Chi tifa per il grande centro condanna il partito democratico a una vocazione minoritaria, e a restare all’opposizione per altri trent’anni. Dario Franceschini, ospite del videoforum di Repubblica Tv, archivia il centrosinistra col trattino, contesta D’Alema che parla di spirito anti-italiano in certo antiberlusconismo, e a Bersani manda a dire: a scegliere il segretario saranno le primarie del 25 ottobre, per chi ha paura è troppo tardi.
Ha votato circa il 40% dei circoli, Bersani è in vantaggio in 15 regioni, lei in 5. Secondo D’Alema emerge un chiaro orientamento, e i congressi si fanno per decidere.
«E’ una libera interpretazione. Lo statuto del Pd lo abbiamo votato all’unanimità, anche se forse in quel momento molti erano distratti, e le regole sono chiare: il popolo delle primarie è sovrano e il 25 ottobre sceglierà il nuovo segretario.
Il congresso dell’11 sarà solo il momento in cui i candidati si confronteranno in pubblico.
Tra l’altro, più si va tra gli iscritti, e più si scopre che sono loro i primi a voler allargare il momento della decisione agli elettori».
Sempre D’Alema ha parlato di un antiberlusconismo che sconfina nello spirito anti-italiano. E d’accordo?
«Io penso che serva più opposizione, non meno opposizione. Questo atteggiamento snobista e radical chic in base al quale noi non dovremmo parlare troppo male del governo sennò cadiamo nell’antiberlusconismo non solo non lo capisco, non lo sopporto più. Contrastare il governo sui precari, difendere il Parlamento, la magistratura, la stampa libera è semplicemente il nostro dovere. E la stessa battaglia va fatta sull’informazione, che nasconde la crisi, che costringe i precari della scuola e gli operai delle fabbriche che chiudono a salire sui tetti per farsi vedere. La manifestazione del 3 ottobre serve anche a questo».
Rutelli è in fuga dal Pd per fare il grande Centro con Casini? «Non penso ci sia qualcuno in uscita, ma ho l’impressione che più che termere che qualcuno se ne vada ci sia chi se lo auguri. E che chi dice tutti i giorni ossessivamente che è contro la vocazione maggioritaria, in realtà abbia in mente una vocazione minoritaria che combatterò in ogni modo. Quando si fa capire che non sarebbe poi male se nascesse un partito di centro cui appaltare la conquista dell’elettorato moderato, si rinnega il partito democratico. E poi, se col nostro aiuto quel nuovo centro nascesse rischiamo che si allei con la destra. Cosi noi restiamo all’opposizione per altri trent’anni».
È diventato più netto sui temi della laicità per paura dei consensi che sta raccogliendo Ignazio Marino? «Chi come me viene dal cattolicesimo-democratico sa bene che in uno Stato laico la Chiesa parla liberamente ma non può dire a un parlamentare come votare. Sulle coppie di fatto noi abbiamo una posizione chiara dai tempi dei Dico: è giusto riconoscere a chi convive diritti come quelli di successione o all’assistenza nella malattia.
Quanto al testamento biologico, credo sia sbagliato scontrarsi sbattendosi gli uni con gli altri la verità in faccia. Ma su un caso come quello di Eluana Englaro non ho dubbi: c’è differenza tra farsi morire e lasciarsi morire. Nel secondo caso, non si tratta di eutanasia e a scegliere deve essere il diretto interessato o se non può i suoi familiari e il suo medico».
Il caso delle tangenti nella sanità in Puglia sta scuotendo il partito: c’è una questione morale? «L’errore tragico del centro sinistra di non aver fatto una legge sul conflitto di interessi ha reso sempre più debole il confine tra interesse privato e interesse pubblico.
Ora dobbiamo costruire un sistema di verifica e di controllo che arrivi a individuare i comportamenti sbagliati prima della magistratura.
Ma dire che al nostro interno c’è una questione morale è ingeneroso nei confronti delle migliaia di amministratori che fanno con onestà il loro mestiere».
La Repubblica TV 26.09.09