Esasperati, raggirati, sfiniti dalla precarietà. In piazza a Roma per la “Dignità e il futuro della scuola pubblica”. Perchè l’”istruzione è in catene” e insegnanti, bidelli con la maschera simbolo del precario senza voce sul volto, hanno lasciato le occupazioni per manifestare tutti insieme e gridare l’unico coro: Gelmini dimettiti”. Arrivano da Palermo e Milano, da tutte le città d’Italia, cantano slogan e srotolano striscioni. Una protesta che va avanti da fine agosto, quando gli studenti erano ancora in vacanza e i precari arrampicati sui tetti.
Pino La Fratta ha 36 anni, docente a Campobasso: “Non è possibile cancellare con un colpo di spugna otto anni di insegnamento – spiega -. Specializzarsi, sostenere Master… e notare che l’interesse del governo è sempre quello: cancellarci”. “Bisogna reagire” aggiunge Amalia Perfetti, 46 anni, di Frosinone, con accanto la figlia Beatrice al primo anno di liceo: “Più si taglia, più si raglia. Ribelliamoci. Il futuro dei giovani è nella conoscenza e non nelle politiche diseducative di questo governo”.
Eccole dunque le ragioni del corteo dei precari del Coordinamento nazionale, con al fianco il sindacato Flc-Cgil, gli studenti della Rete, dell’Udu e l’Uds. Oltre 20mila manifestanti (secondo gli organizzatori, 5mila per la questura). Una “marcia” allegra e battagliera partita da Piazza della Repubblica, un passaggio a Piazza del Popolo per amplificare dal palco della libertà di stampa la protesta che non cessa, nonostante la soluzione-tampone dei contratti di disponibilità della Gelmini. E’ una misura che “ammazza i precari” – sottolinea Antonella Vaccaro, 38 anni, maestra precaria di Napoli, dal palco dell’Fnsi. E non sottrae critiche all’informazione: “Il vostro silenzio è stato assordante cari giornalisti – dice al microfono -. L’informazione nazionale titolava sule escort mentre docenti e Ata in tutt’Italia si arrampicavano sui tetti e facevano lo sciopero della fame”.
Gli slogan. Nunzia Torretta, collaboratrice scolastica, la sua rabbia l’ha messa per iscritto in un cartellone: “Mamma Rai dei precari non parli mai/ Ordina Silvio di tacere/ e tu disattendi il tuo dovere”. Antonino Geraci, 55 anni, insegnate di educazione fisica, diffonde la sua storia: “Da 27 anni precario e buttato sul lastrico. Due figli e un mutuo”. Mariella Tramontano di Napoli vorrebbe recitare alla Gelmini il verbo lavorare: “Io lavoravo bene e con passione/ tu ministro lavori male ma esegui bene/ egli lavorava con la escort e non alla Ford/ noi non lavoreremo più/ voi lavorerete per fotterci/ essi non avranno più la scuola pubblica”.
Sono orami le 18 quando il corteo dei precari lascia la piazza per dirigersi sotto le finestre del ministero dell’Istruzione. In calendario un’assemblea pubblica per decidere nuove forme di lotta. E il faccia-faccia con l’altro spezzone dei precari, quelli aderenti ai Cobas che hanno volutamente snobbato “il bellissimo abbraccio” dell’informazione ai precari.
da www.unita.it
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Scuola, il corteo dei precari. “Più si taglia più si raglia”
Insieme al personale scolastico anche gli studenti. Gli organizzatori: “Siamo in cinquemila, altri in arrivo”
Partita dall’Esquilino anche la manifestazione dei Cobas
Precari della scuola in piazza, per protestare contro le scelte del governo. Alla manifestazione a sostegno degli otre 26 mila tra docenti e personale Ata, senza lavoro per i recenti tagli agli organici, aderiscono anche Cobas, Cgil e gli studenti dell’Unione degli universitari. Gli studenti, dopo un corteo contro i tagli all’istruzione pubblica da piazzale Ostiense fino al ministero dell’Istruzione, si sono uniti ai precari a piazza della Repubblica per poi confluire nella manifestazione per la libertà di stampa a piazza del Popolo.
Il corteo è partito poco dopo le 15.00. In testa uno striscione con scritto “Dignità e futuro per la scuola pubblica”, mentre alcuni manifestanti indossano una maschera bianca sul volto con la scritta “Precario” e una croce rossa sulla bocca. In coda al corteo si legge invece “Più si taglia più si raglia” su uno striscione portato da una ventina di studenti con le orecchie d’asino. Anche scritte dedicate ai giornalisti: “Mamma Rai dei precari non parli mai”. Tanti anche i bambini, che, portati dai genitori, tengono in mano i palloncini della Cgil.
LE IMMAGINI
In piazza, i manifestanti gridano in coro: “la scuola e’ pubblica e non si tocca, la difenderemo con la lotta” e anche, al ritmo di “Bella ciao”: “Una mattina mi son svegliato, o scuola ciao, scuola ciao, scuola ciao ciao ciao: oh Gelmini lasciaci stare noi vogliamo lavorar”. Tra i manifestanti ci sono anche alcuni rappresentanti dell’associazione Emergency che indossano una maglietta con su scritto “Meno soldati, più studenti”. Si vedono anche molte magliette dei “Docenti p.r.e.c.a.r.i: professionisti radiati, esasperati, cancellati, annullati, raggirati, ignorati”
I numeri. E già parte il “totocifre”. Gli organizzatori esultano: “Un successo, siamo dai 12 ai 15 mila”, dichiara una delle responsabili del coordinamento nazionale precari Olga Romano. Le fa eco il responsabile della Cgil che parla di 15 mila adesioni e di “pullman in ritardo che stanno arrivando”. Ma c’è anche chi sostiene la presenza di ventimila manifestanti. Mentre dal megafono si urla: “Siamo cinquemila e ancora devono arrivare manifestanti da tutte le città d’Italia”, e la stessa cifra è confermata da un funzionario di polizia in servizio alla manifestazione.
I Cobas. Un’altra manifestazione contro i tagli al personale scolastico, organizzata dai Cobas, è partita da piazza dell’Esquilino, diretta verso il ministero dell’Istruzione a viale Trastevere. Guida il corteo un “Dante Alighieri” che recita versi in rima ispirati alla Divina Commedia: “Lasciate ogni Gelmini, o voi ch’entrate”. Gli organizzatori fanno sapere che i partecipanti vengono in gran parte dalle regioni del sud Italia, e il segretario nazionale dei Cobas Piero Bernocchi annuncia: “Abbiamo deciso di non aderire al corteo degli insegnanti precari della Cgil che invece è diretto a piazza del Popolo, perché lì c’è una manifestazione per la libertà di stampa ma che non è per la scuola”.
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