Colpisce la pervicacia con la quale il Ministro dell’istruzione mostra di non capire quali sono le reali condizioni della nostra scuola, posta tra il profondo disagio vissuto da molti insegnanti (e non solo i precari rimasti senza lavoro), la mancata risposte alle aspettative dei genitori, la precarietà che molti istituti devono gestire dall’assistenza ai ragazzi disabili all’assenza di risorse per le supplenze e il quotidiano funzionamento.
Tant’è, nell’ultimo anno le parole del Ministro (e dell’Esecutivo in generale) verso la scuola sono state di disistima, ostilità, negazione di quanto si è cercato di fare in tutti questi anni, in condizioni spesso difficili. E meno male che la scuola “vera”, quella che apre in questi giorni ed è costituita da 42.000 istituti che rappresentano una grande risorsa per la nostra società e per i nostri ragazzi, continuerà a funzionare “nonostante” i cambiamenti frettolosi, non discussi, imposti da un Governo che non sa esprimere un gesto di fiducia nei confronti degli insegnanti e della loro funzione. Cambiamenti prescritti con ripetuti decreti-legge e voti di fiducia, senza confronto alcuno con la scuola, la società civile e le forze di opposizione.
Prendiamo come esempio la scuola primaria, punto di forza del nostro sistema educativo, come attestato dai risultati internazionali e dal consenso dei genitori.
Perché il ministro ha sbandierato l’andamento delle iscrizioni e delle scelte dei genitori come prova della bontà delle decisioni prese dal governo? Vale la pena ricordare alcuni dati.
L’unico modello educativo prefigurato dal cosiddetto decreto legge sul maestro unico (il D.L. 137/08 convertito in legge 169/08), è la settimana di 24 ore, con un solo insegnante. Gli altri modelli (27, 30, 40 ore) nel decreto non sono nemmeno citati, ma hanno ugualmente subito un colpo gravissimo alla qualità della propria offerta formativa per l’abolizione delle compresenze e l’imposizione di un “maestro prevalente”, inserite di soppiatto solo successivamente in regolamenti e circolari attrattive.
In questi stessi atti amministrativi, il ministro ha definito che avrebbe assicurato alle scuole gli insegnanti per sole 27 ore, a prescindere dalle effettive richieste delle famiglie, sbandierate nel decreto 137 come criterio per l’attribuzione degli organici alle scuole. Le famiglie hanno espresso le proprie opzioni sul modello educativo ma il Ministero si è ben guardato dal soddisfarne le istanze.
La richiesta di tempo pieno da parte delle famiglie è risultata in aumento. E’ tutto da verificare che sia stata, anche se solo parzialmente, soddisfatta come annunciano gli spot ministeriali. Ciò perché le classi funzionanti a 40 ore settimanali, come classificano i tabulati regionali sull’organico di diritto, non necessariamente sono quelle a tempo pieno con la mensa, seppur impoverite dalla eliminazione delle compresenze. Ricordiamoci che i TEAM composti da 28 a 39 ore, che ora non esistono, più raggiungevano negli scorsi anni percentuali molto alte del’70% a livello nazionale del 87% nel sud e nelle isole. Quante classi con 40 ore settimanali di lezione accorpate alla meglio, e specie nel Sud frequentate con il “panino”, vengono ora spacciate per tempo pieno? Anche per il modello delle 30 ore, accompagnato da rientri pomeridiani, servizi di mensa, interscuola (tutte esigenze non contemplate dai regolamenti del MIUR) si è verificato un incremento sensibile di domanda.
L’opzione a 24 ore è stata scelta solo dal 3% dei genitori!
La vera verifica la faremo fra qualche giorno scuola per scuola sull’organico di fatto!
Abbia quindi l’onestà di riconoscere, la Gelmini, che il modello imposto alla scuola elementare italiana è stato respinto dal 97% dei genitori, che – tra l’altro – ora non trovano in classe quanto era stato promesso.
Che dire, poi, dell’insegnante-unico! Studiato su misura per una scuola anni ’50, con 24 ore al mattino tutto-compreso, non è compatibile con modelli più estesi, anche solo di 27 e 30 ore, perché occorre comunque sempre completare un team di docenti per far funzionare una classe, cercando di evitare la girandola di insegnanti. Era il team docente che assicurava unitarietà, condivisione, pari responsabilità dei docenti. Il teorema del “maestro-unico” non regge nemmeno di fronte a due modelli organizzativi di successo (i due insegnanti per la classe a tempo pieno, i due insegnanti in ogni sezione di scuola dell’infanzia), che i genitori chiedono con insistenza e che mal si conciliano con l’enfasi sulla “unica” figura di riferimento. Ciò che va bene nel tempo pieno e nella scuola dell’infanzia, perché improvvisamente non è ammesso nella scuola delle 27-30 ore? Lo stesso recente “Atto di indirizzo” lo dice chiaramente, riconoscendo alle scuole la necessaria autonomia organizzativa anche nelle forme di impiego dei docenti (art. 5 del Dpr 275/99), che devono essere coerenti con la pluralità di modelli orari possibili.
Caro Ministro, sia coerente con se stessa: nell’atto di indirizzo da lei firmato, lei scrive che non esiste “una verità pedagogica obbligatoria”! Ne prenda atto, smetta di seguire i consigli di cattivi “opinionisti”, e consenta alle scuole di poter realizzare una scuola migliore, ripensi a fondo alle sue scelte, modifichi i provvedimenti, metta a disposizione le necessarie risorse, dia un segnale forte di amicizia alla scuola ed ai suoi insegnanti.
da retescuole.net
Pubblicato il 14 Settembre 2009
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