61,1% per Bersani al circolo della Bolognina, dov’era stato Franceschini pochi giorni fa. L’ex ministro ha vinto anche nel circolo Parioli-Salario di Roma, in cui sono iscritti Veltroni, Bettini e Marino. Franceschini è in vantaggio nei congressi di circolo ad Empoli.
Hanno votato in 33 su 49 e l’attuale segretario è al 61,05%, mentre Bersani segue con il 27,5%. E il senatore-chirurgo sbanca Parigi Schiacciante vittoria di Marino al circolo Pd di Parigi. Il senatore-chirurgo ha incassato il 77% dei consensi (40 voti), secondo Bersani con il 17% (9 voti) e Franceschini terzo con 6% (3 voti).
******
DARIO FRANCESCHINI
Si ferma al 37. Ma punta sulle primarie. Campagna incentrata sul rinnovamento. Finora avanti soltanto in Val d’Aosta Sicilia, Friuli e, di poco, nelle Marche. Aveva detto che non si sarebbe candidato al congresso, quando è diventato segretario del Pd. Poi Franceschini si è convinto che il partito non andasse consegnato a «quelli che c’erano prima». Sostiene che «un grande partito rispetta le diversità, non è un partito identitario» e ha impostato la sua candidatura sotto il segno del rinnovamento e in difesa del bipolarismo.
Sapendo di avere contro la stragrande maggioranza degli amministratori e dei gruppi dirigenti locali invita le platee a cui parla a «scegliere liberi perché questa scelta è troppo importante per farla non secondo coscienza ma ascoltando i consigli di qualcuno che conta dentro il partito».
Per ora però soltanto il 37% degli iscritti (grazie agli ultimi congressi è cresciuto di mezzo punto rispetto agli ultimi dati ufficiali) ha votato per lui. Franceschini è in testa in Sicilia (dove ha incassato il sostegno dell’attuale segretario regionale), Valle D’Aosta (che però conta qualche centinaio di iscritti), Friuli Venezia Giulia (grazie anche all’effetto traino di Debora Serracchiani), Marche (poche decine di voti di vantaggio, così com’era fino a pochi giorni fa nel Lazio).
L’attuale segretario è però convinto che alle primarie la partita sia del tutto aperta. Il ragionamento che fa è questo: se alla fine dei congressi di circolo avrà votato il 50% degli 820 mila iscritti (percentuale verosimile) e se anche Bersani dovesse avere un vantaggio di 18 punti percentuali, in valori assoluti significherebbe un distacco di neanche 80 mila voti. Come a dire, nulla in confronto alla platea di almeno due milioni di persone che il Pd conta di accogliere ai gazebo il 25 ottobre.
******
PIERLUIGI BERSANI
Il «bersanese» e quel feeling col territorio. L’uomo delle «lenzuolate» è avanti in 16 regioni. Dall’orgoglio della sinistra agli applausi incassati da Cl. Si è candidato prima ancora che Veltroni si dimettesse, perché la «grandissima cavolata» di non correre alle primarie del 2007 gli era bastata e avanzata. Poi col suo «bersanese» fatto di metafore «che consentono di farti capire da tutti» ha convinto ogni governatore Pd, la maggioranza degli attuali segretari regionali, sindaci, presidenti di provincia e poi il 55,5% degli iscritti che finora hanno votato che sì, «’sta roba qui» che sarebbe il partito si costruisce «a forza di cacciavite», puntando sul «radicamento sul territorio», «tirando fuori un’identità», facendo opposizione «costruendo un’alternativa di governo», iniziando a discutere il tema delle alleanze. Adesso Bersani è in testa in tutte le macroaree: Nord-Ovest (oltre il 50%), Nord-Est (nonostante l’effetto Serracchiani nel Friuli), Centro (tre punti sopra Franceschini), Sud (sta doppiando l’attuale segretario) e Isole (nonostante in Sicilia sia avanti Franceschini). Al netto dei congressi che si svolgono in queste ore (molti circoli votano oggi) l’ex ministro è avanti in 16 regioni (nel Lazio è passato in vantaggio, dopo che il Nazareno ha fornito gli ultimi dati ufficiali) e non è nelle «rosse» che ha incassato il record di consensi.
Bossi ha detto che voterebbe per lui, ed è sopra il 70% in tre regioni del Sud. Non viene dalla tradizione cattolico-democratica, ed è stato applaudito al Meeting di Comunione e liberazione. Frequente assemblee di piccoli imprenditori e anche con loro parla in «bersanese», portando le «lenzuolate» a mo’ di biglietto da visita. Ed è convinto che alle primarie prenderà anche più voti di quelli incassati tra gli iscritti.
******
IGNAZIO MARINO
Il terzo uomo e la variabile «laica». Dal biotestamento, all’ambiente, alle regole. Boom di preferenze nel mondo delle professioni ma anche tra i ferrovieri.Il terzo uomo ha le sembianze di Ignazio Marino: «Poteva esserci anche Topo Gigio dice la voglia di rinnovamento è talmente forte che ci sarebbe comunque stato un buon risultato». Già, perché l’8% dei consensi incassato ai congressi di circolo svolti finora non se l’aspettavano in molti. E ancora meno era prevedibile il 25% a Milano, il 20% a Firenze città e Piacenza città, il 17,6% in Piemonte, il 12% in Lombardia, Friuli, Veneto, Lazio. Il chirurgo ha fatto della laicità e della difesa dei diritti civili le sue bandiere, chiedendo agli altri due candidati un evangelico «che il tuo sì sia sì che il tuo no sia no», cioè posizioni chiare, su temi che vanno dal testamento biologico (appello rivolto soprattutto nei confronti del fronte pro-Franceschini) al nucleare (fronte pro-Bersani).
Sta ottenendo buoni risultati nel Nord e nei centri urbani, fermandosi invece allo zero virgola in molti circoli del sud. «Dove il voto è controllato», denuncia. Date per cause perse la Sicilia e la Calabria, sta mandando rappresentanti di lista in tutti i congressi di circolo che devono ancora svolgersi in Campania. E intanto si prende le sue piccole e grandi soddisfazioni.
Se era quasi scontato il 72,6% ottenuto al circolo della Sanità di Genova, forse meno lo era il 36% preso al circolo Ferrovieri di Roma o il 46,3% al circolo ricercatori dell’Enea di Frascati. Dati che, a suo giudizio, dicono che nel mondo delle professioni la sua candidatura può crescere in maniera sorprendente.
Ovvero, che alle primarie del 25 ottobre non incasserà una percentuale di voti a soltanto
una cifra.
******
“Sì al teleconfronto: ecco come gli staff preparano le mosse”, di Virginia Lori
II dibattito fra i tre candidati alla segreteria allo studio di un comitato paritetico che deve fissare le regole. Vespa e Sky si sono offerte di ospitarlo, silenzio Mediaset. Buona notizia per i cittadini di centrosinistra che hanno a cuore l’esito del congresso e delle primarie di ottobre: il confronto televisivo tra i tre candidati si farà.
Lo aveva chiesto Marino, lo ha poi invocato Franceschini, Bersani è d’accordo. Nulla osta, dunque. Cattiva notizia per i medesimi cittadini: non si sa dove farlo. Si è offerto lesto Bruno Vespa, ma Franceschini ha da poco rifiutato l’ultimo invito (quello che doveva «riparare» il monologo di Berlusconi che inaugurava le casette di Dellai) dicendo che non si sarebbe prestato a «fare da comparsa».
Dunque sarebbe inopportuno, e di certo non gradito agli elettori che hanno applaudito il rifiuto, un ritorno per convenienza a Canossa. Altri spazi Rai capaci di mettere a disposizione in un orario decente un’ora e mezza di trasmissione alle condizioni che vedremo fra poco non sono al momento in palinsesto. Si è sussurrato di un contenitore pomeridiano in fascia postprandiale ma è stato un attimo: servono il pubblico e l’attenzione della sera. Delle reti Mediaset non si parla. La Sette sarebbe disponibile ma ha ascolti modesti, e comunque sarebbe giusto che fosse il servizio pubblico a mettersi a disposizione, si dice laddove se ne parla.
Anche Sky si è fatta avanti. Ipotesi: realizzare il programma sul satellite e mettere a disposizione gratuitamente il segnale per tutte le tv in chiaro. Controdeduzione: chi può garantire che chi prende in segnale non mandi in onda una parte, magari una piccolissima e interessata parte, del confronto? Nessuno. Dunque da capo, la ricerca riparte.
Pessima notizia per i potenziali telespettatori in ignara attesa: bisogna definire le regole del confronto, c’è un comitato. Ci vorrà tempo dunque non potrà essere prima del congresso: semmai fra il congresso e le primarie. Il comitato paritetico incaricato di studiare il caso è composto dagli uomini (e le donne, rare) che coordinano la comunicazione dei tre leader politici: i loro portavoce, i loro capi uffici stampa ed altri consiglieri. Sono appena iniziati i contatti preliminari.
Spunti di lavoro ascoltati sinora: ciascun candidato indica due giornalisti, in totale fanno sei, e se ne estrae a sorte uno. Caso mai una riserva, se servisse. Simile procedura per le domande: se ne indicano una quarantina (ammessi anche i semplici cittadini? I frequentatori dei blog? I lettori dei giornali? Vedremo) e poi se ne estraggono a sorte la metà così nessuno è avvantaggiato dalla prevalenza di temi eventualmente preferiti. E i criteri di replica? Si può intervenire a ribattere? Di questo si discuterà più avanti. Certo, non si può negare che le premesse facciano intravedere un lavoro preparatorio accidentato e faticoso. Conserviamo la fiducia.
Tutti gli articoli da L’Unità del 27.09.09