Fitoussi: «Le istituzioni europee finora non hanno consentito interventi massicci per i senza lavoro».
«Il vero barometro di questa crisi è la disoccupazione» continua a ripetere Jean-Paul Fitoussi. Per l’economista francese, è inutile continuare a spiare il minimo decimo di punto guadagnato dai Pil o dalle Borse: se i disoccupati continuano ad aumentare significa che la crisi continua a colpire. E gli ultimi dati di Eurostat non possono che indurre al pessimismo.
Le cifre parlano chiaro: nella zona euro c’è una disoccupazione al 9,5 per cento che non si vedeva da dieci anni. E all’orizzonte non si profila nessuna ripresa. Che significa?
«Quello che continuo a ripetere da mesi: la vera sofferenza sociale, il cuore stesso di questa crisi, è la disoccupazione, che provoca o induce precarietà e che riguarda anche tante persone che hanno un lavoro, ma le cui condizioni professionali si deteriorano. Questo è davvero preoccupante. Nessuno può dichiarare che questa crisi è finita, fino a quando la disoccupazione continuerà ad aumentare. E le ultime cifre mi sembrano abbastanza eloquenti. D’altra parte nessuno pensa oggi che la disoccupazione abbia finito di crescere».
Eppure si moltiplicano le dichiarazioni di ottimismo. Cifre positive non mancano: crescita in ripresa, Pil in aumento, Borse che ricominciano a funzionare. Tutto questo non conta?
«Diciamo che si tratta di un’illusione ottica. L’Europa ha perso in media 6 punti di Pil in un anno. Ora ne ha recuperati 0,3. Mi pare dunque decisamente fuori luogo esultare. E’ invece vero che abbiamo davanti a noi ancora molta strada da fare soltanto per recuperare il livello di un anno fa. Se si verificherà l’ipotesi più ottimistica, quella diciamo miracolosa, nel 2010-2011 potremmo raggiungere al massimo una crescita del 3 per cento: questo significa che tra due anni avremo ritrovato appena il livello del 2008».
La politica è riuscita ad aiutare le banche e le imprese. Non può aiutare l’occupazione?
«Oggi viviamo in una società un po’ schizofrenica, in cui esistono fasce di popolazione molto protette, che non si accorgono nemmeno dell’esistenza della crisi, e altre che invece soffrono molto. Chi parla della crisi è in genere chi non la soffre e che dunque può permettersi di considerare che tutto sta andando per il meglio perché la Borsa si sta riprendendo. Gli altri non si vedono, sembrano non esistere, in quanto alla segregazione per reddito si aggiunge ormai anche la segregazione urbana. A Parigi, Roma o Londra le vittime della crisi sembrano non esistere, o non esistere più. Ma basta andare in provincia per rendersi conto della gravità della situazione».
Ma questo chi governa lo sa. Può permettersi di non agire?
«Diciamo che chi governa nei singoli Stati può fare poco. Soltanto un ipotetico, effettivo, presidente dell’Europa potrebbe agire con efficacia. Quello che serve in Europa è un vero e massiccio piano di rilancio, ma le istituzioni europee finora non lo consentono».
Il Messaggero 02.09.09
Pubblicato il 2 Settembre 2009