine di attivare un lungimirante piano pluriennale cofinanziato di concerto con le regioni per la messa a norma e la modernizzazione dei nostri plessi scolastici e non stati ancora assegnati quelli previsti nello scorso mese di marzo nelle delibere del CIPE che hanno riprogrammato i FAS. In conseguenza di decine di indicazioni ministeriali quasi sempre in contrasto tra loro e che si sono susseguite una dopo l’altra nel corso degli ultimi mesi sugli argomenti più vari, le nostre scuole brancolano nel caos più totale.
Infine, ecco la voce del personale, vorrei concludere con ciò che ha scritto un insegnante, la professoressa Giulia Alberico nel suo saggio Cuanta pasion!: «L’insegnante ha un mandato educativo, se vogliamo che gli studenti imparino non possiamo prescindere dal loro essere persone. Questa scuola dell’esclusione che rifiuta gli immigrati e i più deboli aumenterà soltanto il disagio sociale» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
La risposta del On. Giuseppe Pizza Sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università e la ricerca.
Signor Presidente, sulle tematiche oggetto dell’interpellanza il Governo ha già riferito in Aula alla Camera il 23 settembre scorso in sede di esame delle mozioni degli onorevoli Ghizzoni, Leoluca Orlando, Centemero, Capitanio Santolini e Lo Monte, concernenti misure a sostegno del personale scolastico precario.
A conferma di quanto comunicato nella suddetta occasione, va ribadito che diversamente da quanto affermato nell’interpellanza la responsabilità della situazione rappresentata, e in particolare la responsabilità della situazione di disagio del personale scolastico precario, non è da attribuire ai provvedimenti varati con il decreto-legge n. 112 del 2008. Le cause della descritta situazione hanno origini remote e sono da ricondurre a provvedimenti di precedenti gestioni che hanno ingenerato aspettative non fondate sulla reale capacità di assorbimento del sistema scolastico.
Questo Governo ha assunto l’impegno di mettere in ordine i conti pubblici e di restituire qualità, efficacia ed efficienza al sistema scolastico italiano per allinearlo agli standard europei ed internazionali. D’altra parte, l’esigenza di razionalizzazione era già stata prevista dalla legge finanziaria per l’anno 2007. Al comma 605 della stessa legge si sosteneva allora, tra l’altro, che con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione dovevano essere adottati interventi concernenti la revisione, a decorrere dall’anno scolastico 2007-2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi al fine di valorizzare la responsabilità dell’amministrazione e delle istituzioni scolastiche, individuando obiettivi da attribuire ai dirigenti responsabili articolati per i diversi organi e gradi di scuole e le diverse realtà territoriali, in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto alunni-classe dello 0,4 per cento.
Si sarebbe dovuto poi procedere alla revisione dei criteri e dei parametri di riferimento ai fini della riduzione della dotazione organica del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Gli obiettivi fissati dalla predetta legge finanziaria sono stati conseguiti, come è noto, solo in parte con la conseguente applicazione della clausola di salvaguardia che ha comportato, da un lato, una rimodulazione negli anni successivi dei tagli previsti e non operati, dall’altro, un taglio lineare degli stanziamenti del Ministero dell’istruzione per spese di funzionamento e di supplenze di circa 500 milioni di euro.
Si tratta di un taglio che è alla base dell’attuale grave sofferenza delle scuole, nonostante il parziale reintegro operato da questo Governo dei finanziamenti necessari. A tal proposito, questo Dicastero si è già attivato presso il Ministero dell’economia e delle finanze chiedendo una consistente integrazione delle disponibilità al fine di azzerare il deficit annuo ed evitare l’accumularsi di ulteriori debiti pregressi.
Nella prospettiva di razionalizzazione del sistema si collocano, dunque, le disposizioni introdotte dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 in materia di organizzazione scolastica, il cui impianto complessivo è stato riconosciuto costituzionalmente legittimo con sentenza n. 200 del 24 giugno del 2009 della Corte costituzionale, che ha ritenuto non fondate le questioni di illegittimità sollevate sui commi 3 e 4, lettere da a) a f).
Le misure e i provvedimenti ivi contenuti, inserendosi nel più ampio contesto del globale contenimento della spesa pubblica in relazione alla difficile congiuntura finanziaria ed economica internazionale, hanno inteso salvaguardare quanto più possibile il sistema scolastico.
Contrariamente a quanto avvenuto in passato, gli interventi previsti rientrano nell’ambito del processo di riqualificazione del sistema scolastico italiano e mirano a realizzare il riordino complessivo del sistema attraverso la valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, il pieno coinvolgimento delle regioni e delle autonomie locali, una nuova governance territoriale dell’istruzione-formazione ed un più appropriato ed efficace utilizzo delle risorse.
Pur in presenza dell’anzidetto complessivo piano di interventi, per l’anno scolastico 2009-2010, al fine di garantire continuità didattica agli studenti, assicurare la stabilità necessaria al personale della scuola e la continuità organizzativa a tutte le istituzioni scolastiche, sono state autorizzate 16.647 assunzioni e precisamente: 647 dirigenti scolastici, 8 mila docenti e 8 mila amministrativi, tecnici ed ausiliari. La riorganizzazione della scuola ha riguardato, per l’anno scolastico 2009-2010, 42.100 unità di personale docente.
Tuttavia, tenuto conto del consistente numero di insegnanti che al termine dell’anno scolastico 2008-2009 è stato collocato a riposo, il numero dei docenti con contratto a tempo determinato a cui non può essere riconfermato il contratto nell’anno scolastico 2009-2010 si è notevolmente ridotto.
Altrettanto può dirsi per il personale ATA della scuola, considerato che la riduzione di organico, circa 15 mila unità, è in gran parte compensata dai pensionamenti avvenuti al termine dell’anno scolastico 2008-2009. Secondo le stime del turnover nel sistema scuola, si ha peraltro motivo di ritenere che nell’anno scolastico 2010-2011 si determineranno le condizioni per un sostanziale riassorbimento delle attuali posizioni di contratto a tempo determinato.
Per ciò che concerne la consistenza complessiva delle dotazioni organiche del personale ATA, va ricordato che la sua riduzione rispetto a quella determinata per l’anno scolastico 2007-2008 era stata già prevista dalla legge finanziaria del 2008.
L’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha poi disposto la revisione dei criteri e dei parametri per la determinazione della consistenza complessiva dei vari profili professionali di detto personale alla luce delle misure contenute nello stesso articolo 64, quali il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, nonché alla luce della revisione dell’orario degli assistenti tecnici e delle previsioni contenute nell’articolo 40, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che consentono alle istituzioni scolastiche, consorziate tra loro, di affidare in appalto i servizi di pulizia dei locali scolastici e delle loro pertinenze a condizione che si apporti una riduzione della dotazione organica di istituto in misura tale da consentire la compensazione dei costi contrattuali.
A tale proposito, va evidenziato che il decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 22 giugno 2009 salvaguarda nella misura massima possibile le figure amministrative necessarie allo sviluppo dell’autonomia scolastica.
Circa la ripartizione della consistenza numerica nazionale delle dotazioni organiche a livello regionale, si è tenuto conto delle specificità degli ambiti territoriali interessati, con riferimento, in particolare, alle peculiarità strutturali, organizzative e operative delle istituzioni scolastiche e alle diversità conseguenti alle situazioni ambientali e socio economiche, e si è inoltre tenuto conto delle funzioni e dei compiti previsti per i profili professionali del personale.
Ulteriore rilevanza è stata riservata ai diversi contesti territoriali interessati ai fenomeni migratori, alle distanze e ai collegamenti tra le istituzioni scolastiche situate nei comuni montani e nelle piccole isole.
Spetta, poi, alla direzione scolastica regionale assegnare le risorse di personale alle province di competenza in modo da assicurare condizioni di sicurezza per gli alunni e per tutto il personale della scuola, in riferimento sia alla dimensione e complessità sia al numero degli edifici utilizzati e in modo da garantire la necessaria efficacia ed efficienza del servizio.
Relativamente alla scuola dell’infanzia, la cui frequenza non è obbligatoria e va quindi garantita nei limiti delle disponibilità finanziarie e di organico annualmente previste dalle vigenti disposizioni e concordate con il Ministero dell’economia e delle finanze, va detto che, pur in presenza delle ricordate esigenze di contenimento di posti di insegnamento, il decreto interministeriale sugli organici dell’anno scolastico 2009-2010 ha confermato in tutte le realtà regionali il contingente di posti assegnato a tale settore per il precedente anno scolastico 2008-2009, che complessivamente ammonta a 80.157 unità.
Per quel che riguarda, in particolare, le sezioni primavera, destinate ai bambini di età compresa tra i due e i tre anni, si auspica che su tale tematica si riapra al più presto un costruttivo dialogo con le regioni, considerato che sono stati approntati i finanziamenti e uno schema di accordo.
Quanto al tempo pieno nella scuola primaria, va rilevato che l’aumento del tempo pieno che si è avuto negli ultimi dieci anni è stato mediamente di mezzo punto percentuale. Ebbene, quest’anno si registra un incremento di due punti percentuali rispetto all’anno scolastico 2008-2009, risultando del 27 per cento la quota di classi attivate con il tempo pieno.
Ovviamente, l’incremento del tempo pieno risulta prevalentemente nelle classi del primo anno di corso, mentre rimangono confermati i quadri orari per le classi successive.
Complessivamente, nel corrente anno scolastico, le classi a tempo pieno sono 36.507.
Più in dettaglio, da un’indagine campionaria condotta dal Ministero relativa al 26 per cento dei circoli didattici per rilevare la tipologia del tempo scuola attivato nelle classi prime, si registra la seguente distribuzione dell’orario scolastico, secondo le tipologie previste dal decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009: l’11 per cento delle famiglie ha chiesto le tipologie di 24 e 27 ore; il 58,6 per cento ha scelto la tipologia fino a 30 ore; infine, il 30,4 ha scelto la tipologia di 40 ore con due insegnanti. Al riguardo, dal confronto sulle stesse scuole con l’anno precedente emerge un aumento di 7 punti percentuali. Le stesse percentuali si rilevano anche a livello nazionale confrontando i dati comunicati per gli anni scolastici 2008-2009 e 2009-2010, da cui risulta un aumento di 1504 classi.
Passando alla scuola secondaria di primo grado, l’orario scolastico di quest’anno è di 30 ore settimanali, consentendo una distribuzione razionale delle lezioni, eliminando insegnamenti facoltativi e opzionali che avevano allungato l’orario senza però garantire alle famiglie il rispetto delle scelte formative. Il tempo prolungato, dopo anni di sprechi di risorse e in mancanza di una reale richiesta delle famiglie di questo modello orario, viene autorizzato solo in presenza di requisiti strutturali e di servizio che rispondano alle aspettative delle famiglie e può essere di 36 ore elevabili, se richiesto dalla maggioranza delle famiglie, a 40 ore.
Per quanto riguarda l’insegnamento della lingua inglese, data la sua obbligatorietà, sono stati nominati tutti gli insegnanti specifici necessari.
A livello nazionale il numero complessivo degli alunni è aumentato di 12 mila unità; le classi sono circa 2 mila in meno, ma il rapporto alunni/classe è tuttora inferiore a quello previsto dalla normativa vigente e agli standard europei.
Sono state mantenute tutte le scuole di montagna e delle piccole isole, per effetto della deroga ai limiti minimo e massimo per la costituzione di classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, recante norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola.
Per ciò che riguarda l’educazione degli adulti, alla quale si fa specifico riferimento nell’interpellanza, la circolare ministeriale n. 63 del 6 luglio 2009 ha disposto che le dotazioni organiche dei Centri territoriali permanenti per l’anno scolastico 2009-2010 sono confermate nelle attuali consistenze e non possono superare in ciascuna realtà regionale le dotazioni dell’organico di diritto dell’anno scolastico 2008-2009.
Quanto alle misure programmate per lo sviluppo degli interventi a sostegno dell’istruzione degli adulti, specifiche risorse da destinare a tale scopo sono state previste nello schema di direttiva per l’anno 2009, concernente gli interventi prioritari ed i criteri generali per la ripartizione delle somme ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 440 del 18 dicembre 1997, attualmente all’esame delle competenti Commissioni parlamentari per il prescritto parere.
Per quel che concerne l’edilizia scolastica, va preliminarmente ricordato che, in materia, titolari della competenza programmatoria sono le regioni, mentre tutto ciò che attiene alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici pubblici statali, compresi l’adeguamento e la messa in sicurezza degli stessi, rientra nelle dirette ed esclusive competenze degli enti locali.
In questa legislatura, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici siamo intervenuti con l’articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 1o settembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2008, che ha previsto un finanziamento strutturale, e quindi stabile negli anni, del Piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole.
Siamo inoltre intervenuti con il decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, e con la delibera del CIPE del 6 marzo 2009 è stato assegnato 1 miliardo di euro al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la messa in sicurezza delle scuole. Ciò nella considerazione che la sicurezza delle scuole costituisce una delle priorità nazionali, con conseguente impegno all’assunzione di ogni possibile iniziativa per favorirne il miglioramento. Al momento, previo accertamento del fabbisogno sul territorio, sono in corso interlocuzioni con i soggetti istituzionali interessati per il concreto utilizzo delle risorse stanziate.
Oltre a quelli sopra esposti, dati più analitici e puntuali circa le varie domande poste nell’interpellanza potranno essere comunicati appena sarà concluso il previsto monitoraggio correlato alle operazioni di avvio dell’anno scolastico.
Tornando al tema del disagio del personale scolastico precario, va detto che nell’immediato, pur a fronte della attuale difficile congiuntura economica, il Governo, per venire incontro alle esigenze del personale cui non può essere rinnovato l’incarico a tempo determinato per il corrente anno scolastico, ha predisposto un pacchetto di misure strettamente collegate tra di loro.
Nel quadro delle misure predisposte, in vista dell’emanazione di specifico provvedimento normativo, sono già stati stipulati accordi con alcune regioni, quali la Campania, la Lombardia, la Puglia, il Molise, il Veneto, la Sardegna e la Sicilia, per dare sostegno ai precari che non avranno riconfermato l’incarico annuale.
Tali accordi prevedono, appunto, la realizzazione di progetti per il rafforzamento dell’offerta formativa con particolare riguardo alle diverse realtà territoriali. In questi progetti è esplicitamente previsto il coinvolgimento prioritario dei precari che non avranno riconfermata la supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche.
Al fine di espandere il più possibile la platea di insegnanti e personale ATA, gli accordi già sottoscritti saranno adattati, ove necessario, alle sopraggiunte disposizioni contenute nel decreto-legge n. 134 del 2009, recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno scolastico 2009-2010. Questo provvedimento normativo prevede, in particolare, che l’amministrazione scolastica possa promuovere, in collaborazione con le regioni, progetti della durata di tre mesi, prorogabili a otto, per attività di carattere straordinario, da realizzarsi prioritariamente mediante l’utilizzo degli anzidetti lavoratori precari della scuola, percettori dell’indennità di disoccupazione, cui può essere corrisposta un’indennità di partecipazione a carico delle risorse messe a disposizione delle regioni medesime.
Il suddetto decreto-legge n. 134 prevede, inoltre, che il personale precario interessato all’applicazione delle nuove disposizioni normative ha titolo alla valutazione dell’intero anno di servizio nelle graduatorie in cui risulta inserito e non è soggetto, quindi, all’alea nel conferimento delle supplenze. Si evitano in tal modo tensioni sociali legate all’attuale crisi occupazionale, garantendo un clima più sereno nel sistema scolastico.
Le misure adottate si pongono in coerenza con gli indirizzi del Governo di trasformare politiche passive di carattere assistenziale in politiche attive di lavoro. Il personale interessato, infatti, in caso di mancato conferimento di un nuovo contratto di supplenza annuale o fino al termine dell’anno didattico, ha titolo comunque ad un’indennità di disoccupazione a carico dell’INPS.
Con il coinvolgimento prioritario nelle occasioni di supplenze brevi e nei progetti speciali, anche previsti con le convenzioni con le regioni, l’indennità di disoccupazione, senza cambiamento di status giuridico, diventerà una sorta di indennità di disponibilità, con integrazione del reddito per gli eventuali periodi non lavorativi che dovessero presentarsi. Secondo questo sistema, a fronte di un’eventuale discontinuità lavorativa sarà comunque garantita una continuità di reddito.
Proprio per rendere efficiente il sistema intermittente di attivazione e cessazione dell’accesso all’indennità di disoccupazione, a queste misure si affianca la convenzione stipulata con l’INPS, in base alla quale il personale in argomento potrà fruire della corresponsione dell’indennità di disoccupazione prevista dal decreto legge n. 185 del 2008, per tutti i periodi in cui spetti, attraverso una gestione automatizzata degli adempimenti burocratici tramite una piattaforma informatica che collegherà tutte le amministrazioni scolastiche con l’INPS medesimo.
La particolare tutela di tali categorie di personale trova fondamento nella circostanza che, come già detto, secondo le stime del turn over nel sistema scuola, nell’anno scolastico 2010-2011 si determineranno le condizioni per un sostanziale riassorbimento delle attuali posizioni di contratto a tempo determinato.
Di seguito la replica dell’On. De Pasquale
Signor Presidente, signor sottosegretario, occorre davvero denunciare, in questo caso a voce alta, lo stato di negazione che viene pervicacemente perseguito da questo Governo, in particolare dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. È possibile continuare ad accettare il costante diniego che consiste nel negare, nelle forme più svariate ed ipocrite, l’esistenza di ciò che esiste e per giunta si conosce ed oggi si sperimenta tangibilmente? Quale meccanismo induce il Ministro a negare, come se non sapesse quello che in realtà conosce molto bene? Non c’è, in questo mancato riconoscimento che diventa diniego, la prima radice dell’immoralità collettiva?
La nostra interpellanza urgente poneva una serie di interrogativi sul reale stato delle scuole all’inizio dell’anno scolastico, ma a quelle domande il Ministro non ha saputo o voluto rispondere e – in assenza di dati concreti, così dice – ha rinviato la risposta più precisa alla conclusione del monitoraggio attualmente in corso.
Pertanto dovremo ripresentare la nostra interpellanza nei prossimi giorni, chiedendo al Governo di rispondere quando sarà in possesso di dati certi. Le risposte lette ora in Aula dal sottosegretario Pizza da un lato si rifanno, almeno parzialmente, ad alcuni spot propagandistici diffusi in questi giorni dal Ministro dell’istruzione, dall’altro omettono di confermare situazioni e dati ancora presumibilmente non in possesso degli uffici. In particolare, nessuna risposta è stata data sulla consistenza dei tagli così come si sono ulteriormente configurati in conseguenza delle ulteriori riduzioni apportate dall’assestamento di bilancio 2009.
Infatti, con l’assestamento 2009 i capitoli regionali per la spesa riguardante gli incarichi a tempo determinato si riducono complessivamente di 577.064.995 euro. Con tale riduzione, che risulta aggiuntiva rispetto alla riduzione di 456 milioni operata nella legge di previsione in attuazione dell’articolo 64, non solo si colpiscono le spese per i precari che vengono licenziati a settembre, ma di fatto sarà impossibile garantire per i primi quattro mesi del nuovo anno scolastico la regolare retribuzione di quanti comunque riceveranno un incarico annuale. Le medie nazionali delle riduzioni di spesa per gli incarichi annuali avranno effetti devastanti: nell’infanzia meno 38,61 per cento; nella secondaria di primo e secondo grado rispettivamente meno 3 e meno 29,7 per cento.
Signor sottosegretario, lei ha detto nella sua risposta che questo è in continuità rispetto a quanto aveva già previsto il Governo Prodi. Vorrei dire che il Governo Prodi aveva previsto dei tagli nettamente inferiori, e in ogni caso erano tagli i cui risparmi andavano ad essere reinvestiti all’interno della scuola stessa. Infatti era stato previsto che la graduatoria permanente diventasse ad esaurimento, e quelle risorse dovevano essere reinvestite per l’assunzione dei docenti a tempo determinato, al fine di eliminare la piaga del precariato e di dare veramente qualità alla scuola.
Nessuna valutazione viene fornita dal Ministro sulle conseguenze derivanti dal funzionamento delle scuole in seguito alla riduzione delle risorse. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ignora il numero dei licenziati, non è in grado neppure di confermare la cifra dei 31.983 pensionamenti di docenti annunciati dal Ministro, che a fronte dei 42.104 posti tagliati avrebbe secondo le sue valutazioni fatto attestare i licenziamenti intorno alle 10.121 unità. Neppure di fronte al taglio dei 15 mila posti per gli ATA si è in grado di indicare il numero dei licenziamenti e quello dei pensionamenti. Tale clamorosa omissione forse vuole coprire la possibilità che il numero dei pensionamenti denunciato per i docenti comprenda anche quello degli ATA. Il Ministro ha il coraggio di assicurare che per il prossimo anno scolastico 2010- 2011 con la riduzione di altri 25.560 posti di docente e 15.167 di ATA (cui faranno seguito, nell’anno scolastico 2011-2012, 19.676 posti di docente e 14.167 di ATA) si determineranno le condizioni per un riassorbimento di tutte le attuali posizioni di contratto a tempo determinato, cioè non vi saranno più licenziamenti. Poi nessuna indicazione viene fornita sullo stato delle nomine e sulla copertura dei posti vacanti, e quindi sul ritardo che si verifica in diverse realtà locali per la piena ripresa della normale attività didattica.
Nessuna indicazione sulla concreta situazione determinata dall’aumento degli alunni-studenti per classe, che di fatto è dell’8 per cento (è un aumento dell’8 per cento, e non la percentuale che ha indicato il sottosegretario). Analogo silenzio per gli effetti che tale aumento provoca nelle condizioni di sicurezza delle aule scolastiche delle nostra scuole. Non risulta complessivamente valutata l’effettiva riduzione delle ore di insegnamento, Neppure quella riferita alla scuola primaria e secondaria di primo grado viene indicata. Al riguardo si parla solo genericamente di eliminazione di sprechi.
Anche sulla riduzione delle ore di insegnamento di lettere e di tecnologia nella scuola secondaria di primo grado, o sulla soppressione delle ore a disposizione per i laboratori, i recuperi, gli arricchimenti dell’offerta formativa, l’attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica (che sta causando gravissimi problemi e che non rispetta il dettato costituzionale), le supplenze, l’insegnamento dell’italiano agli stranieri, o sull’esiguità delle ore di sostegno per supporto ad alunni disabili, il Ministro non fornisce previsioni.
Anzi, a questo proposito, signor sottosegretario, vorrei chiedere dove sono stati assegnati i cinquemila posti in più di organico di sostegno che il signor Ministro, in una delle tante conferenze stampa a cui ha partecipato (oltre che ieri presso la VII Commissione alla Camera), ha asserito di avere autorizzato. Infatti, in diverse regioni da noi interpellate, come ad esempio in Toscana, non sono arrivati i posti aggiuntivi di sostegno; anzi, il direttore generale di quella regione non ha potuto autorizzare neanche un posto in deroga in più, nonostante vi fossero 500 alunni disabili in più rispetto all’anno precedente. Ciò ha comportato un calo drastico delle ore di sostegno per gli alunni in classi di oltre 27 componenti, contro la norma che ne prevede 20 in caso di presenza di alunni con handicap.
Sul tempo pieno della scuola primaria si forniscono i dati poco credibili riportati in un comunicato del Ministero. Infatti, fino a quando non saranno resi noti i dati riguardanti la fine che ha fatto quel 19,9 per cento di classi funzionanti nei team modulari dell’anno 2008-2009, con un orario fra le 31 e le 39 ore settimanali, non si potrà sapere quante di queste, con o senza mensa, sono state spacciate per tempo pieno.
Ancora all’inizio di ottobre molte scuole non sanno neppure se sia stato riconfermato il servizio di mensa funzionante lo scorso anno, figuriamoci per le sbandierate nuove istituzioni di tempo pieno! In realtà, dai primi riscontri, risulta che molte classi a tempo pieno, specie nelle zone più disagiate e di montagna, sono state soppresse, e che nel conteggio delle classi a 40 ore sono state considerate classi già funzionanti nei team modulari con orario tra 21 e 39 ore.
La risposta alla nostra interpellanza urgente riferisce i presunti aumenti del tempo pieno nelle scuole primarie (8 per cento, in realtà il dato ministeriale sarebbe del 6,3 per cento!). Nessun dato viene singolarmente riferito sul tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado. Non vengono neppure presi in considerazione gli effetti sull’organizzazione dell’attività didattica causati dall’eliminazione delle compresenze, né viene indicata la loro effettiva dimensione quantitativa.
Viene ignorata la dimensione del fenomeno dei respingimenti delle richieste di frequenza alla scuola dell’infanzia, nonostante l’aumento delle iscrizioni accolte abbia portato il numero dei frequentanti a 1.007.381, rispetto ai precedenti 978.302. Si segnalano decine di migliaia di respingimenti e classi con un numero di bambini troppo elevato. Si sostiene che sono stati nominati tutti gli insegnanti specializzati necessari per l’insegnamento della lingua inglese.
Rispetto agli 11.200 posti da tagliare nel triennio, per l’anno in corso ne sono stati tagliati duemila, nonostante – lo ribadisco – l’aumento del numero degli alunni. Non viene reso noto quanti di questi posti sono stati coperti da personale precario con incarichi annuali. I posti ridotti per il personale ATA sono stati 15.167.
Di fronte alle gravi conseguenze derivanti dai suddetti tagli, specie per la funzione di assistenza al tempo pieno e di apertura dei corsi, si sostiene che sono state salvaguardate le figure necessarie allo sviluppo dell’autonomia scolastica. Si sostiene anche che le istituzioni scolastiche consorziate fra loro possano affidare in appalto i servizi di pulizia dei locali scolastici. Si tratta di un’autentica visione non vera della realtà, in quanto, in base alla legge richiamata, ciò può avvenire solo in presenza di posti in organico e non in relazione a quelli non più esistenti in conseguenza dei tagli. Signor Presidente, potrei andare avanti analizzando, una ad una, tutte le varie situazioni di non verità contenute nella risposta, ma il mio tempo è esaurito.
Per tutto quanto sopra illustrato, concludo invitando nuovamente il Ministro ed il Governo a ritornare ad essere all’altezza dei tempi in cui viviamo. Altrimenti, valori come la responsabilità, la sensibilità morale, la compassione, il senso civico, il coraggio, l’altruismo e il sentimento della comunità verranno sostituiti dall’indifferenza, dall’ottundimento, dalla desensibilizzazione, dalla freddezza, dall’alienazione, dall’apatia e dall’anomia. Ricordatevi, ricordiamoci tutti insieme, come afferma Cohen: il diniego è un modo per mantenere segreta a noi stessi la verità che non abbiamo il coraggio di affrontare.