Uscirà nelle sale tra non molto un film magnifico, diretto da una donna, che parla dell’attesa. Di quanto sia difficile aspettare e lavorare intanto perché non sia un’attesa vana, ma prepararsi anche a che lo sia. Cambiare nell’attesa, pensare nell’attesa, aiutare gli altri nell’attesa, sopravvivere, vivere, ridere e infuriarsi però crederci, intanto, nell’attesa che sta ferma ma si muove ed è sempre piena di tutto quel che manca. Comincio da qui – da «Lo Spazio Bianco» di Francesca Comencini – perché credo che sia un’attesa lunga quella che ci aspetta: un’attesa che può durare anni perché lento e lungo anni è cresciuto il danno ed ora bisogna riparare. Dove, come, da dove si riparte?
Come si vince la rassegnazione diffusa che governa il declino del pensiero, che si impone a partire da dove è più facile, naturalmente: dal destino delle donne. Gioia per gli occhi, magnifico regalo della natura per il riposo del guerriero. Oggetto di conquista per attempati Dongiovanni, frotte di ragazze i fiore ansiose di concedersi all’anziano potente. «Non pago le donne per il piacere della conquista», ha spiegato il latin lover che tutti gli italiani invidiano («invidia, eh?») ad uno sbalordito collega spagnolo. Come se le ventenni che frequentano le sue magioni fossero lì in assembramento spontaneo, fan di un Brad Pitt per sbaglio in politica, come se non desiderassero altro, le ragazze, – niente in cambio, giusto? – che manifestare al coetaneo del nonno il loro sincero disinteressato piacere di passare le sere e le notti con lui.
Le donne e le droghe facilitano gli affari, spiega il faccendiere pugliese Tarantini ai magistrati: lui ne procaccia a seconda del bisogno in uguale quantità e su richiesta. Merci per fluidificare il contatto e favorire il business: servono bionde, gemelle? Serve un cocktail speciale? Le aspiranti cortigiane ansiose di passare dalla condizione di ragazza immagine all’immagine che diventa successo: di andare in tv o di avere un posto in politica, è uguale. Le loro madri che le spingono, i padri che si danno fuoco se dalla casa del potere sono escluse. La prostituzione come sistema di riferimento: prostituzione come metodo, come cultura. Dare in cambio di.
Le menti, poi i corpi. Il prezzo varia, un compenso c’è sempre. D’altra parte altrimenti il lavoro non si trova. D’altra parte come fa una ragazza oggi ad avere una casa, a vincere un concorso, a passare un esame se non è gentile con chi ne dispone? Se hai belle gambe puoi sposare un miliardario. Anche l’occhio vuole la sua parte. Quale maschio italiano non si comporterebbe come me? Da buon ospite: prego, ecco il lettone di Putin. Sono i soldi che muovono il mondo e le ragazze cosa vogliono? Carte di credito per fare shopping.
Nel film di Comencini c’è una magistrata che vive a Napoli sotto scorta, una vita infame. Dice: ho lasciato i miei figli per fare questo lavoro in questa città, ho pensato tanto a cosa fosse giusto e mi è costato davvero ma qui c’è bisogno di persone, questo lavoro deve essere fatto. Dice Patrizia D’Addario «non c’è tanta differenza fra la ragazza immagine e la escort perché quello che si chiede è quella cosa lì», è un prima e un dopo, certo qualcuna si tira indietro, c’è sempre una ragazza che alla fine dice no, l’Italia è piena di donne di ogni aspetto che passano le giornate nei laboratori e nelle redazioni, a correggere errori e a imparare, a insegnare, a riparare motorini e costruire aeroplani. Non si vedono in tv, però. Non esistono alla corte del sultano dunque non ci sono. Non sono buoni esempi.
A scuola le bambine fanno il book a 13 anni. La chirurgia estetica registra un boom fra le minorenni. Sciagurati genitori. Anche ai vernissage si vedono anziane signore tutte uguali, fanno paura. Le adolescenti identiche fanno ancora più paura. Scrive Susanna Nicchiarelli, la regista di Cosmonauta: «Quando mi hanno premiato a Venezia mi vergognavo perché non avevo niente da mettermi. È stato un momento: io sto bene perché mi metto quel che mi pare». Ribellarsi fa bene, abbiamo scritto ad agosto inaugurando una lunga serie di interventi sul tema – i temi – che in volo passiamo in rassegna qui. Sul corpo delle donne si sono scritte le leggi peggiori degli ultimi anni, una donna è diventata il simbolo della libertà di scegliere come vivere, se morire. «Può ancora avere figli», ricordate? In fondo è ancora buona se fa figli. In menopausa le signore non dovrebbero parlare, aggiunge un intellettuale di area. Made in Italy, esportiamo moda.
È di ieri il verdetto di Suzy Menkes, guru mondiale dello stile: «le infauste feste di Berlusconi» hanno influenzato l’alta moda italiana che propone ora lo stile velina, esibizionista e sexy, trasparenze e guepiere da calendario. Menkes sull’Herald Tribune, Vanessa Friedman sul Financial Times: anche l’alta moda in ginocchio dal Sultano, è finita. D’altra parte tutto comincia sempre dai calendari. Se è un buon calendario si nota, puoi diventare qualcuno: una manager, una politica importante. Potere concesso, naturalmente, dal signore che lo offre e lo toglie a suo piacere. Ci vorranno anni ma bisogna cominciare adesso. Dalle bambine, dalle ragazze. Restituire loro quello che abbiamo avuto in dote dalle nonne e dalle madri: la libertà di portare in faccia la propria faccia, di mettere i vestiti che piacciono a chi li indossa, di dire cosa si pensa e non cosa conviene, di credere che la forza delle idee porta più lontano del denaro. Ribellarsi fa bene. È un antidepressivo naturale funziona meglio delle polveri. Costa meno, dura di più, si condivide. Nell’attesa, accende il motore.
L’Unità, 29 settembre 2009