L’esplosione della crisi finanziaria ha fatto emergere concezioni razziste. Bobbio aveva con grande acume intravisto i sintomi di questa rinascita antidemocratica. Il «come» si risponde all’immigrazione è la misura della moderna democrazia
«Destra e sinistra», il classico di Norberto Bobbio
Quando uscì questo libro, le categorie di “destra” e “sinistra” sembravano anacronistiche. Norberto Bobbio lo scrisse per contestare questa opinione e dimostrare, col suo inconfondibile metodo che combinava esame analitico dei concetti e riferimenti storici, che quella distinzione era invece non solo pertinente ma anche irrinunciabile, soprattutto nelle società democratiche. Di anacronistico c’era semmai l’abitudine a identificare quelle categorie con le ideologie emerse durante la guerra fredda, quando autorevoli studiosi liberali avevano attribuito a destra e sinistra una identica, seppure opposta nei fini, propensione illiberale e totalitaria: nell’un caso per realizzare l’utopia della perfetta libertà e nell’altro per resistere a quell’utopia con determinazione e anche violenza. Bobbio dimostrava con forti e chiari argomenti che anche quando ne fossero state spuntate le ali estreme e radicali, destra e sinistra restavano comunque distinte, significando anzi «contrapposti programmi rispetto a molti problemi» per i quali la politica ordinaria era chiamata a dare risposte e proporre soluzioni.
(…) Ribadita la rilevanza della politica dicotomica, Bobbio proponeva quello che è l’argomento centrale del volume: in una democrazia costituzionale, il discrimine tra destra e sinistra ruota intorno alla questione dell’eguaglianza, non della libertà. Qualora destra e sinistra accettino le regole del giuoco parlamentare e rispettino le libertà costituzionali (qualora cioè si dia confronto politico democratico), l’estensione e l’intensità della libertà si misurano in relazione all’interpretazione dell’eguaglianza, il principio fondamentale dell’ordine democratico. E mentre la destra tende a essere inegualitaria e a proporre o attuare politiche che effettivamente rendono i cittadini meno eguali, la sinistra ha l’eguaglianza come sua stella polare e cerca di promuovere politiche che contrastino le diseguaglianze.
(…) Nell’Italia del presente, l’ideologia di destra parla di eguali ma all’interno di un ordine gerarchico che ha al primo posto la «mono-etnia» (i membri della nazione) prima degli esseri umani, e poi via via, gli “uomini” prima delle “donne”, gli “eterosessuali” prima degli “omosessuali”, i fisicamente normali prima dei disabili; infine, “noi italiani” prima e contro gli “altri”, immigrati o non italiani. È in ragione di questa visione sostanziale di eguaglianza degli eguali che la democrazia viene interpretata da destra, così da coniugarsi a concezioni identitarie forti e chiuse all’universalismo, spesso razziste e violente. È su questo fronte che si misura oggi la differenza tra destra e sinistra. Anche per la sinistra la cittadinanza democratica è un’identità che non include né può includere tutti; però, la sua filosofia ha ben chiaro che le distinzioni politiche all’interno della famiglia umana sono frutto di convenzioni, benché importanti e non rinunciabili; per questo, alla distinzione politica, la sinistra non fa corrispondere una diseguaglianza sostanziale. Ciò comporta ritenere che tutte le persone meritino rispetto, e che essere minoranza culturale o religiosa non debba mai diventare ragione di discriminazione e offesa perché è la legge, il rispetto della legge soltanto che stabilisce il discrimine tra giusto e sbagliato, non l’opinione della maggioranza.
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A quindici anni di distanza, destra e sinistra sono ancora ben riconoscibili, anzi forse lo sono di più, perché ai tradizionali argomenti se n’è nel frattempo aggiunto uno molto controverso, quello relativo all’immigrazione, un tema che nel volgere di pochi anni è diventato una “questione” sociale e di ordine pubblico che mentre può aprire nuovi fronti di discriminazione, rischia anche di oscurare i basilari valori democratici e liberali. Non è azzardato dire che nei paesi europei la rinascita della cultura politica di destra abbia proceduto parallelamente all’incremento dei flussi migratori; l’acutizzarsi della crisi finanziaria globale ha funto da acceleratore della diffusione di concezioni inegualitarie e razziste tra larghe fasce di popolazione, con evidenti rischi per le libertà costituzionali di tutti, anche dei cittadini della stessa nazione. Bobbio aveva con grande acume intravisto i sintomi di questa rinascita antidemocratica, mostrando come le disuguaglianze sociali ed economiche tra le aree del pianeta avrebbero raggiunto proporzioni tali da coinvolgere drammaticamente e direttamente l’Occidente, perché i disperati del mondo avrebbero necessariamente cercato la sopravvivenza laddove c’era più benessere. «Il comunismo è fallito». Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta irrisolta: il “pianeta dei naufraghi” è la nuova realtà di destituzione che nessuna frontiera riuscirà a contenere. «Di fronte a questa realtà, la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l’ideale dell’eguaglianza è sempre stato la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima». La conclusione di Bobbio era pessimista e molto lucida (pessimista perché lucida). Dopo alcuni decenni di crescita economica e di consolidamento della democrazia, i paesi del primo mondo l’Italia in modo emblematico assistono a un arretramento sia sul piano del benessere che su quello delle promesse democratiche. Non soltanto perché aumentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri all’ interno della stessa nazione di cittadini, con il decurtamento dei servizi sociali, delle opportunità culturali e soprattutto dei diritti associati al lavoro, ma anche a causa di un evidente restringimento delle libertà civili primarie, esito fatale della recrudescenza dell’ideologia razzista e xenofoba. Se la rinascita della civiltà europea nel secondo dopoguerra era stata accompagnata da un arretramento ideologico e politico delle tre principali ragioni di diseguaglianza «la classe, la razza e il sesso» il ritorno prepotente dell’ ideologia della destra in questi ultimi anni ha invertito quella tendenza. Le nostre società sono diventate più polarizzate e quindi più diseguali in tutti e tre i domini di relazioni sociali che classe, razza e sesso designano: la povertà ha avuto addirittura un riconoscimento legale con l’istituzione della “social card” (una vera e propria tessera di povertà), un arretramento evidente rispetto all’idea di cittadinanza sociale; il razzismo ha avuto pieno riconoscimento con l’istituzione della legge sull’immigrazione clandestina e delle “ronde” formate da cittadini ordinari con compiti di sorveglianza mirata rispetto alla presenza di immigrati; la discriminazione sessuale ha registrato un’impennata altrettanto evidente con le testimonianze ininterrotte di violenze sulle donne, abuso della loro dignità e del loro corpo, usato come merce di scambio per l’acquisizione di beni come il lavoro o la carriera. Bobbio parlava a ragione di un «grandioso movimento storico» di destra, un fenomeno che poteva essere valutato nelle sue conseguenze solo qualora lo si fosse confrontato con altri periodi storici del passato e giudicato alla luce dei principi democratici dell’eguale libertà contenuti nelle costituzioni democratiche. Rispetto a questo fenomeno egemonico, due sono i rischi di fronte ai quali si trova la sinistra: quello di abbracciare un fastidioso moralismo ovvero di radicalizzare le proprie posizioni; e quello di imboccare la strada compromissoria o dell’accomodamento con la cultura dominante della destra abbandonando la propria specificità ideale. Averne consapevolezza è un punto di partenza imprescindibile. Dopodiché, uno spiraglio di ottimismo ci viene dalla certezza che «l’ umanità non è giunta affatto alla fine della storia, ma è forse soltanto al principio». A titolo “provocatorio” lo aveva detto il pessimista Bobbio nel 1998. Dopo oltre dieci anni quella provocazione suona come la più ragionevole certezza della persistenza della diade destra e sinistra.