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Scuola/Franceschini protesta con precari sul tetto del provveditorato

Sul tetto del provveditorato, a fianco dei precari che protestano per i tagli alla scuola, per chiedere di fermare i licenziamenti: il segretario del Pd Dario Franceschini questa mattina si è presentato a Benevento, al provveditorato, dove da giorni alcuni precari protestano sul tetto dell’edificio contro i tagli al settore scolastico.
Franceschini ha portato la propria solidarietà ai manifestanti che chiedono lavoro e ha attaccato il Governo che “sta portando avanti “il più grande licenziamento di massa della storia”.
Franceschini, quindi, ha chiesto di “revocare i licenziamenti” e ha assicurato che “il Pd si impegna a portare avanti questa battaglia in tutte le sedi e in tutte le forme”.

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Scuola: Sereni, “E’ caos: il governo riferisca in Parlamento”
La vicepresidente dei deputati PD: ignorate le nostre denunce, intervenire immediatamente
“Insegnanti, ausiliari, tecnici e amministrativi licenziati, graduatorie nel caos, uffici scolastici assediati, proteste dei precari che cercano di far sapere la verità salendo sui cornicioni o mettendosi in mutande per strada. A pochi giorni dall’avvio dell’anno scolastico, la situazione è drammatica e il ministro Gelmini che attacca un giorno sì e l’altro pure l’Istruzione italiana che dovrebbe gestire è l’artefice di una legge che ha tagliato 42mila cattedre e 15mila posti per il personale non docente”. Lo dice Marina Sereni, vicepresidente dei deputati PD.
“ Le nostre denunce, i nostri no a norme che hanno massacrato la scuola pubblica, gli insegnanti e le famiglie, si stanno rivelando agli occhi di tutti. Alla riapertura dei lavori della Camera il nostro Gruppo chiederà che il governo venga a riferire sulla situazione reale in ogni regione italiana e vorremo sapere dal ministro quali soluzioni preveda per l’immediato”. “Meno soldi e meno ore di lezione – conclude – producono soltanto disoccupazione e una scuola peggiore. E questi sono i fatti”.

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Il grande massacro della scuola pubblica, di Giuseppe Caliceti

Chiamiamo le cose col loro nome: oggi nella scuola italiana è in atto il più grande licenziamento di massa della storia della nostra Repubblica. È un fatto storico, drammatico, ma ben pochi organi di informazione ne parlano. Gelmini ha parlato di 150 mila lavoratori in meno in tre anni: se fossero lavoratori della Fiat o dell’Alitalia scoppierebbe una mezza rivoluzione, ma visto che a licenziare è lo Stato e licenzia docenti, tutto, inquietantemente, tace. Prima di ogni elezione ogni politico ci ricorda che occorre investire di più nei giovani e nella formazione perché sono il nostro futuro.
Ma oggi il nostro Paese è noncurante del futuro grigio che l’attende ed è appiattito su un presente manipolato quotidianamente da un’informazione governativa di parte che condiziona pesantemente ogni settore dell’opinione e della vita pubblica.
Scuola compresa.
Il licenziamento di massa colpisce soprattutto i precari, la cosiddetta plebe indocent. Alcuni occupano le sedi degli ex uffici scolastici provinciali, gli ex provveditorati agli studi. Altri si raccolgono in sit-in.
Altri fanno lo sciopero della fame. Altri ancora, ben 15.000, patrocinati dall’Anief – l’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione -, hanno ottenuto dal Tar Lazio l’inserimento in graduatoria «a pettine» (cioè, in base al punteggio) e non «in coda», come preteso dalla Lega. Per il momento il ministero ha dato indicazioni di ignorare la sentenza in attesa che il Consiglio di Stato confermi o meno quanto già stabilito dal Tar: se dovesse dargli ragione, si dovranno ripetere le nomine a anno scolastico iniziato, creando ulteriore caos nelle aule.
I tagli agli organici del personale previsti in questo primo anno sono 42mila e 500 tra insegnanti e 15 mila tra il personale ausiliario. E questo sarebbero solo l’inizio di un «virtuoso» triennio. Saranno almeno 16 mila i supplenti di scuola media e superiore che non troveranno più la cattedra. A loro occorre sommare i colleghi della scuola elementare, appiedati dallo smantellamento del «modulo». E almeno 10 mila Ata che, dopo anni di supplenza e l’aspettativa di entrare di ruolo, si ritrovano di punto in bianco disoccupati.
E’ facile prevedere che nei prossimi giorni, quando si svolgeranno le convocazioni per l’assegnazione delle supplenze, la protesta si estenderà a macchia d’olio: solo allora, infatti, tutti avranno l’esatta percezione di quanti di loro resteranno senza lavoro. E al Sud ci si accorgerà improvvisamente di trovarsi in una vera e propria emergenza sociale: tanto è vero che, dopo aver brandito la scure, ora anche Tremonti parla timidamente di cassa-integrazione per i docenti..
Gelmini, annunciando nei giorni scorsi le novità sul reclutamento e la formazione dei nuovi insegnanti, che in buona parte possiamo anche condividere, è come le maestrine della penna rossa di una volta: fa un bel segno su quello che c’era prima, strappa la pagina, tutto da rifare, senza preoccuparsi di chi rimarrà senza lavoro. Ma c’è di più: vieta protestare. Perché, per esempio, «ogni dirigente scolastico, a qualunque parte politica appartenga, è tenuto al dovere di lealtà verso lo Stato e al necessario riserbo nelle sue esternazioni». Parola dell’onorevole Garagnani (Pdl). Ma la pensa così anche il direttore scolastico regionale dell’Emilia Romagna: non ritiene che una preside, Daniela Turci, consigliere comunale a Bologna, possa criticare le politiche della Gelmini. Questa è la regola non scritta della Gelmini: siate ubbidienti e servili. L’ideologia pericolosa del Governo-Azienda si riproduce nella Scuola-Azienda. Non ti licenzio, osi protestare? La concezione della democrazia e del rapporto fra i funzionari dello Stato e loro dirigenti è sempre più preoccupante. Chi è dipendente dello Stato non potrebbe esprimersi criticamente e pubblicamente su come i superiori operano per quel «bene comune» che è sempre meno bene e sempre meno «comune». Per quanto tempo ancora i direttori generali, regionali, provinciali, e pure tantissimi presidi tenteranno di tenere chiuso il coperchio d’una pentola che, ora per ora, borbotta sempre più? Nessuno si accorge che stiamo arrivando a larghe falcate alla fascistizzazione della Scuola?
Il Manifesto 02.09.09

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Scuola, precari in rivolta contro i tagli della Gelmini, di Giuseppe Vespo

Occupazioni negli ex provveditorati, sit-in di protesta, insegnanti che sfilano in mutande, si arrampicano sui tetti o s’incatenano.
Eccola la «rivoluzione» della scuola targata Gelmini. Come primo effetto ha dato il via alla carica dei diciottomila, tanti sono gli insegnanti precari che non saliranno in cattedra quest’anno, ai quali vanno aggiunti i circa settemila Ata (personale tecnico e amministrativo) che non verranno riconfermati.
Le stime sono dei sindacati. La rabbia è di chi un anno fa, oggi, veniva chiamato per il primo giorno di scuola. Così puntuali, al posto dei contratti a termine, sono partite le proteste. Da Sud a Nord, seguendo l’ordine dei tagli all’Istruzione operato dalla scure governativa.
SUD
Ieri a Catania il coordinamento precari ha occupato l’ufficio scolastico provinciale (Usp, ex provveditorato) e ha fatto appello ai cittadini «perchè solidarizzino con la lotta a difesa della scuola pubblica, la scuola di tutti». Stesso invito e stesse scene a Messina, dove si presidia l’Usp. Mentre a Palermo l’ex provveditorato è occupato da due giorni, con alcuni insegnanti in sciopero della fame. Nell’isola – dove secondo la Uil sarebbero 3.600 i docenti precari non riconfermati – «siamo al caos più totale – ha commentato il segretario della Cisl siciliana, Maurizio Bernava – Temiamo che le proteste possano degenerare».
A Benevento continua la protesta delle sei precarie salite cinque giorni fa sul tetto dell’Usp. Sotto al sole per dar voce ai 500 precari a spasso nella provincia beneventana, ottomila in tutta la Campania, sempre secondo stime sindacali. «Ci dicono di non mollare, di andare avanti», dice una delle sei, Daniela Basile, che non nasconde però la tristezza: «Questo avrebbe dovuto essere il nostro primo giorno di scuola». Ieri Daniela ha incontrato il sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli, cha le ha comunicato come «governo e regione Campania sono impegnati alla definizione di un’intesa per individuare iniziative e risorse utili a dare una prima concreta risposta alla questione dei precari».
A Napoli, dopo l’occupazione dell’ex provveditorato di lunedì e nonostante la tensione creata dalle proteste, l’ufficio scolastico ha continuato a lavorare. I manifestanti hanno provato a forzare il cordone dei poliziotti all’ingresso dell’Ufficio scolastico e una donna si è sentita male.
Mentre a Roma cinque insegnanti in attesa di una cattedra si sono spogliati e sono rimasti in mutande davanti il liceo Newton, una delle otto scuole individuate per assegnare le cattedre disponibili, per protestare – hanno spiegato – contro il loro stato di precarietà in quanto da anni non sono stati ancora messi in ruolo.
A NORD
A Torino, dove il taglio dovrebbe interessare 1.800 insegnanti e seicento impiegati tecnico amministrativi, i sindacati della scuola aderenti a Cgil, Cisl e Uil, hanno presidiato l’uffico scolastico regionale.
Proteste anche a Milano, dove sono state presentate 18mila domande per cinquemila posti disponibili nella provincia. Da ieri mattina gli insegnanti aderenti al coordinamento “lavoratori della scuola 3 ottobre” si sono incatenati davanti l’ex provveditorato. Tende, fornelli da campo e la solidarietà dei colleghi di ruolo, serviranno per andare avanti ad oltranza, promettono. «Il governo – dicono ironicamente – mantiene le promesse: il nuovo anno scolastico si apre con 43mila cattedre in meno in tutta Italia».
LA SCURE
Secondo i calcoli della Flc-Cgil, precari a parte, con i tagli all’Istruzione quest’anno avremo circa 42mila cattedre e 15mila impiegati amministrativi in meno sul 2008. Nonostante 32mila pensionamenti tra gli insegnanti e ottomila tra il personale. Mentre l’anno scorso i contratti a tempo sono stati 130mila tra gli insegnanti e 78mila tra gli amministrativi. I rappresentanti dei lavoratori adesso avvertono il governo. Il segretario generale della Flc-Cgil Mimmo Pantaleo chiede un tavolo di confronto sui precari a palazzo Chigi e parla di «piena emergenza sociale».
Di situazione esplosiva parla anche il Gilda, sindacato autonomo, che annuncia proteste». Mariastella Curreli, presidente del Cip (coordinamento insegnanti precari) parla di licenziamenti di massa. Ai docenti arriva anche la solidarietà dell’Unione degli studenti. Mentre Rdb-Cub annuncia per giovedì un presidio davanti alla sede del ministero dell’Istruzione. Nello stesso giorno al Miur i sindacati discuteranno di «contratti di disponibilità» e accordi tra ministero e regioni. I primi prevedono che i precari che l’anno scorso hanno avuto cattedre di un anno abbiano una corsia preferenziale nelle chiamate per le supplenze brevi e una indennità di disoccupazione per i periodi di non lavoro. Alle Regioni il Miur chiede di finanziare alcune attività scolastiche.
L’Unità 02.09.09

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Precari sui tetti e scuole nel caos, di Paola Fabi

Meno cattedre e tanti tagli: è sempre più chiaro cos’hanno fatto davvero Tremonti e Gelmini.
Precari sui tetti e proteste in tutta Italia, ma soprattutto più alunni nelle scuole e classi più affollate. L’inizio dell’anno scolastico ormai alle porte non sarà facile per gli alunni e per le loro famiglie, ma anche per gli insegnanti che si troveranno di fronte molti più studenti. Le classi più affollate in assoluto saranno quelle della scuola dell’infanzia e quelle delle superiori, ma anche le aule della scuola dell’obbligo (primaria e secondaria di primo grado) si troveranno con una contrazione delle classi di fronte a un aumento di studenti.
Tagli che i ministri Tremonti e Gelmini hanno attuato ridimensionando la rete scolastica, smantellando il modulo (tre insegnanti su due classi) e introducendo il maestro unico di riferimento alle elementari, togliendo ore di insegnamento alla scuola media, riportando tutte le cattedre a 18 ore e, come già detto, stipando gli studenti e aumentando i problemi di sicurezza soprattutto al Sud.
In un anno saranno 42mila e 500 le cattedre in meno e 15mila gli amministrativi, tecnici e ausiliari che non rientreranno al lavoro (ma in tre anni saranno 130mila gli insegnanti e 45mila gli amministrativi licenziati).
Ma sono soprattutto le proteste dei precari che non saranno richiamati in cattedra a tenere banco negli ultimi giorni.
Iniziative che diventano sempre più clamorose e drammatiche, mentre i sindacati affilano le armi e già annunciano giornate di sciopero.
Si parte il 23 ottobre con l’astensione dell’intera categoria, proclamato dai Cobas, che porterà in piazza la scuola insieme a i lavoratori del pubblico impiego. Ieri con l’assegnazione dei contratti a tempo, l’amara sorpresa per molti.
Le azioni più clamorose si sono avute in Campania, dove sette insegnanti, con 10 anni di contratti a tempo alle spalle sono salite sul tetto dell’ufficio solastico di Benevento, minacciando di restarci fino a che non otterranno garanzie. Ieri a Roma, davanti al Miur, un gruppo di docenti si è letteralemente messo “in mutande” per ricordare “simbolicamente” al governo come sono stati ridotti.
A Caserta, due coniugi rimasti senza cattedra hanno minacciato di lanciarsi dalla finestra dell’ufficio scolastico provinciale.
A Palermo, due assistenti di laboratorio hanno cominciato uno sciopero della fame, rifiutando il ricovero ospedaliero consigliato dai medici del 118.
E ieri a Catania alcuni docenti hanno occupato l’ufficio scolastico di Catania. Sempre ieri a Milano e Torino alcuni gruppi di prof. si sono incatenati davanti agli uffici del provveditorato.
Ma la protesta dei docenti dei tecnici amministrativi si allarga a macchia d’olio in tutta Italia.
Ora gli occhi sono puntati sul nuovo tavolo tecnico istituito a partire dal 3 settembre, per cercare di risolvere il problema delle migliaia di persone che rimarranno senza lavoro. Il 26 agosto scorso l’incontro tra i sindacati e il ministero aveva lasciato le sigle confederali piuttosto deluse. Il ministero sta cercando di concludere convenzioni con le Regioni per permettere ai lavoratori rimasti disoccupati di ricevere il 70-80 per cento dello stipendio. Per ora hanno dato l’assenso Abruzzo, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, Marche e Lombardia.
Le altre per ora rimangono escluse e quindi anche i precari che vi lavorano. Unica certezza, per ora, l’intesa con l’Inps, che anticiperà l’indennità di disoccupazione. Inoltre, manca ancora la direttiva sugli aspetti organizzativi e didattici che aiuterebbe le scuole a organizzarsi in un quadro di riferimento chiaro. E la scuola inizia tra meno di due settimane.
Europaquotidiano.it

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Tecnica della scuola: Torna il “No Gelmini day”: il 5 settembre davanti alle prefetture, di A.G.
A meno di un anno dalla sua prima apparizione tra le piazze italiane torna il “No Gelmini day”: la protesta intende rappresentare l’apice della contestazione contro l’operato del massimo rappresentante dell’Istruzione italiana che si sarebbe, in particolare, poco opposto ai consistenti tagli agli organici imposti dal ministero dell’Economia. Così un gruppo di precari in agitazione in questi giorni d’inizio settembre, non riconducibili a sindacati o associazioni , hanno individuato sabato 5 settembre come giornata della protesta ed invitato a parteciparvi tutti coloro che non si sentono ben rappresentati dall’operato dell’attuale ministro dell’Istruzione.
“In tutta Italia – si legge nel documento-invito a partecipare alla protesta – si stanno diffondendo iniziative, per lo più autogestite , contro i tagli agli organici che secondo la Ministra Gelmini dovevano essere quasi indolori. Bugie, come al solito tante bugie… E’ venuto il mese di agosto e, con notevole ritardo sui tempi previsti, sono iniziate le convocazioni sui posti disponibili. Le bugie di Gelmini e di alcuni sindacati “pompiere” si sono sciolte come neve al sole”.
I precari avrebbero così cominciato a toccare con mano quale sarà la loro sorte nel prossimo futuro: recandosi negli ex Provveditorati si sono resi conto che rispetto a solo un anno fa sono spariti nel nulla decine, centinaia, a volte migliaiia di posti. Da qui le proteste ad oltranza e sempre più eclatanti. “La rabbia – spiegano i precari – ha iniziato ad assumere varie forme : da quelle ironiche ( Arezzo e Treviso ) a forme estreme come lo sciopero della fame, incatenamenti, minacce di suicidio. A questo punto è importante dare un segnale forte, univoco e unitario”.
La contestazione al ministro Gelmini ed al suo operato si svolgerà con presidi davanti alle prefetture di tutte le province italiane. “Ognuno sceglierà come condurre la gestione del presidio. Suggeriamo – continuano gli organizzatori della protesta – di invitare la cittadinanza a difesa di lavoratori, quelli della scuola, che , come tutti i precari statali , non trovano difese nemmeno nello statuto dei lavoratori e della scuola pubblica che subirà un ulteriore impoverimento qualitativo, oltre che quantitativo”.
Intanto non sembra cessare, anzi aumenta, il numero di contestazioni, anche plateali, nei pressi degli Usp. Il 1° settembre la protesta ha toccato anche i capoluoghi del Nord Italia: a Torino c’è stato un partecipato sit-in dei confederali, mentre a Milano si è creato un presidio permanente con tanto di incatenamento da parte di alcuni docenti. A Catania i precari hanno occupato, tra non poche tensioni con gli addetti alla sicurezza, l’ex provveditorato. A Palermo prosegue o sciopero della fame dei due tecnici, uno dei due sposato con figli, che rischiano di rimanere senza lavoro. Notizie di scontri con le forze dell’ordine si sono avuti a Salerno, dove diversi manifestanti, almeno un centinaio, che protestavano davanti all’Usp sono stati caricati due volte dalle forze dell’ordine. Come allo stadio, quando le forze dell’ordine sono costrette a sopire i “bollenti spiriti” degli ultrà.
02.09.09

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