Presidente Berlusconi,
durante il nostro incontro a Palazzo Chigi nel luglio scorso Lei mi disse che si scusava per aver realizzato solo il 3 per cento degli aiuti che Lei stesso promise ai Paesi africani nel 2005. Affermò di essere un uomo politico che mantiene sempre la parola data. E che avrebbe agito di conseguenza per riportare a livello l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Italia.
Presidente, sono passati due mesi dal G8 dell’Aquila, e stiamo ancora aspettando conferme sul Suo essere un uomo di parola. La Finanziaria 2010 è stata approvata da parte del governo da Lei presieduto, e purtroppo non contiene nulla che vada nel senso delle promesse che Lei stesso ha formulato.
Presidente, per portare la Sua credibilità dal 3 al 100 per cento Lei deve rispettare la parola data, a partire da questa Finanziaria. Al fine di raggiungere l’impegno solenne preso in occasione del nostro incontro del 4 luglio, di portare l’aiuto pubblico allo sviluppo allo 0,51 percento del Pil entro il 2013, è necessario che vi sia un aumento di almeno 1 miliardo di euro (di cui 600 milioni di euro a favore dell’Africa) già in questa Finanziaria. Adesso il mondo si aspetta che nel corso del dibattito parlamentare Lei introduca quegli emendamenti necessari ed essenziali perché Lei possa mantenere gli impegni che ha lodevolmente assunto in prima persona.
In occasione del nostro incontro Lei ha mostrato di comprendere la saggezza di investire nella prosperità e nella stabilità di un continente così vicino all’Italia. L’Africa, come Lei ben sa, è duramente colpita da una crisi economica per la quale non ha la benché minima responsabilità, e le cui conseguenze sono sentite in primo luogo dall’Italia, ma malgrado tutto ciò si tratta di un continente denso di potenzialità e opportunità, che potrebbero favorire in primo luogo proprio il Suo paese. Lei parlò anche di dignità umana e della responsabilità che si ha nei confronti di coloro meno fortunati di noi. Lei ha naturalmente ragione, signor Presidente, proprio perché la reale misura della statura individuale di ognuno di noi e delle nostre nazioni si vede nel come sosteniamo i più deboli. Abbiamo ammirato la Sua umiltà nel chiedere scusa per non aver mantenuto gli impegni. Lei ha promesso di non disattendere nuovamente la parola data: restiamo in attesa, signor Presidente, di verificare se la Sua credibilità potrà essere ristabilita, o se invece resterà conosciuto a livello internazionale principalmente come l’uomo la cui parola vale solo una frazione di ciò che dice, il famoso «Signor 3 Percento».
La Stampa, 24.09.09