Signor Presidente, non riesco a trovare un altro aggettivo se non quello di vergognoso per definire un provvedimento che permette a chi ha frodato il fisco, a chi ha evaso le tasse e a chi ha fatto il furbo in barba ai cittadini onesti di condonare la propria posizione pagando una misura dell’5 per cento. Penso anche che quella che stiamo scrivendo sia una pagina buia per il Governo, il quale su un provvedimento come questo non solo ha avuto l’ardire di dare il via libera, ma ha avuto anche il coraggio di porre la questione di fiducia.
In questi giorni la Guardia di finanza ha diffuso una stima sui capitali esportati illegalmente all’estero e si parla di circa 350 miliardi di euro. Pochi giorni fa, inoltre, sul Corriere della sera abbiamo letto che nelle dichiarazioni dei redditi del 2008 appena l’1 per cento dei redditi superano i 100 mila euro e il 50 per cento delle società di capitali ha fatto denunce in perdita. Se i poli sono questi, ma chi lo tiene insieme un Paese? Chi li tiene insieme i cittadini se continuiamo a comportarci così?
Voi avete, inoltre, avuto il coraggio di porre la fiducia su un provvedimento che alimenta sfiducia nella certezza del diritto e nelle istituzioni. Dobbiamo avere il coraggio di dire che ciò rappresenta uno schiaffo alla gente onesta e a quei milioni di cittadini che hanno un rapporto corretto con il fisco e con l’amministrazione finanziaria. Non è moralismo affermare che non è attraverso provvedimenti come questi che si fortifica lo spirito di comunità che motiva un Paese a rinnovare ogni giorno le ragioni dello stare insieme. Queste considerazioni, valide di per sé in generale, sono tanto più valide oggi in un momento in cui l’Italia sta attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia e non solo per quanto riguarda l’economia.
Avete detto che lo scudo fiscale è uno strumento necessario per partecipare, assieme agli altri Paesi, alla lotta ai paradisi fiscali e per fare cassa. Guardate, anche noi siamo convinti che occorra alzare il tiro contro i paradisi fiscali, così come siamo convinti che, per fare questo, occorra un forte coordinamento a livello internazionale. Ma il punto è proprio questo, sta proprio qui. Il Ministro Tremonti ci ha sempre detto che l’Italia sta facendo come gli altri Paesi. Niente di più falso: non era vero ieri, non è vero oggi, soprattutto dopo l’allargamento delle maglie del condono al falso in bilancio ed alle società estere. Non solo: state vanificando, come abbiamo cercato di Pag. 94illustrare nel dibattito che abbiamo fatto, tutta la normativa sul contrasto ai patrimoni mafiosi, con l’eliminazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette in materia di antiriciclaggio e di finanziamento al terrorismo.
Allora, viene spontaneo chiedere al Ministro dell’economia e delle finanze, Tremonti, che fine abbiano fatto quegli standard legali internazionali annunciati con tanto clamore al vertice de L’Aquila e le sue considerazioni sull’etica, sulla necessità di nuove regole, sulla trasparenza e sulla vigilanza. Ma torniamo al confronto con gli altri Paesi, voglio attenermi al merito. Le dichiarazioni di rimpatrio dei capitali in tutti i Paesi sono sottoscritte dal soggetto interessato. In l’Italia, invece, è garantito l’anonimato. Guardate, il tema dell’anonimato non è una questione secondaria. È attraverso la trasparenza e la tracciabilità che si acquisiscono informazioni, che ci si attrezza per futuri accertamenti e per condurre una lotta contro l’evasione fiscale.
Negli altri Paesi, poi, non si condona il falso in bilancio, non ci si sogna di condonare la distrazione di documenti contabili. Infine, qui da noi si paga un obolo del 5 per cento, negli altri Paesi, invece, prima di tutto si pagano le imposte, semmai c’è una sanzione ridotta, che comunque varia da un 10 per cento dell’Inghilterra a un massimo del 40 per cento in Francia.
Allora, cari colleghi, Ministro Tremonti, dove sono le similitudini fra il nostro provvedimento e quello in atto negli altri Paesi? La verità, cari colleghi, è che gli altri Governi non hanno ritenuto di accedere all’idea dell’anonimato o di allargare in questo modo le maglie del condono, perché hanno ritenuto di affermare una cosa semplice: la legalità non è in vendita. Abbassare l’asticella della legalità rischia di avere un prezzo troppo alto da pagare, soprattutto per le giovani generazioni e per le generazioni future.
La verità, allora, è che avete bisogno di fare cassa subito, senza preoccuparsi troppo della provenienza dei denari. La verità è che questo condono altro non è che lo specchio del fallimento della vostra politica economica. Ma non ci avete sempre detto – lo ha ripetuto ora il collega della Lega nel suo intervento – che la crisi è ormai alle nostre spalle, che i conti pubblici sono stati messi in sicurezza dalla manovra economica triennale approvata lo scorso anno?
Purtroppo, cari colleghi, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il PIL sta crollando, siamo a meno cinque per cento, il deficit e il debito hanno ripreso a crescere, è esplosa la cassa integrazione, per quei lavoratori che ce l’hanno, il tasso di disoccupazione si appresta purtroppo a superare il 10 per cento.
È l’esito fallimentare – dovete prenderne atto – di una politica che ha rinunciato a sostenere i redditi e gli investimenti, in maniera particolare quelli di comuni e province, che sono immediatamente cantierabili.
È l’esito fallimentare di una politica che ha rinunciato a rilanciare la domanda interna a fronte del crollo di quella internazionale. No, signor Presidente del Consiglio, non è catastrofismo questo, noi vogliamo troppo bene all’Italia per scommettere sulla crisi. Non si tratta di essere ottimisti o di essere pessimisti; una classe dirigente responsabile ha, prima di tutto, il dovere di dire la verità, dire la verità per chiamare tutte le risorse di cui un Paese dispone ad essere protagoniste di un nuovo patto per lo sviluppo.
Allora, questo condono si rende necessario per coprire le vostre responsabilità in politica economica. Il Ministro Tremonti si ingegna ad accusare a destra e a sinistra, ad affibbiare responsabilità a questo o a quello per la crisi economica; meglio farebbe a guardarsi allo specchio per riflettere sulle responsabilità, quelle responsabilità che oggi vi costringono, pur di fare cassa, ad abbassare l’asticella della legalità. Sono distorsioni che alimenteranno sfiducia nella certezza del diritto e nelle istituzioni.
Concludo, signor Presidente. Non so quanto entrerà nelle casse dello Stato, il gettito potrà essere anche significativo, ma sicuramente il sistema fiscale apparirà ancora più iniquo e distante dai cittadini. Sono queste le ragioni che ci portano a dire con forza il nostro «no» al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
2 ottobre 2009