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“Docenti senza contratto, un’Onda in tutt’Italia”, di Maristella Iervasi

La protesta dei docenti precari sta dilangando come un’Onda in tutt’Italia. Il provvedimento varato nell’ultimo Consiglio dei ministri per 13mila persone è stato rimandato al mittente dai 25mila insegnanti che sono rimasti senza lavoro e stipendio per via dei pesanti tagli all’Istruzione: “No ai contratti di disponibilità. No alla guerra tra poveri”. La Flc-Cgil si è incatenata con chi è “rimasto in mutande” sotto il ministero di viale Trastevere. La Gilda dell’insegnante protesterà con un presidio di due giorni in piazza Venezia. E c’è di più. Da Milano alla Sardegna continuano le occupazioni e i sit-in sotto i provveditorati e i governatori regionali. Il tutto mentre oltre sei milioni di studenti tra lunedì e martedì torneranno a scuola. Un avvio scolastico davvero incandescente. L’Unicobas ha indetto uno sciopero per il 9 ottobre. Il sindacato Flc-Cgil potrebbe proclamarlo in seguito.
Chi è già in entrato in classe non l’ha trovata più la stessa. Ha dovuto fare i conti con una scuola devastata dai pesanti tagli al personale: 42.100 insegnanti in meno da subito. Stessa cosa per 15 mila Ata (di cui 10mila bidelli). Una mannaia sull’istruzione lungua un triennio. Il risparmio complessivo a cui Tremonti tiene come l’osso è di 87mila docenti e 44mila Ata. Nei prossimi due anni la scuola perderà altri 20mila docenti e 15mila Ata. E studenti e famiglie proprio in questi giorni stanno toccando con mano l’aria che tira. Il tempo pieno laddovè è sopravvissuto è stato devastato dallo spezzatino orario. Le classi delle superiori si sono trasformate in pollai: affollattissime come non mai e magari anche con più alunni con disabilità. Alle elementari sono state spazzate via le compresenze per far posto al maestro unico prevalente della Gelmini che solo l’11% delle famiglie italiane ha accolto con favore. E non consolano di certo gli ultimi annunci della ministra unica dell’Istruzione: “pagelle on line e assenze dei figli comunicati ai genitori per sms”.
Il caos e la confusione la fanno da padrone in tutti gli istituti. E il calendario delle mobilitazioni per difendere la scuola pubblica di qualità si mette in moto. A Bologna l’assemblea di genitori e insegnanti ha optato per la “manifestazione infinita”. Si comincerà lunedì con un corteo fin sotto le finestre dell’Ufficio scolastico regionale. Una protesta no-stop per chiedere di riavere le cattedre e le ore di scuola tagliate. All’indomani, la manifestazione dei docenti “tagliati” vestiti da fantasmi sotto le scuole proprio (per il capoluogo emiliano è martedì il primo giorno di scuola), e così di seguito fino alla Notte Bianca dei precari di venerdì 18. A Roma i comitati dopo essere scesi dai tetti dell’Usr hanno messo le tende in viale Trastevere. A Sassari blocchi volanti del traffico e volantinaggio. Da Venezia a Salerno, fino alla Sicilia si moltiplicano le proteste e i volonatinaggi anti-Gelmini. E intanto a Pordenone scatta la protesta delle mamme contro i “grembiulini”. La preside della media “Centro storico” ha imposto una divisa disegnata dalla scuola: felpa blu con logo della scuola disegnato sul dorso e polo bianca. Peggio è andata ad un ragazzo iscritto al quarto anno al quarto anno del corso per tecnici elettrici ad Ancona, presso l’Ipsia Calzechi-Onesti: Michele l’altro giorno ha ricevuto una telefonata dalla scuola che gli ha comunicato la soppressione della classe e la possibilità di iscriversi presso altri istituti di Osimo o Senigallia.
L’unità, 12.09.09

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Il maestro unico? Un successo , lo garantisce la Gelmini

Il maestro unico? Un successo. Lo garantisce Mariastella Gelmini: l’introduzione dell’insegnante prevalente alle elementari ha assicurato il tempo pieno a cinquantamila bambini in più rispetto allo scorso anno. «Il disastro che la sinistra prevedeva non si è dunque verificato», commenta la contestata ministra. Questi i numeri forniti da viale Trastevere: l’abolizione delle compresenze ha permesso l’attivazione di 2.191 classi a tempo pieno, ovvero un aumento del 2% netto. Alle famiglie era stato chiesto di scegliere il modello orario, il 30,4% preferisce le 40 ore settimanali, il 58,6% le trenta ore e soltanto l’11% le ventisette e ventiquattro ore. Per il Partito democratico sono soltanto «bugie».
«A scuola il tempo pieno non esiste più» sbotta l’ex ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni (Pd): «E’ iniziata l’era del doposcuola». Sotto accusa lo spezzettamento delle ore che compongono il dopo pranzo, ottenute con un patchwork di insegnanti e che, secondo maestri e sindacati, non offrono continuità didattica. Il Pd non dà tregua: «Gelmini ha negato la clamorosa bocciatura del maestro unico espressa dalle famiglie con la quasi totale scelta di modelli superiori alle 24 ore».
Le polemiche non si placano nemmeno per la presa di posizione della ministra sull’ora di religione, posizione naturalmente a favore del Vaticano che mercoledì ha ricordato come l’insegnamento della fede cattolica nelle scuole non va confusa con l’insegnamento delle religioni tout court. E dunque l’ora di religione deve diventare un’ora consacrata allo studio della fede prevalente in Italia, con le stesse prerogative delle altre materie: assegnazione dei crediti e coinvolgimenti degli insegnanti di religione nei consigli di classe. Per Gelmini «farla diventare un’ora in cui si insegnano altre religioni in maniera paritetica non è corretto».
La Cgil scuola reagisce con durezza: «Non è accettabile la richiesta di piegare alle ragioni assolute di una componente della società italiana, servizi, istituzioni e leggi che devono tutelare i diritti di tutti. Nel nostro paese la Chiesa cattolica gode già di numerosi privilegi, molti dei quali andrebbero per lo meno ridiscussi».

Liberazione, 12.09.09

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L’accampamento di viale Trastevere presidio dell’istruzione

Cesare lo chiamano «il burino» perché ha conservato lo stesso accento umbro che aveva 55 anni fa, quando arrivò a Roma. Oradi anni ne ha77 e non è uno che si lamenta: «Io prendo 600 euro di pensione (anche perché mi hanno rubato 10 anni di marchette) e mia moglie ne prende 400. Ma me la passo bene, non mi manca niente ». «Non ti manca niente perché c’hai la casa tua», replica il collega di bocciofila, al centro anziani di viale Trastevere, davanti al ministero dell’Istruzione. «La casa ce l’ho perché 55 anni fa è stata la prima cosa a cui ho pensato. Io facevo il muratore, non mi compravo né vestiti né niente». Cesarenonsi lamentamaè preoccupato. Lo dice guardando ai precari accampati a pochi metri sotto i cartelli che denunciano i 40mila tagli nella scuola: «Ci sono troppi disoccupati, non si può andare avanti così ». E poi, dà manforte l’amico «nella scuola ormai tutto costa troppo, le tasse sono aumentate e i professori diminuiti». «Mio nipote – racconta Cesare – ha fatto quattro anni al Kennedy e per il quinto lo hanno spostato in un’altra scuola. Oltre ai problemi di ambientamento ha dovuto cambiare tutti i libri». «Quelli – aggiunge indicando il ministero di Maria Stella Gelmini – non ci pensano perché con i loro stipendi non hanno di questi problemi ». Sotto la tenda dei precari arriva Alfonso, si presenta come «precario comunale » e riconosce subito l’accento palermitano. «Io sono carrapipano», dice con orgoglio. Le maestre palermitane scoppiano a ridere: «Noi lo diciamoper scherzo, mi mandano a Carrapipa. Ma esiste davvero?». Carrapipa esiste ed è in provincia di Enna. Da Wikipedia: «Il vero nome è Caropepe Valguarnera ma in siciliano si dice Carrapipi». «Quann eru nicu mè patri dicìa sempri “E unni è? a Càrupipi?” pè pallari di cosi luntani o inaccessibbili». Alfonso è segretario in una scuola d’arte del comune di Roma, a pochi passi. La sua solidarietà si manifesta così: «Se avete bisogno del bagno venite pure da noi, la scuola è aperta fino alle sette». In Sicilia sono stati tagliati7000 posti di lavoro nelle scuole di ogni ordine e grado di cui 2000 a Palermo e 1500 a Catania. In maggioranza donne in una regione dove il 60% delle donne non lavora. Antonella Trupia ha 41 anni lavora nella primaria dal 1995 (dieci gli anni interi). Si definisce «tagliata dal governo, licenziata dallo Stato». Era iscritta alla Cisl ora è iscritta alla Cgil: «Non mi sento rappresentata dalla Cisl nazionale che ha firmato con la Uil l’elemosina della “chiamata a disposizione”». «A livello locale – aggiunge – la Cisl funziona e a Palermo ha occupato il provveditorato insieme a Cgil e Snals». Carmela ha 48 anni e due figli. Ha lavorato prima nelle scuole private,mal’hanno mandata via quando si è sposata, e poi nella scuola pubblica. «Il problema non è solo la difficoltà di trovare un altro lavoro. È che noi abbiamo dedicato la vita a questo: abilitazione, aggiornamenti, studio quando siamo passati ai moduli, aboliti in sette minuti». Manuela è di Reggio Calabria ma lavora (lavorava?) a Roma: «Noi giovani ci siamo formati sui moduli ed è stata una grande formazione. Si parla tanto di fannullonimanel lavoro in equipe è più difficile che ci sia chi nonlavora, perché le sue mancanze ricadono sugli altri». Ora invece, rincara Francesco Cori, romano, «siamo all’assistenzialismo della ciamata a disposizione ». Ovvero: Inps e regione pagano la disoccupazione e tu stai a casa. Ma se ti chiamano a tappare un buco devi correre ovunque, pena la perdita dell’assegno. La coda. Funziona così: l’insegnante fa domanda in tre province oltre a quella di provenienza. Ma, lontano da casa, non vale la graduatoria, finisci in coda. Quest’anno di immissioni in ruolo ce n’è qualcuna al nord. Al sud nessuna. A Catania, per esempio, zero. È così che dal sud si parte per il nord. In coda. Nel 150° dell’Italia unita, di cui la scuola è stata tanta parte.

L’Unità, 12 Settembre 2009