Sono parole da «vecchio collega» quelle che il presidente della Repubblica ha rivolto ai parlamentari europei appena eletti e ricevuti al Quirinale. Il convinto europeista Napolitano, eletto «a Strasburgo per la prima volta venti anni fa» parla di un impegno da portare avanti con «assiduità e competenza» credendoci davvero e senza «risparmiarsi nell’andare su e giù dall’Italia» non pensando «ad altri obbiettivi e luoghi per il proprio futuro politico». E, nei limiti del possibile, impegnarsi a non far pesare nelle possibili azioni a vantaggio di tutti le «diverse appartenenze politiche» e «contrapposizioni precostituite e rigide».
Per il Capo dello Stato «il parlamento europeo non può essere una cassa di risonanza dei conflitti e delle polemiche politiche che si svolgono nei singoli paesi e per essi nei singoli parlamenti nazionali». Nè quella sede può essere considerata «una sorta di istanza d’appello nei confronti di decisioni dei parlamenti nazionali e di comportamenti di governi nazionali». Per questo «ci sono sedi appropriate in cui possono essere contestate le violazioni delle norme dei Trattati, quelle dei diritti umani, quelli dei valori dell’Unione». E quei luoghi Napolitano li ha elencati: «La Corte di giustizia del Lussemburgo, la Corte di Strasburgo, il Consiglio europeo».
Sedi in cui il dibattito può svolgersi liberamente senza che nessuno abbia mai potuto fin qui affermare che non gli sia stato consentito. L’impegno quotidiano deve essere quello di lavorare sui grandi tempi che, una volta affrontati e risolti, faranno fare passi avanti a quel progetto di un’Europa unita, per cui Altiero Spinelli si spese, e che ora in una fase di «fragilizzazione» del consenso e condizionata ancora dalle vicende dell’approvazione del Trattato di Lisbona, e che non consenti di fare «decisi passi avanti sulla via dell’integrazione». Lavorare, dunque, secondo «un’azione comune» superando «la soglia di persistenti chiusure nazionali e spinte centrifughe».
L’esempio «particolarmente scottante» citato dal presidente è quello dei «limiti che ancora incontra un impegno comune europeo in materia di immigrazione e, su un piano necessariamente distinto, in materia di asilo, garantendo l’inalienabile diritto a chi sia costretto a chiederlo».
Le parole di Napolitano, «sagge» per il presidente del Senato, Schifani, segnano il parlamento europeo come «uno straordinario unicum e un possibile modello nuovo nella storia della democrazia rappresentativa», quindi, un luogo di confronto al di là delle diverse provenienze, hanno suscitato reazioni diverse.
L’invito al dialogo nell’interesse comune e a non esportare le contrapposizioni nazionali, se sono stati apprezzati dai parlamentari Pd che hanno sollecitato a «non strumentalizzare» le parole di Napolitano, e per Casini sono «regole di civiltà», hanno suscitato la reazione dell’Italia dei Valori. Il partito di Di Pietro comprò in luglio pagine di giornali stranieri per «segnalare che la democrazia italiana è in pericolo». Ora il neonorevole De Magistris, sorvolando sull’elenco delle sedi adeguate in cui discutere pur citate dal presidente, ha affermato che «appelli del genere servono ad addormentare le coscienze». Misiti, dello stesso partito: «Parla a titolo personale».
Ai rappresentanti del Popolo della libertà, il partito di Berlusconi, notoriamente poco sensibile all’Europa e protagonista della recente minaccia alla Ue di «bloccare» i lavori solo perché lì erano state espresse perplessità proprio sulla questione dei respingimenti e dell’asilo, ha fornito l’inevitabile interpreatzione di parte…
da www.unita.it