Epifani e Damiano sul palco di Genova per parlare di lavoro. Dal PD due proposte: “Cassa integrazione di 24 mesi e assegno di disoccupazione al 60% anche per i meno tutelati”.
Il Pil raggiunge i suoi minimi storici dal dopoguerra (- 6%), i primi quattro mesi del 2009 hanno visto 4500 domande di cassa integrazione, rispetto alle 1500 dell’intero 2008, la Cgil parla di un milione di posti di lavoro a rischio, e Tremonti cosa fa? Si limita a dire che va tutto bene e che gli economisti devono tacere.
È questo il quadro italiano ai tempi della crisi ed è su questi temi che nella Sala Guido Rossa si sono confrontati il responsabile area lavoro del Partito Democratico Cesare Damiano, il segretario nazionale della Cgil Guglielmo Epifani e il famoso economista Tito Boeri. “La disoccupazione nell’Eurozona è al 9,5% – comincia Damiano – in Italia la cassa integrazione in un anno è quintuplicata e c’è un crollo dei lavoratori interinali con 100.000 posti di lavoro in meno, calcolati a tempo pieno. Continuare ad usare toni ottimistici, come fa il governo, e’ un atto di totale irresponsabilità”. È il momento di opporre misure mirate, per questo il PD ha già presentato due proposte: “Chiediamo che l’esecutivo convochi un tavolo con le parti sociali sulla crisi occupazionale e produttiva a tempi brevi per varare misure straordinarie: in primo luogo, il raddoppio della durata della cassa integrazione ordinaria e l’adozione di un assegno di disoccupazione universale pari al 60% dell’ultima retribuzione, che valga, quindi, per tutti i lavoratori, contratto a progetto e interinali compresi”.
Il governo come al solito non crede ci sia bisogno di intervenire. In fondo da mesi la solfa è la stessa: l’Italia sta meglio degli altri paesi. Il perché non l’ha capito nessuno, neanche Epifani che rimprovera l’esecutivo: “Il paese uscirà dalla crisi più tardi degli altri e più indebolito. Questa è la critica che rivolgiamo al Governo, non c’è nulla di ideologico. Il Governo la faccia finita con la propaganda, veda i problemi per quelli che sono e dia risposte. L’Italia sta peggio degli altri. E’ andata indietro molto più rispetto agli altri paesi. L’inflazione è più alta di altri paesi e non c’è nessun motivo che cresca di più. La montagna di debito pubblico aumenta. Ogni giorno abbiamo un’azienda del Sud che chiude o che magari sposta la produzione al Nord. Le piccole e medie imprese hanno spesso problemi di patrimonializzazione, i precari della scuola occupano provveditorati o salgono sui tetti”.
E a conferma del fatto che non siamo nell’era dell’oro, arriva la testimonianza di un lavoratore Fiat, presente fra il pubblico. Sventola un foglio con cui la sua azienda gli annuncia la fine della cassa integrazione ordinaria e racconta: “Da tre mesi siamo in presidio di fronte alla fabbrica, Barbieri che da nove giorni fa lo sciopero della fame è un mio collega. A Scajola tutto questo non importa. Nessuno ci darà la cassa integrazione straordinaria perché quella è prevista solo per cessata attività. Ma perché non la si applica anche per crisi di mercato?”.
Significativa anche l’analisi di Giuseppe Morandini, vice presidente di Confindustria con delega alle Pmi e piccolo imprenditore lui stesso. “Sono completamente d’accordo con Epifani e Damiano – dice, e introducendo il tema della detassazione degli stipendi, aggiunge – “E’ inconcepibile che un lavoratore che e’ impegnato otto ore al giorno, debba sacrificarne cinque e mezzo per pagare i debiti per lo Stato e che ai propri bisogni possa destinarne soltanto due ore e mezzo”. Morandini sottolinea anche come, in tempi di crisi, bisogni “puntare alla coesione sociale”.
Non proprio il primo obiettivo di Berlusconi che, come ricorda Epifani, “cerca di dividere i sindacati in un momento in cui nessun governo serio lo farebbe. Non si può escludere chi è tanto presente sui posti di lavoro”. Affermazione condivisa da Morandini che da la sua parola: “Lo dice Giuseppe Morandini, cittadino e imprenditore. E’ necessaria la stagione della responsabilità e del buon senso, abolendo la conflittualità e dando largo spazio alla negoziazione. Senza dialogo siamo un paese senza futuro”. L’esponente Cgil liquida in fretta anche le ultime due proposte della maggioranza: “No alle gabbie salariali, l’unica cosa da mettere in gabbia sono i posti di lavoro” e “No alla partecipazione degli operai agli utili delle aziende, così si mettono a rischio anche i loro risparmi”
Peccato che la lezione non arrivi a Palazzo Chigi che nei mesi precedenti ha cassato ogni proposta dell’opposizione, presentando come un miracolo la Social card. Un pensionato di 90 anni, sarto di professione, racconta la sua vita quotidiana, una lotta per arrivare alla fine del mese. “Meno male che il pane lo fanno anche piccolo, altrimenti non potrei comprare neanche quello”. Della prodigiosa carta neanche l’ombra, perché? “Con i miei 630 euro al mese di pensione non ne ho diritto, sforo di 12 euro”. Cesare Damiano prende lo spunto per definire “discutibili i criteri della Social card”, che tra l’altro lede “la dignità della povertà”, mettendo alla berlina una situazione di disagio economico. Ben altra cosa fu la quattordicesima approvata dal governo Prodi, di cui Damiano era ministro e che “è stato erogata anche a luglio di quest’anno”. In buona sostanza lo Stato stanzia 1mld e 300 mln l’anno, garantendo ai pensionati in difficoltà 400 euro pro capite. Ma non basta, per l’ex ministro “è arrivato il momento di portare le pensioni a 1200 euro al mese e di indicizzarle”. Epifani rincara la dose e sulla carta aggiunge: “Quest’anno non parlano più neanche di quella. Stanno dividendo il paese, che ormai viaggia a due velocità: c’è chi ha risparmi da parte e quindi riesce a tirare avanti e c’è chi non sa dove sbattere la testa perché ha perso il posto di lavoro. Uno stato equo parte da quelli che non ce la fanno, impiega le sue risorse per tendere una mano a loro”.
L’ultimo doloroso capitolo della serata è quello delle morti bianche e si apre con la testimonianza della sorella si un operaio, morto nel rogo dell’Umbria Oli. “A noi il titolare ha chiesto anche un risarcimento di 30 mln di euro. E a me chi lo ridà mio fratello? Ai suoi bambini? A sua moglie? Per fortuna i sindacati non ci hanno lasciati soli”. È solo la punta dell’iceberg in un paese che ha il triste primato delle morti bianche: ben 1100 l’anno. Damiano accusa il governo di aver abbassato la guardia, smantellando il suo decreto, l’unico che era riuscito a frenare il numero di infortuni: “Anche oggi sono morte due persone. Serve una cultura della civiltà del lavoro e il primo nemico da battere è il lavoro nero. Durante il mio mandato da ministro ho emanato un provvedimento che disponeva la chiusura delle aziende con oltre il 5% di lavoratori in nero. Ne abbiamo chiuse 5000 in 18 mesi. Questa è una materia che andrebbe insegnata nelle scuole, si tratta del rispetto della vita umana”.
E dopo una serata tanta impegnativa, Cristiano Bucchi, conduttore di turno, chiede al giornalista danese Alfredo Tesio che idea si sia fatta del nostro paese: “Per la Danimarca questo è un altro mondo, – dice – quando si parla d’Italia la domanda è sempre la stessa: “Perché avete quel primo ministro? Proprio non ce n’era un altro?”. Già, ce lo domandiamo tutti.
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