ROMA – Tre milioni di persone sono sotto la soglia di povertà alimentare in Italia. Secondo una ricerca presentata oggi dal Banco Alimentare e dalla Fondazione per la Sussidiarietà una famiglia di due persone viene considerata ‘alimentarmente’ povera se ha una spesa media mensile in cibi e bevande inferiore a 222,29 euro: una condizione nella quale si trovano 1.050.000 famiglie. C’è di più: la stragrande maggioranza dei poveri (oltre l’80%) è composta da operai, per lo più disoccupati. La differenza tra famiglie povere e benestanti è in media di 370 euro: le prime spendono per mangiare 155 euro al mese, contro i 525 delle seconde. Le differenze si notano soprattutto per le bevande, gli oli e gli altri grassi, il pesce, i gelati e i dolciumi.
“I nostri dati – spiega uno dei due curatori dell’indagine, Giancarlo Rovati, docente di Sociologia all’università Cattolica di Milano – dimostrano che la povertà alimentare in Italia non è un’invenzione dei media, è anzi un fenomeno imponente, un’amara realtà della quale fanno esperienza migliaia di famiglie. Due milioni e 300 mila persone nel nostro Paese ricevono una qualche forma di aiuto alimentare soprattutto da parte di enti privati, ma questo non risolve il problema. Dovrebbe essere piuttosto un punto di partenza per coordinare le politiche pubbliche con quelle private e delle industrie alimentari, che potrebbero distribuire in misura maggiore e più coordinata le eccedenze”.
La disoccupazione prima causa di povertà. La maggiore causa di povertà, e quindi anche di povertà alimentare, come emerge dalla ricerca – condotta su un campione dal milione e mezzo di assistiti dalla Fondazione Banco Alimentare – è la disoccupazione, che incide per il 59%. Ma si diventa poveri anche per problemi di salute/disabilità (30%), morte di un familiare o separazione dal coniuge (15%). Le famiglie più povere sono infatti quelle ‘monogenitore’ (20,8%).
Meno istruiti, più poveri. Anche il livello d’istruzione fa la sua parte: il 33,8% degli italiani che fa parte del campione ha la licenza media inferiore, il 23,9% la licenza elementare, solo l’1,4% la laurea. Che però salva meno gli stranieri dalla povertà: infatti è laureato il 6,7% degli stranieri poveri.
I poveri sono operai… L’81,6%o degli assistiti dal Banco Alimentare è costituito da operai; solo il 6,9% da impiegati, l’8% da lavoratori autonomi, il 3,4% da altre tipologie. “Si tratta soprattutto di occupati in modo stabile o occasionale, con bassa retribuzione, i cosiddetti working poor”, spiega Rovati. Solo il 31,7% ha una casa in proprietà, e il 57,4% vive in affitto. Ma c’è anche un 7,9% che vive nei dormitori e un 3% che dorme dove capita.
I sogni? Andare dal dentista! Le famiglie con la spesa ridotta all’osso per il cibo hanno difficoltà soprattutto a pagare le bollette (25,7%), e le spese condominiali (20,8%). E hanno dei sogni nel cassetto che alle famiglie abbienti potrebbero apparire modesti: il 40,6%, se avesse 1000 euro al mese in più rispetto alle normali entrate, li impiegherebbe per l’acquisto “di alimentari di qualità”, e una percentuale equivalente “per cure mediche-dentistiche”. Soltanto un modesto 19,8% li spenderebbe per un viaggio, un 6,9% per cure termali e un 4% in beni di lusso (orologio, gioielli, arredamento).
“Vorrei un abito nuovo”. C’è poi un 58,4% che ha scelto la voce ‘altro’: “All’interno di questa categoria – dice Rovati – ci sono soprattutto il pagamento dei debiti contratti per un matrimonio o per dei funerali, ma anche risposte tipo ‘per comprare più libri a mia figlia’. E qualcuno vorrebbe dei vestiti ‘nuovi’, visto che di solito li ha di seconda mano, per via delle donazioni. Infatti non è difficile trovare qualcosa per vestirsi, anche per i più poveri. Il problema, soprattutto per chi ha dei figli che vanno a scuola, è l’esigenza di renderli presentabili senza perdere completamente la faccia con vicini o conoscenti. I minori che vivono in famiglie povere subiscono più di un’umiliazione, oltre a quella materiale anche quella simbolica: non riuscire ad essere simile agli altri”.
In casa non mancano frigo e cellulare. Quando si guarda però ai beni durevoli posseduti dalle famiglie povere, il frigorifero (90,1%) è quasi raggiunto dal telefono cellulare (83,2%), mentre scarseggiano elettrodomestici quasi ‘voluttuari’ come lo stereo (33,7%), il videoregistratore (20,8%), la macchina per caffé espresso (11,9%) e la tv digitale o il decoder della tv digitale (7,9%). “Certo anche le famiglie più povere non mancano di beni tecnologici. Molti, risulta dai nostri colloqui, si sono indebitati, oppure li hanno presi al discount o li hanno avuto in dono dalla parrocchia o dal centro di assistenza”, dice il professor Rovati.
Mai ristorante, dolci e pizza. Cosa mangiano e cosa non mangiano le famiglie povere in Italia? I grandi assenti dalla loro tavola sono dolci e pizza, anche perché non si va a mangiare fuori. Le famiglie “alimentarmente povere” spendono in media 6,53 euro al mese per pasti fuori casa, contro gli 80 delle famiglie “non alimentarmente povere” (rielaborazione dei ricercatori da dati Istat, ndr). Decisive le differenze nella spesa per gelati e dolciumi (11,93 euro contro 44,89), carni e salumi (35 contro 100 euro), frutta (14,44 contro 41,44), pesce (10,26 contro 39,76). Ma anche sul pane e i cereali le famiglie benestanti spendono oltre il doppio di quelle povere (62,86 contro 28,85).
La Repubblica, 8 ottobre 2009