Non è chiaro chi uscirà vincitore dalla complessa partita che si sta giocando nel rapporto Stato (o meglio governo) e Chiesa cattolica in queste settimane, tra minacce, aggressioni, ricatti e promesse. I giocatori sono troppi, ciascuno con un suo interesse e motivazione specifica. Berlusconi vuole mettere una pietra tombale su ogni critica non tanto ai suoi comportamenti privati, quanto alla sua disinvolta confusione tra pubblico e privato, in questioni che riguardano sesso, ospitalità, candidature e incarichi politici, affari.
Perciò, così come è disposto ad usare ogni mezzo, pubblico e privato, per mettere a tacere chi lo critica, è anche disposto ad utilizzare il proprio ruolo pubblico per offrire in cambio alla Chiesa il potere di regolare le scelte private dei cittadini sulle questioni che ad essa stanno più a cuore. Bossi vuole utilizzare il richiamo al cattolicesimo ed ai suoi valori sia per tenersi buono il suo elettorato che per rafforzarne le pulsioni anti migratorie e talvolta un po´ razziste. Proprio per questo, mentre rassicura la Chiesa sulle questioni che riguardano la famiglia e la sessualità, e si propone quale novello crociato contro l´Islam, mantiene duramente la posizione sulla legge sull´immigrazione, i respingimenti senza verifiche e il reato di clandestinità – certo che la Chiesa non romperà su questo. La Chiesa da un lato è intenta a fare i propri i conti interni, nel processo di ridefinizione degli equilibri e delle alleanze iniziato con il nuovo pontificato. La destabilizzazione che questo processo ha provocato, insieme al narcisismo mediatico cui non sono insensibili neppure i monsignori, ha consentito che venissero alla luce in modo molto più esplicito di quanto non fosse mai avvenuto prima dissensi e conflitti interni, come notato anche ieri su questo giornale da Scalfari. In questa partita, anche nella Chiesa ciascun gruppo sembra giocare per sé e utilizzare i rapporti con la politica per regolare, appunto, i conti interni. Dall´altro lato, la gerarchia mantiene una forte continuità con la gestione tutta politica instaurata da Ruini, nonostante questi sia segnalato come perdente nella vicenda del direttore dell´Avvenire. Perché un conto sono i conflitti e i rapporti di potere interni, un conto è la volontà di influenzare direttamente la politica sulle questioni definite come non negoziabili. Esse riguardano appunto la sessualità riproduttiva, la famiglia (o meglio il matrimonio, che è cosa diversa dalla famiglia), le cosiddette questioni di bioetica, che sarebbe forse meglio chiamare questioni che riguardano l´inizio e la fine della vita. Il modo di trattare l´immigrazione e gli immigrati non fa parte di queste questioni non negoziabili, come non ne fanno parte il contrasto alla povertà e neppure alla guerra. Perciò su queste si può transigere o rimanere in un atteggiamento di testimonianza critica. Il caso Boffo, da questo punto di vista, può apparire addirittura provvidenziale: ha segnato un punto nei conflitti di potere interni mentre ha consegnato a tutta la Chiesa un agnello sacrificale da giocare pesantemente nei suoi rapporti con Berlusconi. Può darsi, come hanno scritto diversi commentatori, che la gerarchia si sia lasciata trovata impreparata e divisa di fronte all´attacco al direttore dell´Avvenire. Ma non sarà affatto impreparata a utilizzarlo a fini di negoziazione politica.
Accanto a questi attori principali ce ne sono altri, innanzitutto gli aspiranti costruttori del Grande Centro. Questi sperano di utilizzare il conflitto tra pezzi dell´attuale governo e la Chiesa per guadagnare l´investitura di autentici defensor fidei e di più affidabili esecutori politici dei desideri della Chiesa sulle questioni «non negoziabili». Qualcuno tenta anche la strada della competizione sulla moralità privata. Tuttavia è un terreno, non solo sempre più scivoloso, ma neppure utile o necessario. Perché, come ha chiarito a suo tempo Ruini ed è continuamente ripetuto in queste settimane, la Chiesa è interessata non ai comportamenti privati dei politici ma alle loro azioni politiche nei settori che le stanno a cuore.
Se non è chiaro chi e come vincerà, è chiaro chi perderà: noi cittadini. Perché la merce che i nostri governanti (e coloro che aspirano a sostituirli) sono disposti a scambiare in cambio della benevolenza della Chiesa è la nostra libertà non solo di opinione, ma di comportamento su questioni rilevanti per la nostra vita e per il senso che le attribuiamo: che tipo di coppia fare, se e quando fare figli e se accettare di portare a termine una gravidanza non desiderata, come essere curati e come essere accompagnati alla morte (ovvero lasciati andare) quando ogni cura non è più possibile. Lo scambio cui tutti questi attori si accingono non è solo l´importantissima libertà di stampa e di opinione. È il fondamento stesso di ogni diritto civile: l´habeas corpus e il diritto di poter dire e decidere su di sé.
La Repubblica, 7 settembre 2009