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Dai giornali di oggi sulla scuola

“Stranieri in classe: Gelmini: tetto al 30%”, di Flavia Amabile
E’ stato un primo giorno di scuola difficile per il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, costretta a scegliere un carcere minorile per il suo saluto agli studenti, un luogo chiuso, sicuro, lontano dalle proteste che divampano in tutt’Italia.
Ma è nel pomeriggio che appare evidente la forza dello scontro in atto. «La Gelmini a questa riforma sta dando solamente il nome e la faccia – si legge in un forum di discussione sul sito internet www.comedonchisciotte.org – in realtà, l’artefice dietro le quinte di essa, il puparo, è l’ebreo Giorgio Israel. Come lo era Biagi, il riformatore della legge del lavoro, come lo è quel nano malefico di Brunetta». Non è un messaggio di dissenso qualsiasi, avverte il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. C’è un paragone che contiene «una sorta di implicita minaccia», spiega il ministro che mette in guardia i contestatori della riforma: «Le parole sono pietre e possono ancora una volta determinare il clima nel quale qualcuno può rinnovare la follia del lungo terrorismo ideologico italiano».
«In questo paese c’è una dose di violenza politica che fa spavento», commenta Israel. «Quello che mi colpisce è che noi come commissione non ci siamo mai occupati del precariato, nè tanto meno del reclutamento dei docenti, ma soltanto della formazione iniziale». Il ministro Gelmini ha espresso solidarietà a Giorgio Israel: «È inaccettabile che una persona che ha contribuito con il suo impegno e con la sua onestà intellettuale alla riforma della formazione iniziale degli insegnanti debba temere ora per la sua incolumità».
Clima incandescente già al mattino, quando il ministro se la prende con i professori che non applicano la riforma. «Criticare è legittimo ma comportarsi così significa far politica a scuola e questo non è corretto. Se un insegnante vuol far politica deve uscire dalla scuola e farsi eleggere», dice. Annuncia il tetto del 30% alla presenza di alunni stranieri nelle scuole e quando arriva a Nisida, isola nel golfo di Napoli, una cinquantina di persone bloccano l’imbocco del pontile in pietra che collega il quartiere di Bagnoli a Nisida. Nessuno può passare, sperano. In realtà il ministro arriva e riparte da mare.
Ma a quel punto la polemica è ormai avviata. Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione Istruzione alla Camera: «Il messaggio è chiaro – afferma – ed è identico a quello che compariva nei locali pubblici durante il Ventennio fascista, quando gli esercenti erano obbligati ad attaccare un cartello con scritto “Qui non si fa politica”». Dello stesso tenore il commento di Rosy Bindi: «Le scuole italiane non sono caserme come al tempo del fascismo e il ministro non può minacciare nessuno». Con il ministro si schiera la Lega Nord: «La scuola – chiede la senatrice Irene Aderenti – non diventi il campo di battaglia della politica e ha fatto bene a ribadirlo».
Comunque sia, almeno cinque milioni di alunni sono tornati tra i banchi. A Roma gli allievi del liceo scientifico Newton in viale Manzoni, noncuranti del divieto di baciarsi anti-contagio dell’influenza A, si sono salutati abbracciandosi e baciandosi. Ma il preside del liceo ha rincarato la dose, ricordando che per combattere l’influenza A sono necessari fondi.
Il primo giorno ha visto anche comparire nei pressi di diverse scuole superiori romane, manifesti con su scritto: «Il preservativo ti tutela dalle malattie sessualmente trasmissibili e dalle gravidanze indesiderate». I manifesti sono firmati dal gruppo di Sinistra e Libertà della Provincia di Roma che prima dell’estate aveva fatto approvare l’introduzione nelle scuole di macchinette per la distribuzione dei preservativi.
La Stampa 15.09.09

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“Scuola, è bufera sulla Gelmini”, di Mario Reggio
«A scuola non si fa politica. Presidi e insegnanti che criticano la riforma si dimettano e si facciano eleggere». Mariastella Gelmini apre così l´inizio del nuovo anno scolastico ribadendo quanto già detto al Corriere della Sera. Ma non basta. «Dal prossimo anno scolastico gli studenti extracomunitari nelle classi non potranno superare il 30 per cento». E non perde l´occasione per cogliere un´appetitosa chance offerta da un «cretino» che ha spedito un messaggio al sito internet www.comedonchisciotte.org: «La Gelmini ci ha messo la faccia ma il vero artefice della riforma è il professor George Israel, ebreo come lo era Biagi». I ministri Gelmini e Sacconi hanno subito giudicato il messaggio come un invito ai terroristi a regolarsi di conseguenza. Peccato che lo staff del ministro Gelmini si sia basato sulle agenzie senza neanche visitare il sito. Critico Benedetto Vertecchi, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Roma Tre. «Non capisco bene – dice – cosa intenda il ministro». L´educazione «è anche un´attività che ha una connotazione politica» e del resto «sia prima del fascismo sia dopo il fascismo la scuola ha espresso in larga parte orientamenti critici nei confronti dei governi in carica». Dura la reazione alle parole del ministro di Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd in commissione istruzione alla Camera: «Il messaggio è chiaro – afferma – ed è identico a quello che compariva nei locali pubblici durante il ventennio fascista, quando gli esercenti erano obbligati ad attaccare un cartello con scritto ‘qui non si fa politica´». Rincara la dose Rosy Bindi: «Le scuole italiane non sono caserme come al tempo del fascismo e il ministro non può minacciare nessuno. Il maestro unico era o no una libera scelta delle famiglie? La Gelmini cerchi di capire perché la stragrande maggioranza ha scartato questa possibilità, scegliendo il modulo o il tempo pieno, senza attribuire agli insegnati e ai dirigenti scolastici la colpa del caos in cui si trovano migliaia di istituti».
«La verità – aggiunge – è che la pseudoriforma della destra è stata un trucco per ridurre l´offerta formativa, coprire pesanti tagli al personale e azzerare l´autonomia scolastica. Il fallimento del governo è sotto gli occhi di tutti. Ed è penoso sentire un ministro che nel primo giorno di scuola anziché spiegare a famiglie e docenti come intende assicurare un sereno anno scolastico si lancia in aut aut da regime. Con la stessa tecnica di Brunetta, anche la Gelmini denigrando gli insegnanti vuole colpire e denigrare il sistema dei servizi pubblici». L´Idv con Silvana Mura accusa la titolare dell´istruzione di «demonizzare ogni forma di dissenso». Per il leader del Prc Paolo Ferrero il ministro chiede «un giuramento di fede e sottomissione politica come quello che il regime fascista impose ai professori universitari». Con il ministro si schiera la Lega Nord: «La scuola – chiede la senatrice Irene Aderenti – non diventi il campo di battaglia della politica e ha fatto bene a ribadirlo. Del resto lo stesso ministro lo aveva già indicato l´anno scorso, quando in commissione al Senato, aveva esplicitato la sua linea d´azione sulla scuola».
La Repubblica 15.09.09

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“La scuola nella bufera”, di Bruno Lugaro
È cominciato male l’anno scolastico 2009-2010. Precari scatenati in tutta Italia: scioperi della fame, occupazioni, sit-in, ricorsi al Tar. E poi aule sovraffollate, classi “ghetto” e la minaccia incombente dell’influenza A che la scuola non sa ancora bene come affrontare. Una miscela esplosiva che ha convinto il ministro Mariastella Gelmini a scegliere una location inusuale e “blindata” per salutare l’avvio delle lezioni.
L’isolotto di Nisida, ospita il carcere minorile di Napoli. Il ministro lo raggiunge via mare perché una cinquantina tra precari e genitori hanno nel frattempo bloccato l’unica via di comunicazione stradale. Evita la contestazione diretta, ma non gli strali dei manifestanti: «Teme il confronto», «Viene di nascosto perché non sa gestire il dissenso» gridano prof e genitori.
Di buon mattino, dagli schermi di Canale 5, la Gelmini getta benzina sul fuoco con una serie di considerazioni per nulla accomodanti. Suonano così: «Insegnanti e presidi che vogliono fare politica lascino la scuola»; «i precari, che stiamo aiutando con i cosiddetti contratti di disponibilità, sappiano che la loro condizione affonda le radici nel passato e non è imputabile a questo governo». E ancora: «Sui tagli agli insegnanti di sostegno la sinistra fa disinformazione». Tre bordate, una dietro l’altra, ma anche la conferma di voler mettere un tetto del 30% alla presenza degli alunni stranieri in classe e la ribadita convinzione che l’ora di religione debba avere la stessa dignità delle altre materie.
Poche ore più tardi il ministro spiega la ragione della visita al carcere minorile: annunciare lo stanziamento di 1,5 milioni di euro per rifinanziare il progetto “LeAli del futuro”, volto a potenziare l’offerta formativa per gli studenti presenti negli istituti penitenziari e a prevenire la dispersione scolastica. Applausi, ringraziamenti. Sull’isolotto la Gelmini ha persino il tempo per emozionarsi di fronte ai lavori di ceramica dei piccoli reclusi.
Ma sulla terraferma l’attende il fuoco incrociato dei precari e degli avversari politici. «La scuola è un luogo che va rispettato e non può ospitare dispute e conflittualità politiche; si può discutere su qualsiasi cosa, ma una volta che un provvedimento è diventato legge va rispettato» dice il ministro. La replica del Pd non si fa attendere: «Con la stessa tecnica di Brunetta, anche la Gelmini denigrando gli insegnanti vuole colpire e denigrare il sistema dei servizi pubblici», commentato Rosy Bindi. Di «inaccettabile nostalgia del Ventennio» parla invece la capogruppo in commissione Istruzione alla Camera Manuela Ghizzoni, che aggiunge: «Non c’è quasi città in cui non vi sia una protesta di piazza, e tutto quello che il ministro Gelmini riesce a fare è provare a intimidire gli insegnanti».
Passa all’attacco anche il Codacons che ieri ha annunciato i primi ricorsi dei precari (un centinaio) al Tar del Lazio contro i tagli dei posti di lavoro. La battaglia è appena cominciata.
Bruno Lugaro
Il secolo XIX 15.09.09

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“Campanella avvelenata”, di Stefano Milani
Gelmini show per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Inizia attaccando i professori «troppo politicizzati», poi ammonisce la sinistra («ha terrorizzato per mesi le famiglie») ed infine conferma il limite massimo del 30% per classe di ragazzi non italiani. Il Pd: «Inaccettabile nostalgia del ventennio». In tutta Italia si moltiplicano le mobilitazioni di docenti precari e studenti
I docenti precari sono da settimane in mobilitazione ma per lei le emergenze della scuola sono altre. Due in particolare: la politica in cattedra e i troppi stranieri sui banchi. La prima campanella del ministro Gelmini suona come una sirena, un allarme. «Esiste all’interno della scuola una minoranza di dirigenti e di insegnanti che confonde la scuola con l’agone politico», tuona la titolare del Miur domenica in un’intervista al Corsera e ieri durante un soliloquio telefonico di oltre un’ora su Canale 5 dal fido Belpietro. È legittimo avere posizioni politiche, però queste vanno espresse «nelle sedi opportune»: la scuola è «un’istituzione e in quanto tale va rispettata». Nella scuola, dice il ministro, si «applicano le riforme e non si fa politica». La prende larga per arrivare al dunque: troppe le manifestazioni in giro per l’Italia, così «la sinistra terrorizza le famiglie».
Poi si passa ad un terrore tutto suo. Quello di vedere, in un domani più o meno prossimo, classi invase da facce nere, occhi a mandorla e accenti strani. «In alcune scuole – fa presente il ministro con tono di meraviglia – la presenza degli immigrati sfiora il 100 per cento. Queste non sono le condizioni adatte per favorire l’integrazione». Per debellare il «fenomeno» bisogna intervenire prima che sia troppo tardi. E allora le ingegnosi menti ministeriali sono già al lavoro per studiare dei palliativi. Si parte da un tetto massimo consentito di stranieri. Il 30 per cento, non uno in più per classe così da «favorire le condizioni migliori per l’integrazione». Chi rientra nella soglia però mica può passarla liscia così. No, deve seguire pure una nuova materia ad hoc: educazione alla cittadinanza e costituzione. Così da apprendere «i principi basilari del vivere civile». Sui corsi di idiomi e culture locali c’è da attendere ancora un po’, il tempo che Lega torna alla carica portando la pistola alla tempia del governo: o il dialetto o le urne!
Poi anche sulla carenza di fondi lamentata dalle scuole, il ministro risponde che «è una polemica che non sta in piedi, conosciamo tutti le condizioni restrittive imposte dalla crisi e dal bilancio dello stato. Non si può usare l’assenza di risorse per non applicare le riforme». Segue la minaccia: il ministero sta «costituendo un nucleo di valutazione di attuazione delle riforme» per controllare che siano realmente applicate. Ma tra gli obiettivi di viale Trastevere c’è anche una riduzione della mobilità degli insegnanti. «Va a danno degli studenti e della qualità della scuola. Per questo stiamo lavorando per fare in modo che i dirigenti scolastici abbiano la facoltà di mantenere gli insegnanti nello stesso istituto e nella stessa classe per almeno un biennio». Questo parole, i fatti dicono (fonte del notiziario specializzato Tuttoscuola) altro. Dicono che quest’anno saranno oltre 180mila gli insegnanti che cambieranno sede. Di questi, solo 70mila lo faranno per scelta, mentre gli altri vi saranno costretti perché, in quanto precari, vengono nominati di anno in anno su sedi diverse.
Com’era prevedibile, le parole del ministro Gelmini hanno suscitato un’immediata levata di scudi da parte dell’opposizione, Pd in testa. «Con la stessa tecnica di Brunetta, anche la Gelmini denigrando gli insegnanti vuole colpire e denigrare il sistema dei servizi pubblici», ha commentato Rosy Bindi. Di «inaccettabile nostalgia del Ventennio» ha parlato la capogruppo in commissione Istruzione alla Camera Manuela Ghizzoni. «Non c’è quasi città in cui oggi non vi sia una protesta di piazza, e tutto quello che il ministro riesce a fare è provare a intimidire gli insegnanti» ha chiosato Mariangela Bastico. Critiche piovono anche dal centro. L’anno scolastico si apre all’insegna «dell’incertezza più totale, il ministro lasci perdere i professori politicizzati e si concentri sui problemi reali che affliggono la scuola», dice il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. «Allibiti» anche gli studenti dalle «nuove sparate» del ministro che non aiutano certo a rasserenare il clima, già piuttosto incandescente.
Il Manifesto 15.09.09

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“Sono preside e continuerò la militanza”, dall’inviato del Corriere della Sera
BOLOGNA — È preside, fa politica con il Pd e non è affatto tenera con la riforma della scuola. Ma non le passa nemmeno per l’anticamera del cervello di lasciare il suo lavoro e, anzi, assicura con tono battagliero: «Nessuno si sognerà mai di chiedermelo».
Quando Daniela Turci, 49 anni, da 10 a capo di un circolo scolastico che riunisce a Bologna 5 istituti e 900 alunni, ha letto del monito-diktat della Gelmini («Via dalla scuola i prof che fanno politica») non si è impressionata: perché lei quelle parole le aveva già sentite pronunciare dal ministro a fine agosto quando, messa sotto accusa da alcuni parlamentari del Pdl per aver criticato parte della riforma e ripresa anche dai vertici dell’Ufficio scolastico regionale, aveva incassato il sostegno del Pd e del sindaco Flavio Delbono, incappando però nella censura della stessa Gelmini: «Non si può fare politica a scuola» disse nel pieno della polemica il ministro. Seguirono minacce di querela, qualcuno addirittura ipotizzò che per la Turci fosse la fine di una carriera. E invece? «E invece sono ancora qui e ci resterò» risponde con tono pacato dal suo banco di consigliere comunale a Bologna per il Pd, lei che la politica ce l’ha nel sangue: ulivista, poi l’Asinello, la Margherita, consigliere provinciale, responsabile della scuola per il Pd. Una sfida alla Gelmini?
«Ma figuriamoci! La sua è un’opinione personale e legittima, ma visto che per legge non esiste alcuna incompatibilità tra il ruolo di docente e quello di consigliere comunale, continuerò a comportarmi come sempre…». E cioè?
«Leale sul posto di lavoro, puntigliosa nell’applicare la riforma, ma altrettanto puntigliosa nell’esprimere le mie opinioni così come prevede l’articolo 21 della Costituzione». Non cerca rogne la preside Turci, ma non intende indietreggiare: «Ognuno mantiene le sue opinioni. Vogliono zittirci?
Facciano una legge, se ci riescono… » .
Corriere della Sera 15.09.09