ROMA – Segretario Franceschini, il rischio di autoritarismo che lei denuncia da giorni si fa più concreto dopo gli attacchi di Berlusconi al capo dello Stato?
“Ci aspettano giorni difficili, questo è sicuro. Berlusconi non si rassegnerà facilmente al giudizio della Corte costituzionale sul lodo Alfano. Lo abbiamo visto tante volte alzare il tiro per sollevare un polverone mediatico e coprire il merito dei problemi. Può darsi che abbia funzionato anche questo riflesso nelle sue reazioni. Ma stavolta non possiamo classificare quelle parole come le solite sparate. Me lo immagino il premier in questi momenti: dev’essere una giornata drammatica. Si sarà reso conto che nessuno, nemmeno lui, può essere sopra la Costituzione, la legge e i suoi principi”.
Un Berlusconi con questo stato d’animo può davvero sovvertire l’assetto istituzionale del Paese?
“Per me il rischio più forte resta l’assuefazione, l’idea che tutto sia più o meno lecito, inesorabile e scontato. Quindici anni fa sarebbe stato possibile, immaginabile vedere un presidente del Consiglio che insulta la Consulta e il Quirinale per una sentenza del supremo organo di garanzia che lo riguarda? La risposta è no”.
Allora il pericolo è reale?
“Da un certo punto di vista la giornata, drammatica per Berlusconi, è positiva per il Paese. La democrazia italiana dimostra di avere regole a anticorpi più solidi della prepotenza e dell’abuso di potere del premier. E registro che nel nostro Paese gli organi di garanzia hanno un’autorevolezza e una libertà superiori a qualsiasi pressione e intimidazione. Perché non dimentico che il ministro delle Riforme Bossi, mentre i giudici costituzionali erano in camera di consiglio, ha cercato di intimidire la Corte invocando il ricorso alla piazza”.
Stavolta dunque ha ragione Di Pietro che dà del matto a Berlusconi e ne chiede le dimissioni?
“Guardi, io mi occupo del Pd. Posso garantire che noi non abbasseremo la guardia. Il nostro dovere è una volta di più fare un’opposizione ferma e intransigente nel contrastare le scelte del governo. Poi a noi tocca pure difendere le regole fondative dello Stato, cosa che nessun’altra opposizione del mondo è costretta a fare nel proprio Paese. Per questo mi sembra importante che nel pieno del confronto anche molto aspro tra candidati dello stesso partito per la conquista della segreteria, il Pd sia stato in grado di dare una risposta unita e compatta all’attacco di Berlusconi”.
E Di Pietro?
“Lui continua a gridare dimissioni come se gridando le possa ottenere. Poi, fa una scelta giuridicamente sbagliata e politicamente suicida prendendosela con Napolitano perché ha firmato il lodo. Tutte le leggi giudicate incostituzionali dalla Consulta sono necessariamente firmate dal capo dello Stato. Dov’è allora la colpa del presidente? Anche in una giornata come questa Di Pietro ha commesso un grave errore”.
Il Pd è in grado di affrontare quelli che lei definisce giorni difficili?
“Un Pd unito come quello che si vede in queste ore assolutamente sì. Stiamo combattendo una battaglia congressuale anche dura eppure ho convocato dopo la sentenza, la segreteria e tutti i candidati alla leadership, e abbiamo preso una posizione comune. Non ci sono distinguo, non ci sono divisioni. Abbiamo saputo mettere in secondo piano la sfida delle primarie. Un risultato raggiunto senza ostacoli e in pochi minuti”.
Ma se la situazione dovesse precipitare e il governo entrasse in crisi qual è la via d’uscita immaginata dal Partito democratico? Il governo del presidente, la grande coalizione? E il Pd sarebbe pronto a tornare al voto?
“Mi pare che le minacce di elezioni anticipate siano state usate da Bossi e Berlusconi per condizionare le scelte della Corte. Abbiamo visto con quali risultati. Dopo la sentenza infatti si sono rimangiati tutto e adesso vogliono continuare fino al termine della legislatura. Comunque, se dovessero ripensarci ancora sappiano che il Partito democratico sarebbe pronto, in qualsiasi momento, ad affrontare il voto degli italiani”.
La Repubblica, 8 ottobre 2009
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