«SE ora, come vuole la riforma, ad un esame dovete studiare cento pagine, voi studiatene trecento. Andate contro la legge. Perché alla fine della fiera ci sarà un dieci per cento di voi che avrà lavorato e sarà l´élite. Gli altri, che avranno seguito la legge, saranno dottori al parcheggio». Umberto Eco sprona oltre duecento matricole attonite al primo giorno di benvenuto al corso di Scienze di comunicazione all´università di Bologna. Quel corso che il semiologo ha fondato nel 1992 e che ora lo riporta in cattedra. A dare consigli. Quattro generazioni di matricole dopo: facce da liceali, smarrite al primo giorno, abituate a farsi portare per mano. Il discorso muove a braccio. Dalla “sua” università – la laurea in Filosofia a Torino dal 1950 al ‘54, i diciotto esami “abbastanza duri”, i corsi monografici e classici come “Essere e tempo” da leggere in più – ai corsi di oggi con esami da cento pagine. «Vi assicuro che nessuno è mai morto per la fatica, a 24 anni si può fare, si hanno tanti neuroni quanti spermatozoi». Tra battute e citazioni dotte, Umberto Eco insiste sull´importanza dello studio. Approvando la riforma universitaria cosiddetta del «3+2», «è stato un bene adeguarsi al sistema accademico degli altri Paesi, avevamo solo il 30 per cento degli studenti che si laureava, gli altri erano fuori corso o dormienti», ma disapprovando la sua applicazione: «l´eresia dei crediti», costruiti sulle ore di studio necessarie per poter dare un esame, l´assurdità del numero di pagine massimo imposto per legge ad ogni esame. E quel vizio tutto italiano del titolo: si è già dottori dopo tre anni, «quante volte l´ho scritto che è un errore». Eco ricorda il percorso di studi all´estero: tre anni, poi due di master, infine il famigerato Phd, sigla per Doctor of Philosophy. «In nessun Paese al mondo uno studente che ha fatto tre anni di università viene chiamato dottore. Come si viene chiamati? Mister, monsieur, signore. All´estero non esiste il dottore da ristorante o da parcheggio». Tre anni di università, come quella che hanno davanti i ragazzi e le ragazze che lo ascoltano, sono già più che dignitosi: «Si può diventare presidente degli Stati Uniti, come Bush». Il segreto del successo per Eco sta non tanto in quello che si insegna, ma «nel modo di vita conventuale: questo fa una buona università». Ovvero lo stile college. «Per fortuna quando è arrivata la riforma io sono andato a dirigere la scuola di alti studi umanistici e non ho avuto a che fare con voi – continua Eco – Perché mi sarei ritrovato sicuramente qualcuno a contestarmi un testo di 115 pagine quando, per legge, avrebbe dovuto essere di 110». Di qui il monito: «E´ una truffa ai vostri danni, sappiatelo. Come se ne esce? Comprendendo che all´università si è soggetti attivi e non passivi». E´ un´esortazione a prendere l´iniziativa: «Ai miei tempi si andava a lezione sugli scritti minori di Cartesio. Ora, con il parziale sfascio della scuola superiore e con esami da cento pagine, i corsi monografici sono spariti. Vi è sottratto anche questo, non permettetelo, fatevelo da voi il corso monografico». Un passaggio della lezione è dedicata a Internet. Eco ha di fronte la generazione Facebook e Wikipedia. E qui sta la trappola. «Dovete imparare a cancellare dalla memoria ciò che non serve e a riconoscere i siti attendibili. Come costruirsi questa arte della discriminazione? Si impara solo andando a bottega, come in pittura. L´università vi offre una bottega in atto, per questo è una iattura che si siano esami da cento pagine». E ancora: «Internet sta permettendo a intere generazioni di farsi una competenza alfabetica, ma può essere uno svantaggio per chi non parte da zero come voi. Una società efficace ha delle nozioni partecipate da tutti: le tabelline, la terra rotonda. Se non esistesse l´università a salvaguardia di questa enciclopedia e ciascuno costruisse il proprio sapere solo navigando in Internet allora avremmo sei miliardi di enciclopedie diverse, ci sarebbe incomunicabilità e dunque il collasso della civiltà». Di qui i vantaggi dell´università. «Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l´università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l´università sarà riportato dai mass media tra vent´anni. Frequentare bene l´università vuol dire avere vent´anni di vantaggio. E´ la stessa ragione per cui saper leggere allunga la vita. Chi non legge ha solo la sua vita, che, vi assicuro, è pochissimo. Invece noi quando moriremo ci ricorderemo di aver attraversato il Rubicone con Cesare, di aver combattuto a Waterloo con Napoleone, di aver viaggiato con Gulliver e incontrato nani e giganti. Un piccolo compenso per la mancanza di immortalità. Auguri». Applausi. Poi il saluto: «Credo di non aver più niente da dire ma di avervi insegnato la saggezza».
La Republica, 29 settembre 2009