scuola | formazione

“I precari assediano la Gelmini. «Ecco i nostri giorni d’inferno»”, di Massimo Franchi

Mentre il Consiglio dei ministri discute del loro futuro, i precari della scuola sanno già che rimarranno «fregati». L’unica speranza è chiedere un miracolo alla “Beata assunta”, statua issata sulle scalinate del ministero di viale Trastevere. Dopo anni passati a saltare da una scuola all’altra, da una città all’altra, ora non hanno altre possibilità. Stanno passando giorni d’inferno, tra l’incredulità per i tagli di cattedre, per le graduatorie sbagliate, per (gli inutili) viaggi della speranza lontani da casa. Il loro futuro è scritto: «Siamo a spasso», raccontano in coro. Ognuno ha la sua storia, la rabbia è il comune denominatore.La fregatura la conoscono già. La Gelmini darà una mano solo a quelli di loro che l’anno scorso hanno avuto una cattedra annuale. Per tutti gli altri, e sono una maggioranza, niente di niente.
Gente che da anni manda avanti la scuola italiana. Come Giorgio, 53 anni, nelle graduatorie dall’ormai lontano 1984 in una delle classi più affollate, Scienze motorie, quella dei professori di educazione fisica. «Nonostante un punteggio altissimo e dopo anni di supplenze annuali, l’anno scorso mi sono dovuto accontentare dei 3 segmenti. Giravo tutta Roma con 4 ore in una scuola, 2 in un’altra e 10 nella terza. Per meno di mille euro al mese. Quest’anno invece i tagli hanno fatto una catastrofe». Esistono infatti tre graduatorie. La prima riguarda gli abilitati e viene stilata dai Csa (centri servizi amministrativi), gli ex provveditorati. Da qualche anno si possono richiedere altre tre provincie oltre a quella di residenza. Pur di trovare un posto Paola ha inserito Cagliari. «Alla faccia di Brunetta, noi siamo abituati a muoverci e non siamo dei fannulloni – spiega -. Il viaggio della speranza è stato totalmente a carico nostro: nave e pullman. Siamo arrivati all’ufficio e ci hanno detto che il viaggio era inutile: di cattedre non ce n’era neanche una. Ho urlato, mi sono sfogata un po’ e poi sono tornata a casa, ma la rabbia è tanta».

POCHE SPERANZE
Viaggio della speranza che non farà Fabrizio, 45 anni. «Io la cattedra annuale la avevo nella stessa scuola nel Viterbese da 5 anni – racconta -. E non mi aspettavo proprio di non riaverla quest’anno. Con il mio punteggio la avrei avuta in quasi tutte le altre province d’Italia, ma non ho fatto altre richieste e così rimango fregato. Con due figli e una moglie a carico».
Altri hanno trovato semplici comunicazioni. «Un foglio A4 che semplicemente spiegava come “La disponibilità di cattedre sono terminate, eventuali nomine aggiuntive verranno comunicate nelle prossime settimane”». Altri, come Maria, non hanno trovato il loro nome. «Se lo sono dimenticati e capita quasi tutti gli anni. Succede perché i tagli sugli Ata, gli amministrativi, sono forti come da noi e anche loro sono in difficoltà».
La seconda graduatoria è di passaggio e non dà posti, né problemi. La terza riguarda i non abilitati e la stila ogni scuola. È lì che tutti ora sperano di trovare un posto. «Adesso aspettiamo – continua Giorgio – : se usciranno nuove disponibilità, se ci saranno delle rinunce, se i tagli saranno ridotti. Se, se, se. La nostra è una vita di se e a 50 anni non ce la fai più».
A tagliare le gambe alle sue speranze c’è la certezza che le migliaia di precari che l’anno scorso avevano una cattedra, ora andranno a togliere posti nelle graduatorie temporanee. «E così siamo sicuri di rimanere a casa», sintetizza Paola.
Manuela, 29 anni, una delle più giovani in piazza, sarà una delle poche a poter avere il cosiddetto «contratto di disponibilità», avendo cattedre annuali da anni. Ma non è affatto contenta. «È un ammortizzatore sociale bello e buono. I sindacati dovrebbero rifiutarlo perché in questo modo accettano la politica di tagli che stanno rovinando la scuola italiana».

L’Unità, 4 settembre 2009

******

Sull’argomento proponiamo una rassegna stampa degli articoli più interessanti della giornata

La vita nel girone dei supplenti”, di Paolo Griseri

Dieci giorni per sperare. Dieci giorni vissuti con il telefono sempre in tasca, perennemente acceso. «Adesso, con i cellulari, tutto è meno complicato. Prima trascorrevi le mattine davanti alla cornetta». Se la scuola chiama, se ti annunciano che anche quest’anno avrai la cattedra, l’ansia che ti rode svanirà d’incanto. Tornerai al consueto tran tran della precarietà. Altrimenti… «Altrimenti non voglio nemmeno pensarci». Ma in realtà tutti ci pensano perché «quest’anno le cose possono peggiorare. Se qualcuno della seconda fascia, quelli che riescono in genere a conquistare le supplenze annuali, non trova più la sua cattedra, può accadere che si accontenti anche delle graduatorie di istituto». Uno smottamento temibile e assai probabile, dovuto ai tagli decisi dal ministero. La frana potrebbe travolgere molti, i tanti costretti a guardare in alto sperando che qualche collega non caschi in basso a prendersi proprio la tua classe. È una vita in terza fascia, quella di Diana, 41 anni, da quasi dieci costretta a galleggiare nell’ultimo girone dei precari.

Per età anagrafica e anzianità di servizio, Diana rappresenta la precaria media, una specie di casalinga di Voghera dei docenti italiani. La sua vita come quella degli oltre centomila insegnanti senza contratto (131 mila abilitati e almeno 40 mila senza abilitazione, calcola la Cgil scuola), è un vortice di sigle, decreti, ricorsi. Un grande gioco drammaticamente reale in cui si corre tutti intorno alle cattedre e, a un segnale convenuto, si capisce chi riuscirà a sedersi e chi invece rimarrà in piedi ad attendere il prossimo giro. «Io, ad esempio, aspetto lo 028». Lo attende dal 2000 ma il numero magico del corso abilitante non esce mai. «L’anno scorso ho sperato fino all’ultimo ma sono rimasta delusa». Lo dice come parlasse del jackpot del Superenalotto.

Lo 028 è il numero della sua materia. Diana insegna Arte in una scuola media di Settimo, interland di Torino. Se lo scorso anno fosse uscito il suo numero, avrebbe potuto partecipare ai corsi e ottenere l’abilitazione. «Così sarei salita di un gradino nel sistema dei gironi. Sarei rimasta precaria ma con maggiori possibilità di ottenere la supplenza annuale». Invece nulla. «Anzi ora si dice che la Gelmini voglia abolire i corsi abilitanti. Rischio di rimanere in terza fascia per sempre». Ad attendere, ogni settembre, la chiamata di un preside della sua zona e a protestare di fronte agli uffici scolastici per chiedere la stabilizzazione.

Non erano queste le speranze della giovane Diana, appena uscita dall’Accademia delle Belle Arti di Torino. «Era il 1994. Pensavo di guadagnarmi il pane restaurando affreschi nelle chiese. Quella vita l’ho fatta per qualche anno, poi ho capito che non avrei potuto proseguire a lungo lavorando dieci ore al giorno in cima alle impalcature». La fatica di Michelangelo, anche se a lei toccava solo ripassare gli affreschi fatti da altri. «Ma, come nella Sistina, l’umidità era insopportabile». Così, nel 2000, la professoressa Diana si presenta alla classe I E della scuola media “Guerrino Nicoli”. «Non erano allievi molto tranquilli. Di quella mattina ricordo la difficoltà a catturare l’attenzione: qualcuno correva, altri si nascondevano sotto i banchi del laboratorio. Ho aperto la valigia delle tempere cominciando a distribuire i colori. Per magia si è creato l’ordine». Un’esperienza durata quaranta giorni. «Il tempo di imparare a capire il linguaggio di quei ragazzi, di entrare in sintonia con loro che ragionano molto più in fretta di noi, abituati come sono ai ritmi dei computer. Il tempo di imparare a tenere sempre viva l’attenzione perché hanno bisogno di stimoli in continuazione, si annoiano in fretta. Per il mio collega invece quei quaranta giorni furono il tempo della convalescenza: si era fratturato una gamba in un incidente stradale».

Per Diana è iniziato in quel mese e mezzo dell’autunno del 2000 il grande gioco delle cattedre. «Le regole erano chiare: ogni 15 giorni di insegnamento guadagnavo un punto, dopo sei mesi consecutivi raggiungevo quota 12 e da quel momento il punteggio non saliva più fino alla fine dell’anno». All’inizio le supplenze erano abbastanza diradate nel tempo: «Avevo pochi punti, ero in fondo alla graduatoria, rimanevo a casa molte settimane». E dunque non guadagnava: «Mi arrangiavo con i restauri. Mi rammarico ancora adesso se penso che, un anno, ho deciso di non partecipare a un corso per l’abilitazione perché stavo dipingendo la Venere di Botticelli in una ricca casa del centro di Torino».

La dea che esce dalla conchiglia ha cacciato Diana in un mare di guai. «Ho saltato quell’appuntamento e per un soffio ho dovuto rinunciare anche al corso abilitante del 2004. Quella sì che era un’occasione d’oro». Il corso, grazie a un decreto del ministro dell’epoca, era riservato a coloro che avessero accumulato almeno 365 giorni di insegnamento: «io ero a 296. I 365 li avrei raggiunti l’anno successivo. Troppo tardi». Nel frattempo le supplenze aumentavano di frequenza e il punteggio saliva. Sembrava che prima o poi quei punti avrebbero consentito di fare il grande salto. Ora però il gruzzolo accumulato rischia di diventare inutile. «Fino allo scorso anno si poteva sperare nei corsi abilitanti. Non erano gratis, costavano migliaia di euro. Quello della mia materia, il famoso 028, non è uscito ma qualche collega delle altre discipline ce l’ha fatta. Ma se, come pare, anche quei corsi verranno aboliti dalla riforma Gelmini, sarà inutile aver accumulato 900 giorni di insegnamento. Qualcuno di noi della Cub Scuola ha pensato di fare ricorso al Tar». Se anche quel ricorso andrà male, a Diana non rimarrà che giocare in serie C: «In terza fascia ho ormai conquistato la vetta della graduatoria. Oggi ho 85 punti e nelle scuole della zona sono abbastanza in alto». Ma non sicura. «Quest’anno nessuno è sicuro. Noi della terza fascia veniamo chiamati direttamente dai presidi. Quelli della seconda fascia che hanno l’abilitazione possono scegliere le supplenze annuali stabilite dalle graduatorie a livello provinciale ma qualcuno si accontenta anche di periodi di insegnamento più brevi messi in palio direttamente dalle scuole. E li toglie a noi».

Una guerra tra poveri. Lo stipendio di Diana è di 1.260 euro al mese. «Quando va bene, come negli ultimi due anni, riesco a lavorare da settembre a giugno. E a ottenere 1.200 euro in tutto come sussidio di disoccupazione per i mesi di luglio e agosto». Ma quando va male i 1.260 euro si frantumano in frazioni di mensilità, diventano sempre più irrilevanti nel bilancio familiare: «Riesco a tirare avanti perché mio marito fa il restauratore». Non sono solo le questioni economiche a farla arrabbiare: «Quest’anno ho un motivo in più per sperare che arrivi quella telefonata».

Diana ne parla con pudore: il “motivo in più” porta i nomi di Francesca e Leonardo. «Hanno 13 anni, da due sono loro il mio lavoro, come insegnante di sostegno. Tutte le mattine devo cercare di farli sentire una parte della classe anche se hanno più difficoltà degli altri. Sono io che in quelle ore faccio un po’ da mamma: preparo delle lezioni che si avvicinino, in modo semplificato, agli argomenti che i miei colleghi affrontano con il resto della classe. Sono io che cerco di proporre dei compiti e delle verifiche che siano all’altezza delle loro capacità. La fortuna ha voluto che Francesca e Leonardo fossero nella stessa classe e che io non dovessi dividere tra loro due le mie 18 ore settimanali. La stessa fortuna ha anche voluto che potessi seguirli in prima e in seconda media. Chissà se quest’anno riuscirò ancora ad occuparmi di loro».

La Repubblica, 4 settembre 2009

****

“Contentino del ministro per i prof in bilico Cgil: restano i tagli”, di GI. VI.

Il ministero interviene ma la protesta dei precari continua. «I contratti di disponibilità» sono un palliativo per salvare dalla disoccupazione solo una piccola parte e «a noi non serve un “contentino”, ma il blocco dei tagli in corso» commentano i Comitati italiani precari.
L’accordo presentato dal ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini prevede una indennità di disoccupazione speciale rivolta ai migliaia di lavoratori della scuola che lo scorso anno firmarono un contratto annuale e che quest’anno rimarranno invece disoccupati a causa dei 42mila tagli al corpo docente e dei 15mila al personale Ata disposti dal Governo.

LA BOCCIATURA
Ma la Cgil-Scuola boccia il piano: «Nessuna estensione degli ammortizzatori sociali e nessuna risorsa in più – attacca il segretario Mimmo Pantaleo – Conferma dei tagli e nessun cambiamento nella politica del governo». Intanto è concluso l’accordo con la Regione Campania che stanzierà nel prossimo biennio 20 milioni di euro per i precari.
Dopo le proteste di piazza, il governo si occupa dei precari della scuola. Gemini ha comunicato alla stampa alcuni contenuti del provvedimento che l’esecutivo sta mettendo in piedi per attenuare l’impatto del taglio agli organici della scuola che ha messo fuori gioco migliaia di precari. «Non sappiamo ancora se l’intervento sarà oggetto di un decreto legge ad hoc o del decreto Ronchi – chiarisce la Gelmini – Si tratta di una norma di legge che coinvolge i ministeri dell’istruzione e del Welfare e l’Inps». Sono i cosiddetti contratti di disponibilità a favore di coloro che nel 2008/2009 hanno avuto un contratto annuale o fino al 30 giugno.
A un numero imprecisato di supplenti (da 10 a 18 mila) verrà assicurato l’anticipo dell’indennità di disoccupazione e la precedenza nel conferimento delle supplenze brevi, di qualche giorno o poche settimane, e per quelle attività che le scuole organizzano per il recupero della dispersione scolastica o a favore dei soggetti più deboli. Ma occorrono apposite liste.

I NUMERI
Questi i numeri della Gelmini: 42mila posti tagliati e 30mila pensionamenti. Con un taglio effettivo di 12mila precari che saranno salvati con i contratti di disponibilità. Ma da Palermo, l’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, avverte: «È una farsa. Il costo dell’operazione dei contratti di disponibilità – spiega – è lo stesso a conti fatti della riconferma dei precari dello scorso anno. Perché non si è percorsa la strada più semplice di riconfermare chi ha lavorato l’anno scorso?».

L’Unità, 4 settembre 2009

****

“Il provvedimento al prossimo Cdm. Fioroni (Pd): una farsa”, di Salvo Intravaia

Per i 26 mila precari della scuola (docenti e Ata) rimasti senza posto arrivano i “contratti di disponibilità” ma i sindacati, pur apprezzando, restano scettici. Ieri, sull´onda delle proteste, il ministro dell´Istruzione Mariastella Gelmini ha annunciato la presentazione in Consiglio dei ministri di un provvedimento a favore dei supplenti. Coloro che l´anno scorso hanno avuto un contratto a tempo determinato (annuale o fino al 30 giugno) verranno inseriti in speciali graduatorie e, quest´anno, avranno la precedenza per le supplenze brevi. Inoltre, riceveranno l´indennità di disoccupazione anticipata e il punteggio che serve ad andare avanti nelle graduatorie ad esaurimento.
Un provvedimento che si aggiunge alle intese firmate dal ministero con alcune regioni italiane, l´ultima in Campania, per attenuare l´impatto del taglio di 57 mila posti in un solo anno. Ma la protesta in tutta Italia non si placa: a Genova i precari si cimentano come lavavetri e un gruppo palermitano è all´undicesimo giorno di sciopero della fame. L´intera operazione coinvolgerà due ministeri (Istruzione e Welfare) e l´Inps. La Flc Cgil boccia il provvedimento. «Nessuna estensione degli ammortizzatori sociali e nessuna risorsa in più per i precari della scuola – dichiara Mimmo Pantaleo – I tagli non vengono messi in discussione». Soddisfazione da parte di Uil e Snals, «in attesa del testo scritto», mentre la Cisl parla di «soluzione di emergenza e parziale in una situazione che è destinata a rimanere pesante e difficile». Ma la Gelmini è di parere diverso. «La sinistra – dice – fa credere che il precariato sia nato con questo governo. Non serve andare sui tetti per dimostrare attenzione, ma rimboccarsi le maniche». «La scuola – continua il ministro – è stata pensata come un ammortizzatore sociale, senza stabilire quanti posti fossero davvero necessari». «È una farsa – replica l´ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni – Il costo dei “contratti di disponibilità” equivale alla riconferma dei precari per un anno. Perché non si è percorsa questa strada?». E conclude: «In realtà il governo vuole continuare a tagliare senza stabilizzare nessuno e cestinare le graduatorie ad esaurimento».

La Repubblica, 4 settembre 2009

****

“Contratti di disponibilità per salvare 12.000 precari”, di Anna Maria Sersale
ROMA – Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a un’intesa per tutelare gli insegnanti precari: i reduci da contratti annuali o scaduti il 30 giugno avranno l’anticipo dell’indennità di disoccupazione e una corsia preferenziale per le supplenze brevi. I benefici passano sotto il nome di “contratti di disponibilità” e riguarderanno un numero ancora non definito di insegnanti, da 10 a 18 mila. Lo ha annunciato il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che ha fatto pressioni sul governo per arrivare a una soluzione della vertenza. I precari ai quali non è stato confermato l’incarico avranno una corsia agevolata anche per le attività in favore dei soggetti più deboli o per il recupero della dispersione scolastica. Ma la protesta, nonostante le trattative con il governo, e l’accordo sugli ammortizzatori sociali, è rientrata solo in parte. «Non chiediamo l’elemosina, l’indennità di disoccupazione ce l’abbiamo già. La scuola ha bisogno di docenti e vogliamo essere assunti», è la posizione espressa dal Coordinamento nazionale precari. Così molti, dopo essere saliti sui tetti, ieri hanno fatto i lavavetri agli incroci, offerto ripetizioni gratuite e continuato a organizzare picchetti davanti ai Provveditorati.
L’intervento del governo forse sarà inserito nel decreto Ronchi e coinvolge Istruzione, Welfare e Inps. «Il progetto è frutto dell’integrazione tra due amministrazioni e protegge reddito e competenze», ha sottolineato il ministro Sacconi. Ma sulla vertenza è scontro tra maggioranza e opposizione. «La sinistra fa credere che il precariato sia nato con questo governo – afferma la Gelmini – E’ falso. In passato si facevano concorsi per centinaia di migliaia di persone anche senza posti disponibili. Così le graduatorie si sono gonfiate di pretendenti al posto fisso. La scuola è stata pensata come un ammortizzatore sociale, non come servizio, senza stabilire quanti posti fossero davvero necessari. Non serve andare sui tetti per dimostrare attenzione (il riferimento è a Franceschini, ndr), ma rimboccarsi le maniche: per questa ragione abbiamo deciso che la formazione iniziale degli aspiranti all’insegnamento debba essere a numero programmato. Non voglio essere compartecipe della creazione di nuovo precariato».
Poi il ministro Gelmini elenca i dati: «42mila posti tagliati e 30mila pensionamenti, con un taglio effettivo di 12mila precari che saranno salvati con i contratti di disponibilità». Ma da Palermo, l’ex ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni lancia accuse: «E’ una farsa. Il costo dell’operazione dei contratti di disponibilità è lo stesso a conti fatti della riconferma dei precari dello scorso anno. In realtà l’entità del taglio è maggiore di quello che viene detto». Dalle fila del Pd arrivano critiche anche da Manuela Ghizzoni: «La Gelmini ha dimostrato ancora una volta di essere stata nominata per attuare il programma di Tremonti e Berlusconi». «Siamo al collasso», rincara il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. Mentre i Cobas manifestano sulle scalinate di viale Trastevere.
dal Messaggero

9 Commenti

I commenti sono chiusi.