Avvio di anno incandescente per la protesta dei senza contratto. Cercansi ammortizzatori.
La protesta sta dilagando come un’onda in tutta Italia: provveditorati occupati, monumenti presi d’assalto, sit-in davanti ai governatorati regionali e scioperi della fame. La scuola riapre i battenti da oggi e fa i conti con gli effetti della riforma Gelmini: meno posti in organico, meno contratti di lavoro. In testa la Campania, la Calabria e la Sicilia, che da sole realizzano quasi il 50% dei tagli. Ma non era mai successo che a sconatere la disoccupazione fossero in così tanti: 25 mila in più rispetto allo scorso anno, denunciano i sindacati, una crescita che raggiunge punte sul territorio di quasi il 20% se si calcolano i contratti di lunga durata stipulati nel 2008/2009. Gli interessati – almeno al metà tra i 40 e i 49 anni, secondo rilevazioni sindacali- se ne stanno rendendo conto in queste ore in cui gli uffici procedono alle chiamate, alle cosiddette nomine sui posti liberi. Dati che però il ministero dell’istruzione conosceva benissimo da tempo, come emerge da una relazione, che IO ha avuto modo di consultare, inviata da viale Trastevere al ministero dell’economia nel mese di luglio. La nota accompagna la proposta di emendamento -all’allora decreto anticrisi- per introdurre nell’ordinamento i cosiddetti contratti di disponibilità: si tratta di contratti speciali per i prof e gli ata, precari storici, mandati a casa dai tagli agli organici. Prevedono una sorta di salario minimo garantito, circa il 70% dello stipendio ordinario, a fronte della disponibilità a fare supplenze anche brevi e corsi ad hoc, decisi magari dalle regioni. Circa 300 milioni di euro il costo complessivo dell’operazione per lo stato. Mariastella Gelmini nel chiedere il via libera al collega di via XX Settembre, Giulio Tremonti, evidenziava come il numero di supplenti a spasso quest’anno sarebbe stato di 18 mila unità. A cui poi vanno sommati almeno 7 mila unità di Ata. A un ministero dell’economia sempre restio ad allentare i cordoni della borsa, la Gelmini precisava: «Si tratta di un picco (di disoccupati, ndr) relativo al solo 2009/2010 perché dall’anno scolastico successivo le condizioni di contesto sono destinate a mutare radicalmente, in quanto a un turn over stimato in circa 28 mila unità corrisponderà una manovra di riduzione di 25 mila posti». Il che consentirebbe di dare un contratto di supplenza o addirittura l’assunzione a tempo indeterminato a molti dei precari che quest’anno resteranno a spasso. Ma finora il Mef ha risposto picche e quelle della Gelmini sono rimaste promesse. L’unico dato di fatto è la sottoscrizione con il ministero del lavoro e l’Inps dell’intesa per la creazione della banca data dei precari, necessario presupposto per dare la precedenza nelle supplenze a chi ha avuto sostituzioni di lunga durata lo scorso anno. «Con le nomine in corso i numeri stanno diventando persone, contro l’emergenza serve una trattativa no-stop», dice Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola. «È necessario che ci sia un provvedimento normativo per dare copertura all’operazione », spiega Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil. «Il problema è politico, perché dal punto di vista finanziario la soluzione ha un costo irrisorio», precisa Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. La richiesta di bloccare gli effetti della riforma giunge corale da tutto il territorio, anche se è soprattutto il Sud a pagare il prezzo più salato. E non sembrano risolutive le intese che l’Istruzione sta sottoscrivendo con molte regioni per impegnare i prof disoccupati in progetti speciali pagati con i soldi dei fondi europei. «In Sicilia», spiega Vito Cudia, segretario della Cisl scuola di Palermo -una delle città in rivolta, dove si è recato ieri Piero Fassino in segno di solidarietà – «con 20 milioni di fondi europei l’anno si copre il fabbisogno di mille precari contro i 3500 che non avranno il contratto». E c’è sempre la spada di Damocle del rispetto dei vincoli comunitari a pendere sui progetti che le singole scuole devono presentare per attivare i finanziamenti. «Ci sono colleghi che stanno facendo lo sciopero della fame e noi sindacati stiamo occupando il provveditorato», dice Cudia, «ma se la politica non interviene non saremo più in grado di mantenere la calma tra i lavoratori».
da ItaliaOggi
Rassegna Stampa sul precariato )
Repubblica/Palermo: «Sciopero della fame e blocco stradale non si ferma la protesta dei precari», di s.i.
Salgono a tre i lavoratori che hanno deciso di astenersi dal cibo
Si inasprisce la protesta dei precari della scuola a Palermo. Ieri è stata una giornata convulsa che si è conclusa con l´occupazione, da parte dei sindacati, dell´ufficio del provveditore. Mentre ai due assistenti tecnici (Giacomo Russo e Francesco Paolo Di Maggio), al sesto giorno di sciopero della fame, si è aggiunto Giovanni Bologna, collaboratore scolastico da oggi disoccupato. In via Praga, sede dell´ufficio scolastico provinciale (l´ex provveditorato), il sit-in dei precari della scuola contro i tagli che solo a Palermo lasceranno a casa più di mille e 300 persone, continua. E incassa la solidarietà dei leader del Pd ma anche di comuni cittadini. Ieri ha fatto visita ai manifestanti Piero Fassino, il deputato nazionale Alessandra Siragusa, docente di scuola superiore, segue la protesta da diversi giorni così come il deputato regionale Giuseppe Lupo e il consigliere provinciale Teresa Piccione. Ieri mattina, i senatori Giuseppe Lumia e Costantino Garraffa si sono recati in via Praga per accertarsi sulle condizioni di salute dei due tecnici, visibilmente debilitati dallo sciopero della fame. A metà mattinata il Comitato precari, supportato da Flc Cgil, Cisl e Uil scuola e Snals, si è incontrato con il dirigente dell´Usp, Rosario Leone, che ha espresso «solidarietà personale ai manifestanti». Attorno alle 13,30 è scattato un blocco stradale durato pochi minuti.
«È inaccettabile – ha detto Fassino dopo l´incontro con i manifestanti – che il governo butti per strada migliaia di insegnanti e Ata pregiudicando le loro vite personali e riducendo l´offerta formativa. Situazione che nel mezzogiorno è ancora più difficile. Su questa questione – conclude il leader del Pd – intraprenderemo una battaglia in Parlamento». Di Maggio, uno dei due tecnici a digiuno da sei giorni, è allo stremo delle forze ma non intende mollare. «Cominciano a manifestarci la loro solidarietà anche semplici cittadini», racconta. «Ci vengono a trovare per farci un po´ di compagnia e per comprendere il perché della protesta. Alcuni ci portano il caffè e l´acqua. Una signora – continua Di Maggio – ci sveglia la mattina con il caffè».
Repubblica/Palermo: «L’angoscia va in cattedra. “Noi, le vittime della riforma” I prof all´esame del piano Gelmini», di Cristoforo Spinella
Al rientro a scuola- oggi le prime riunioni tra docenti e capi di istituto- i prof sanno già quello che li aspetta. «Gli insegnanti se ne sono già accorti, adesso toccherà alle famiglie», avverte Pia Blandano, dirigente scolastico dell´istituto comprensivo Antonio Ugo. La scure dei tagli che nei giorni scorsi si è abbattuta sui docenti precari adesso avrà i suoi effetti direttamente sulle scuole. «La riforma nei fatti c´è già – racconta la preside – I tagli degli organici ci costringono ad applicarla anche quando le norme non sono ancora entrate in vigore». Così in molte scuole il maestro unico, uno dei simboli del decreto Gelmini, sarà effettivo già da quest´anno: «Abbiamo le stesse classi dell´anno scorso ma due docenti in meno: come possiamo garantire gli stessi servizi? In molti casi il maestro unico è inevitabile», spiega Blandano.
Il ciclone Gelmini non si è abbattuto solo sui precari. Anche per molti insegnanti di ruolo le cose rischiano di cambiare, e non in meglio: «Persone che lavorano da 10-15 anni si ritroveranno senza cattedra – racconta Virella Saia, docente di tecnologia – Molti altri, invece, saranno costretti a insegnare in più scuole contemporaneamente. Io, ad esempio, continuerò a lavorare alla media Verdi ma avrò anche due classi alla Sciascia, perché dovrò coprire il taglio di un terzo dei posti nella mia disciplina. Ma devo considerarmi fortunata: se una mia collega non fosse andata in pensione a giugno, adesso anch´io sarei senza cattedra».
Meno docenti, quindi, ma non meno alunni. Così le classi rischiano di scoppiare: «Come si fa a stare attenti alle esigenze degli alunni quando ce ne sono 28-30? – accusa Enzo Patti, che insegna lettere all´istituto comprensivo Palumbo di Castelbuono – Secondo me la riforma Gelmini non ha alcun idea pedagogica alla base, punta solo sui tagli: da noi ci saranno due ore in meno nel tempo scuola normale e tre in quello prolungato. Con il paradosso di avere solo un´ora a settimana per una materia come la geografia. Cosa si può insegnare in questo modo?».
Alla scuola media Quasimodo di Brancaccio i tagli al fondo d´istituto hanno scatenato l´emergenza ancora prima dell´inizio dell´anno scolastico. «Non abbiamo i soldi neppure per comprare i detersivi», racconta Mila Spicola, docente di educazione artistica. «Da noi i tagli delle materie avranno effetti disastrosi – denuncia – Quest´anno ci saranno due ore in meno di italiano: ma la Gelmini si rende conto che qui molti ragazzi l´italiano neppure lo parlano?».
Le classi piene di alunni non sono solo un problema didattico. A Palermo è la stessa edilizia scolastica rappresentare un´emergenza. «Dal punto di vista della sicurezza, le nostre classi sono assolutamente illegali – dice Spicola – Se ci fosse un incendio o un terremoto, sarebbe impossibile scappare. Per denunciare questa situazione, non escludiamo di chiamare i vigili del fuoco e bloccare così l´attività didattica. D´altronde, come possiamo educare alla legalità in un contesto del genere?».
Per i licei, invece, la riforma partirà dall´anno scolastico 2010-2011. C´è tempo per organizzarsi, quindi? Non lo pensa Ferdinando Siringo, professore di lettere al socio psicopedagogico Danilo Dolci di Brancaccio: «Gli alunni iscritti quest´anno si ritroveranno con testi scolastici e programmi di studio non più in vigore. Materie obbligatorie diventeranno opzionali e loro dovranno rifare tutto daccapo: un vero caos». Gli effetti immediati, comunque, non mancheranno: «Anzitutto la precarietà del personale tecnico-amministrativo e quella dei docenti. Negli ultimi 5-6 anni abbiamo avuto gli stessi insegnanti che, pur non essendo di ruolo, ormai conoscevano bene l´ambiente e le condizioni di lavoro. Erano il 30-35% dei docenti: chi li sostituirà adesso?». Le previsioni sulla riduzione oraria, poi, non sono confortanti: «Dovremo passare da 36 a 29 ore a settimana, praticamente un giorno di scuola in meno. È un cambiamento violento che non è stato preceduto da un dibattito serio, perciò credo che le mobilitazioni saranno inevitabili».
Se i tagli colpiranno le materie curriculari, ancora peggio andrà alle sperimentazioni: «Praticamente non esisteranno più, mentre le co-presenze saranno abolite di fatto – accusa Massimo Neglia, che insegna scienze motorie alla scuola media Gregorio Russo di Borgo Nuovo – Sul tempo prolungato, poi, ci saranno altri tagli». «La Gelmini ha garantito che sarebbe stato garantito nelle scuole in cui già c´era – aggiunge Mila Spicola – Ma mentre in Lombardia esiste nell´85% delle scuole, in Sicilia esiste nel 3%. Perciò qui da noi continuerà a non esserci. Una vera beffa». A rischio – sostiene Neglia – c´è anche il personale Ata: «Come facciamo a garantire la pulizia e la sicurezza? Con il taglio di uno-due posti all´anno in ogni scuola, anche questa sarà presto un´emergenza».
E gli studenti? «Vedrà, tra poco saranno le famiglie a infuriarsi – dice la preside Blandano – Un esempio? Con lo stesso numero di disabili, noi abbiamo perso il 30% degli insegnanti di sostegno, passando da 14 a 10. Con un Comune che non fornisce servizi di assistenza paralleli, a chi potranno affidare i ragazzi disabili? Cosa pensa che faranno le famiglie di fronte a questa situazione?».
Abituata all´emergenza, la Blandano non si scoraggia: «La verità è che la nostra è quasi un´autogestione. Senza docenti e senza soldi, la scuola non affonda solo perché ci sono persone che in questo lavoro ci credono davvero».
Repubblica/Napoli: «Esplode la rabbia dei precari occupata la direzione scolastica», di Bianca De Fazio
Come si sentono lo hanno scritto a grandi lettere sulle magliette che indossano per l´occasione: sono “Professionisti”, ma si vedono “Radiati, Esasperati, Cancellati, Annullati, Raggirati, Ignorati”. Parole dalle quali viene fuori un acronimo che equivale ad una condanna: “Precari”.
Precari della scuola disperati, oggi, perché i tagli dei ministri Gelmini e Tremonti non lasciano scampo: niente lavoro, quest´anno. Niente stipendio. In Campania ci sono 8000 posti in meno, tra insegnanti, bidelli e addetti alle segreterie.
Ottomila famiglie sul lastrico. Inevitabile la protesta. Dopo Salerno e Benevento, dopo i colleghi di mezza Italia, anche i precari napoletani si sono mobilitati. Ieri mattina l´appuntamento era per le 9.30 alle porte degli uffici dell´amministrazione scolastica, in via Ponte della Maddalena. Ed è finita con una mezza occupazione che nelle intenzioni degli insegnanti rimasti senza cattedra continuerà ad oltranza.
Mezza occupazione, perché la Digos ha fatto scudo impedendo che dall´ingresso dell´edificio i precari dilagassero negli uffici. I pochi che sono riusciti a forzare una finestra si sono barricati dentro, nonostante la minaccia – urlata da un dirigente della polizia – di essere denunciati e arrestati.
E nel parapiglia della protesta una donna si è sentita male. Una insegnante, come tutte le altre cinquanta persone circa che ieri hanno cercato di far sentire la loro voce. Come Patrizia C., 52 anni, madre di due bambini: «Fino all´anno scorso ho insegnato nella provincia di Livorno, nella scuola elementare. Incarichi annuali, certo, o supplenze molto lunghe, ma almeno portavo a casa lo stipendio. Stavolta Livorno non mi ha chiamato. Ed a Napoli non c´è alcuna possibilità di essere chiamata, neppure per una supplenza breve».
Le storie di queste donne si rincorrono simili le une alle altre. Assunta M.: «Ho trascorso l´estate nella speranza che si aprisse uno spiraglio. Insegno, anzi insegnavo, da precaria, nelle scuole superiori. Ho due lauree (una in Lingue e l´altra in Pedagogia), ho due master (oltre 2 mila euro ciascuno mi sono costati). Ho 12 anni d´insegnamento già maturati. I miei studenti di qualche anno fa si sono già laureati, alcuni già lavorano. E io sono ancora precaria. Anzi, quest´anno, sono disoccupata. Non fosse per lo stipendio di mio marito…».
Raccontano le loro vite, queste donne, mentre il sit in improvvisato blocca via Ponte della Maddalena. Mentre devono decidere se proporre o meno lo sciopero della fame. Qualcuna è convinta che sia il caso di farlo, o di occupare la direzione scolastica regionale. «Ma siamo pochi, siamo troppo pochi» lamentano. Una cinquantina di persone. «E dove sono tutti gli altri? Dove sono le migliaia di colleghi sui cui corpi sta passando la Gelmini?» si chiede Maura B. «Dove sono i sindacati?». In via Ponte della Maddalena c´è la Cgil, che ha aderito all´invito del Coordinamento precari della scuola, arrivano i Cobas. «Ci hanno chiesto di essere presenti, per protestare, e noi siamo qui» afferma Gabriella Refuto, segretaria cittadina della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil. Ma gli altri? «Sembrano incuranti della macelleria sociale in cui hanno trasformato la scuola» sottolinea Francesco M. Mentre Vincenzo S., insegnante precario di strumento musicale, protesta: «Qui a Napoli ci sono 36 cattedre a disposizione, per noi insegnanti di strumento, ma solo in 2 sono stati chiamati per le immissioni in ruolo».
I docenti di strumento fanno sentire gli effetti sonori della protesta: tamburelli e fischietti vanno a tutto gas. Ma il chiasso non cambia la loro situazione: «L´attesa d´una chiamata per insegnare si trasforma in agonia» afferma Vincenzo T., precario da 20 anni, nonostante sia vincitore di concorso. «Ma quest´anno resto fuori, senza lavoro».Fa caldo nell´ingresso dell´edificio della direzione scolastica. Eppure i precari non lasciano il presidio fino al pomeriggio, fino a quando, dopo l´ennesimo braccio di ferro con la polizia, «abbiamo contrattato il nostro allontanamento da qui: ottenendo, in cambio, la richiesta di un incontro con il prefetto. Con lui in persona, non con altri – afferma uno dei portavoce del Coordinamento dei precari, Antonella Vaccaro – Ed abbiamo chiesto, anche, la mobilitazione delle altre istituzioni: vorremmo al nostro fianco il presidente della Regione e quello della Provincia, ma anche i sindaci». «Qui è in gioco lo smantellamento della scuola pubblica. Difenderla dovrebbe essere interesse di tutti, indipendentemente dal colore del partito di appartenenza» aggiunge Roberto, che insegnava chitarra, ma si è riciclato come insegnante di sostegno, e neanche così riesce ad ottenere un lavoro. «Umiliato e costretto alla disoccupazione, ma non mollo. E domani (oggi, ndr) saremo ancora qui. E continueremo, almeno fino all´incontro col prefetto».
Repubblica/Napoli: «Mancano pure i bidelli, partenza a rischio», di b. d. f.
Bottino: sono preoccupato, in cattedra 4 mila supplenti in meno. La Regione manterrà in ruolo 300 docenti grazie a un intervento da nove milioni di euro. Gabriele: “Ma a Roma ignorano i nostri appelli”
«Sto facendo di tutto per limitare i danni. Sto insistendo con Roma per ottenere più insegnanti, sto lavorando con la Regione. Sto persino autorizzando operazioni al di fuori della norma, per conservare il posto a circa duemila Ata (il personale tecnico-amministrativo). Ma persiste il rischio che oggi ci si ritrovi con qualche scuola che resta chiusa perché manca, materialmente, il bidello con le chiavi». Il direttore scolastico regionale, Alberto Bottino, si dice «preoccupatissimo».
«Ma la tensione per la difesa dei posti di lavoro esiste in tutta Italia, e non solo nel mondo della scuola. Certo qui la situazione è particolarmente dolorosa: ci saranno circa 4000 supplenti in meno, rispetto all´anno scorso». Tagli di 8000 posti, ma Bottino tenta di ridimensionare il danno: «Una parte dei tagli è ammortizzata dai pensionamenti», spiega, e poi ci sono state le immissioni in ruolo. «Ne abbiamo già fatte mille per i docenti e settecento per il personale Ata, nonostante i ritardi nel calendario nazionale». Restano i tagli: «Mi sto impegnando con Roma per ottenere qualche docente in più, ma ho le mani legate. Le scelte del governo non sono io a poterle contestare. L´azione politica non spetta a me». Così, mentre Bottino cerca di placare gli animi dei precari e li rassicura circa il fatto che «da questo ufficio non partirà alcuna denuncia per la protesta di oggi», scendono in campo la Cgil e la Regione, schierati con gli insegnanti che perdono il posto, ma soprattutto contro il governo «che continua nelle spallate alla scuola pubblica».
«La Campania è la regione più colpita dai tagli – afferma il presidente Bassolino – eppure la qualità dell´istruzione e della formazione sono temi decisivi per il rilancio di un Sud che vuole stare al passo con le grandi sfide della modernizzazione e della crescita. La Regione anche per quest´anno manterrà in ruolo oltre 300 docenti precari. Ma è necessario che anche il governo faccia la sua parte». Non è tutto: «Occorre subito la convocazione di un tavolo interistituzionale con il governo, la Regione, le Province e i sindacati per definire nuove possibili soluzioni». La mobilitazione delle istituzioni era stata chiesta, in mattinata, anche dalla Cgil scuola della Campania, che ha rivolto un invito alla partecipazione alla società civile: «La Campania è vittima di oltre il 15 per cento dei tagli nazionali – afferma il segretario regionale della FlcCgil, Giuseppe Vassallo – quella del governo è una scelta chiara contro la scuola pubblica. Una scelta antimeridionalista». «La Cgil – aggiunge il segretario provinciale Gabriella Refuto – è al fianco dei lavoratori per frenare lo smantellamento della scuola pubblica. Ma chiediamo alle altre organizzazioni sindacali e alla società civile di unirsi a noi in un´azione collettiva a sostegno dell´istruzione pubblica».
Manifestazioni, sit in e scioperi sono in un pacchetto di mobilitazione che il sindacato sta mettendo a punto. «Per gli insegnanti precari si profila un futuro di disoccupazione, mentre per l´intera scuola campana sono alle porte arretratezza, abbassamento dell´offerta formativa e della qualità. Cose di cui faranno le spese soprattutto gli alunni più deboli». Che fine hanno fatto, si chiede il sindacato, gli ammortizzatori sociali promessi per i precari della scuola? «Chiediamo al governo risposte concrete e all´assessore regionale Corrado Gabriele di istituire un tavolo nelle prefetture di tutta la regione». L´assessore Gabriele da tempo tiene d´occhio la questione, e ha fatto sì che la Ragione investisse nove milioni per garantire il posto ad alcune centinaia di precari. «Sei mesi fa il governo ha ignorato i nostri appelli, tutte le nostre richieste di incontro volte a scongiurare il peggio sono cadute nel nulla, le proteste di questi giorni sono la diretta conseguenza delle scelte dell´esecutivo nazionale», afferma. E aggiunge: «Noi abbiamo messo sul tavolo una serie di soluzioni, se il governo avesse utilizzato meglio la disponibilità istituzionale e finanziaria offerta dalla Regione, oggi avremmo un numero maggiore di insegnanti con un contratto di lavoro». «Credo che il ministro Gelmini – conclude l´assessore – abbia il dovere di fornire una risposta chiara agli insegnanti che in queste ore protestano. O si interviene subito, oppure si sdogana la più colossale cartolarizzazione di cervelli mai avvenuta in Italia a favore degli istituti scolastici privati, i soggetti che maggiormente beneficiano delle politiche di questo governo».
Repubblica/Napoli: «La protesta di 7 insegnanti per la terza notte sul tetto», di Carlo Maria Miele
Le precarie sull´edificio dell´ex provveditorato: “Da esponenti del governo nessuna attenzione” Decine di colleghi hanno istituito nella zona un presidio permanente
Non si ferma la protesta delle docenti precarie beneventane. Per il terzo giorno consecutivo le sei insegnanti che manifestano contro i tagli alla scuola previsti dal decreto Gelmini (oltre 500 solo nel Sannio) sono rimaste sul tetto dell´ex provveditorato cittadino. Nonostante la pioggia e il caldo torrido delle ultime ore. E come gli operai dell´Innse di Milano, a cui dicono di ispirarsi, fanno sapere che non scenderanno fino a quando non avranno ottenuto risposte concrete.
«Vogliamo suscitare un forte e dovuto interessamento sulla questione del precariato e chiediamo adesso l´istituzione di un tavolo regionale per affrontare il problema. Vogliamo che si parli di queste migliaia di tagli nella scuola, intendiamo fare capire che dietro alle cifre ci sono degli esseri umani», dice Daniela Basile, una delle docenti che stanno prendendo parte alla protesta.
Finora le manifestanti hanno ricevuto attestati di sostegno da parte di partiti, sindacati e dal movimento No-global. Nel fine settimana, il sindaco Fausto Pepe e la giunta comunale hanno tenuto una riunione straordinaria nell´atrio del palazzo dell´ex provveditorato che si è presto trasformata in un dibattito pubblico sulla questione del precariato.
Sabato sera gli attivisti del centro sociale Depistaggio hanno organizzato una serata intitolata “Quattro notti e più di occupazione”, richiamando la rassegna “Quattro notti e più di luna piena” in corso in città.
Ieri mattina davanti all´edificio sono arrivate decine di altri insegnanti precari, che hanno messo in piedi un presidio permanente per testimoniare la loro vicinanza alle sei colleghe in lotta. E a seguire la protesta delle insegnanti – come raccontano loro stesse – sono gli stessi operai dell´Innse, che si stanno tenendo in costante contatto telefonico con le manifestanti.
«E´ dura trovarsi senza un lavoro da un giorno all´altro, dopo aver investito tante risorse nell´insegnamento. Ma le testimonianze di solidarietà che ci stanno giungendo da ogni parte ci danno forza e ci spingono ad andare avanti», afferma con convinzione Silvana Catalano, un´altra delle precarie in lotta.
L´intenzione è quella di proseguire a oltranza, nonostante le difficili condizioni ambientali che stanno mettendo a dura prova la resistenza delle manifestanti. Domenica una di loro è stata colta da un malore e ha dovuto far ricorso alle cure mediche, ma non ha voluto abbandonare la protesta.
Le sei insegnanti anzi sperano di coinvolgere sempre più persone. “Arrampichiamoci tutti”, recita il nuovo striscione appeso sull´edificio. C´è anche l´ovvia intenzione di suscitare anche l´attenzione dei deputati locali del Pdl, e in particolare del sottosegretario al Lavoro, Pasquale Viespoli, al fine di ottenere un interessamento diretto del governo.
«Ma da quella parte – dicono le insegnanti – finora non si è fatto sentire nessuno». E la protesta non si ferma mentre giunge la quarta notte da passare sul tetto dell´ex provveditorato.
Repubblica/Bologna: «I presidi: “La politica fa bene alla scuola”», di Eleonora Capelli
L´associazione Asabo: alcuni istituti senza soldi per pagare le pulizie. E vogliono incontrare il dirigente regionale
«La politica fa bene alla scuola». Questo lo slogan coniato dai presidi dell´Associazione scuole autonome di Bologna (Asabo) che chiedono di incontrare il direttore regionale, Marcello Limina, per «ragionare insieme a lui sulla storia e la tradizione della scuola bolognese». Una scuola “politicizzata”, ma nel senso, come spiega Aurelio Alaimo, preside dell´istituto Aldrovandi Rubbiani, «di una scuola dove è forte la dimensione politica del confronto tra posizioni, idee, persino religioni diverse».
Dopo la polemica sul caso Turci, con il direttore regionale che ha definito “disdicevoli” le dichiarazioni della preside dell´VIII circolo didattico contro la politica del ministero dell´istruzione in tema di tagli all´organico, in nome della lealtà al datore di lavoro, i presidi non solo si schierano dalla parte della collega, ma lo fanno dati alla mano. Raccontando di scuole in cui non mancano solo 813 ore di insegnamento nelle primarie e 580 nelle secondarie, secondo le stime dei presidi di Bologna, ma anche i soldi per pagare le pulizie (circa 100 mila euro all´anno), per cui sono cominciate ad arrivare lettere di diffida da parte delle ditte che hanno l´appalto del servizio. Parlano di istituti superiori, come l´Aldrovandi Rubbiani, dove gli alunni stranieri raggiungono il 50% degli iscritti, di classi delle elementari dove le ore di lezione previste sono 40 alla settimana ma non ci sono insegnanti assegnati, perché bisognerebbe recuperare le ore di compresenza che da quest´anno non ci saranno più. «Visto che sono 2 ore alla settimana per ogni insegnante, si potrebbe arrivare al paradosso di 20 insegnanti su una sola classe – dice la dirigente Cristina Maria Silvestri dell´Istituto Comprensivo 10 -. Naturalmente non si arriverà a tanto perché si faranno scelte diverse, ma l´esempio serve per dare un´idea del puzzle complicatissimo cui ci troviamo davanti». Secondo i presidi, mancano all´appello (è il caso di dirlo) anche i 15 mila euro annuali per comprare i registri, i gessi e la carta igienica.
Altro che «indistinta melassa di politica e amministrazione», che secondo Limina deve essere evitata con «la responsabilità di ognuno e il buon senso». «Noi siamo i sensori delle situazioni concrete e reali delle scuole – dice Maria Luisa Quintabà, preside del Mattei, sul cui sito Internet tra le news si trova l´accorpamento delle due classi seconde del liceo scienze sociali -. Se parliamo dei tagli è per aiutare l´amministrazione a migliorare». Visto che non c´è incompatibilità nell´impegno pubblico di un dirigente scolastico, «ogni altra forma di limitazione – scrivono i presidi – quand´anche fosse invocata in nome di una generica e sfuggente “opportunità”, si configura come un limite ai diritti costituzionali del cittadino».
Repubblica/Torino: «Scatta l´allarme per i prof di sostegno», di Ottavia Giustetti
Protestano famiglie e sindacati: in molte classi i disabili non saranno seguiti Oggi un sit in davanti alla sede del Miur. Pesanti i tagli per i supplenti nelle medie
Inizio di anno scolastico a rischio anche in Piemonte dove il problema delle risorse assegnate alle scuole colpisce soprattutto i giovani studenti con portatori di handicap. Il numero di questi ragazzi, che hanno bisogno di insegnanti di sostegno e personale ausiliario specializzato, è cresciuto moltissimo rispetto allo scorso anno mentre il ministero non ha assegnato risorse in più né su un fronte né sull´altro. Stiamo parlando di qualcosa come ottocento studenti che avrebbero bisogno di attenzioni particolari e che si troveranno invece a dover affrontare l´anno senza aiuti, come hanno fatto presente ieri i sindacati nel corso di un incontro all´ufficio scolastico regionale. La media dei disabili in tutta la regione è salita a circa 15 per ogni scuola ma ci sono alcune situazioni particolari dove i numeri sono davvero impressionanti, istituti nei quali i portatori di handicap superano il centinaio. Per legge ognuna di queste dovrebbe avere un docente di sostegno ogni due ragazzi e se dal ministero non saranno messe a disposizione nuove cattedre molte scuole non saranno in regola. Così Flc Cgil, Cisl e Uil, chiederanno che sia posticipato l´inizio dell´anno scolastico, con un presidio che si terrà questa mattina in via Pietro Micca sotto la sede del Miur. Anche alcune associazioni di insegnanti e genitori hanno aderito alla manifestazione portando anche alcuni casi concreti di difficoltà nelle scuole e chiedendo una mobilitazione massiccia per combattere contro il taglio delle cattedre.
Alla scuola Parri-Capponi per esempio non è stato dato l´insegnante per far funzionare a tempo pieno una classe prima, come richiesto dalle famiglie – denuncia l´associazione Manifesto dei 500 – ora la scuola dovrà «scegliere» tra il non concedere le 40 ore oppure utilizzare un altro insegnante, danneggiando così la lingua inglese. Alla scuola Aleramo invece è stato concesso un solo posto per due classi a tempo pieno e un laboratorio stranieri. Qui, dunque, non c´è neppure la «scelta» e ci si troverà con classi di 27-28 alunni con gravi portatori di handicap. E il posto sugli stranieri non è stato concesso. Infine il problema della scuola media dove i tagli sono pesantissimi: 303 supplenze in meno in provincia di Torino e 688 in Piemonte, che significa, tra l´altro, 688 persone senza stipendio.
A inizio agosto il direttore scolastico regionale Francesco de Sanctis si era detto soddisfatto degli organici assegnati dal ministero che concedeva al Piemonte 625 nuovi posti così suddivisi: 306 posti di sostegno su tutti gli ordini di scuola, 319 posti per tutte le altre tipologie e ordini di scuola. «In realtà i posti realmente necessari sarebbero 2.627 – dice la segreteria provinciale Flc Cgil – e quindi le 319 assunzioni rappresentano un misero 12 per cento delle necessità: a nostro parere c´è ben poco da essere soddisfatti».
Il Tempo/Molise: «Scuola, sit-in dei precari per il diritto al lavoro», di Carmen Sepede
La protesta si svolgerà sotto l’assessorato all’istruzione, dove si decide sull’utilizzo dei 500.000 euro stanziati dalla Regione
CAMPOBASSO Una manifestazione di protesta, per difendere il diritto al lavoro e alla scuola pubblica. Una manifestazione che i 480 precari del Molise rimasti senza cattedra terranno stamattina, sotto la sede dell’assessorato all’istruzione di via Crispi, dove è stato convocato il tavolo tecnico nel quale dovranno essere stabiliti i criteri di attribuzione dei fondi, 500.000 euro, stanziati dalla Regione. Ieri, invece, scene di caos e di «nervosismo», si sono verificate nella scuola «Colozza» di via D’Amato, dove si provvedeva ad assegnare le 102 cattedre disponibili nelle scuole medie e superiori ad un esercito di oltre 300 aspiranti. Buona parte di loro sono dunque rimasti «fuori», mentre in tanti hanno protestato per la scelta della sede e perché non erano stati affissi gli elenchi con le disponibilità nei vari istituti della provincia. Il sit-in dei lavoratori a tempo determinato (tra loro pure docenti di mezz’eta, con venti e più anni di insegnamento alle spalle), inizierà oggi alle 9,30, con la Cgil che si rivolgere anche ai lavoratori in servizio, invitandoli a partecipare. «Abbiamo più volte ricordato – ha evidenziato il segretario regionale della Flc Sergio Sorella – come la drastica riduzione di posti di lavoro (oltre 480 tra docenti e personale Ata) creerà in Molise un grave problema sociale. Sappiamo che la situazione è difficile anche per i docenti di ruolo, visto che nel Molise quasi 300 sono stati dichiarati soprannumerari. In molti casi – aggiunge il sindacalista – per rientrare nei tagli imposti, sono state costituite cattedre in organico di diritto illegittimamente a più di 18 ore, in aperta violazione del contratto di lavoro». Un elemento questo, rimarca ancora il responsabile della Federazione lavoratori della conoscenza, che ha ulteriormente aggravato la situazione, col via ai «licenziamenti» per i non assunti. Ne consegue che nell’anno scolastico 2009/2010 in tanti non lavoreranno. La mobilitazione dei precari, spiega Sorella, ha tuttavia sortito un primo importante risultato: l’impegno della Regione a sostenere la categoria e la convocazione del tavolo tecnico presso l’assessorato regionale all’istruzione, previsto proprio per questa mattina. «Continuiamo a sollecitare gli incontri tra Ministero e Inps – conclude il segretario della Flc – per definire i criteri per l’attuazione del contratto di disponibilità. Ma non basta. In considerazione dell’elevato numero di ore residue restituite ai dirigenti scolastici dall’Ufficio scolastico provinciale, chiediamo ai docenti in servizio di non accettare proposte di ore aggiuntive. Anche un piccolo gesto di solidarietà può essere di grande aiuto, poiché 200 spezzoni orario tra scuola media e superiore rimarrebbero a disposizione dei precari, con la possibilità di ottenere contratti, anche se per poche ore». Invito, questo, che sarà diramato anche dalle Rsu durante il primo collegio dei docenti.
Manifesto: «I prof precari incatenati davanti al Provveditorato», di Mariangela Maturi
Comincia la protesta degli insegnanti senza cattedra
Primo settembre. E’proprio ora di ricominciare. La scuola, e anche il doposcuola. Che dall’anno scorso è necessariamente da passare sotto il Provveditorato, fra striscioni e bandiere, chiedendo risposte sul disastro della riforma Gelmini. Da oggi, per cominciare, trovate un gruppo di giovani precari della scuola (gli insegnanti dei vostri figli) incatenati ai cancelli dell’edificio. «E’ il momento più caldo dell’anno – racconta Matteo, del coordinamento Lavoratori della scuola 3 ottobre – in questi giorni ci sono le nomine, e anche in altre città d’Italia si organizza la stessa iniziativa: presidio permanente con tanto di catene, tende e sacchi a pelo». La prospettiva di giorni difficili non spaventa chi da oggi risale sulle barricate. «L’Innse insegna, no?», ridono. La richiesta per i precari della scuola, a ben guardare, è la stessa degli operai di via Rubattino: un posto di lavoro, dove di lavoro c’è bisogno. «Non ci muoveremo fino a che non verranno riconfermati tutti i precari che hanno lavorato lo scorso anno. Ci piacerebbe che l’obiettivo fosse una politica seria di assunzione, con l’ampliamento degli organici. Ma intanto garantiscano che chi c’era non rimanga senza lavoro». Le cattedre a cui aggrapparsi, ormai, sono poche. A Milano i «tagliati» dovrebbero essere più di mille. In tutt’Italia 43mila, a cui vanno aggiunti i diecimila precari del personale Ata che faranno la stessa fine. «E’ il più grande licenziamento di massa della storia commenta Matteo – un numero 10 volte maggiore degli esuberi di Alitalia, 1000 volte più grande degli operai dell’Innse. In più, paghiamo lo scotto di una campagna mediatica che vuol far passare la riforma come un miglioramento della scuola». Non solo rispetto ai tagli del personale, ma anche sull’organizzazione del lavoro: al di là della questione del grembiulino, il problema è serio. A Milano le richieste per il tempo pieno sono aumentate, mentre gli insegnanti diminuiscono. Le classi, già strette, entro un paio d’anni ospiteranno trenta, trentacinque bambini in spazi che non dovrebbero contenerne più di venti. Per non parlare di come franerà disastrosamente la didattica. Al presidio partecipa anche il «Movimento scuola precaria», altro gruppo che sta preparando un’assemblea per il 9 settembre. «Saremo lì anche il 2, in orario di ricevimento del provveditore – racconta Claudio – per chiedere una maggior trasparenza nell’assegnazione delle cattedre e un calendario delle nomine in corso». Chi ben comincia…
Manifesto: «Istruzione pubblica tra licenziamenti e rottamazione», di Paolo Fasce
L’ultima legge finanziaria del governo Prodi/Padoa Schioppa/Fioroni – non senza battaglie significative dei precari italiani e resistenze del predecessore di Tremonti – aveva stabilito un piano triennale che, assumendo 50.000 persone per ciascuno dei tre anni successivi, avrebbe consentito un piano di rientro dal precariato di almeno metà degli iscritti alle «Graduatorie ad esaurimento». La percentuale è ben più significativa se si considerano le persone «stabili nel precariato» (coloro i quali ottengono un contratto dal primo settembre al 30 giugno da diversi anni). La seconda tranche, che probabilmente Fioroni e Padoa Schioppa avrebbero potuto firmare prima di lasciare tutto nelle mani del Pdl, fu dimezzata ed è per questo che i precari protestarono il 23 luglio 2008 formando un primo coordinamento tra i tre tronconi – spesso litigiosi – del precariato scolastico: gli «idonei» ai vecchi concorsi del 1999 e del 1990, gli «abilitati» tramite le Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario e i «promossi» sul campo coi corsi abilitanti. Considerato il fatto che nell’anno corrente le assunzioni hanno riguardato solo 8000 insegnanti, mancano all’appello, rispetto al piano triennale precedente, ben 67.000 assunzioni.
Se gli insegnanti piangono, gli Ata (impiegati di segreterie e collaboratori scolastici, cioè i bidelli) di certo non ridono: le stabilizzazioni su questo fronte sono ancora minori. Occorre ricordare che circa il 17% – più di uno su sei – degli insegnanti è precario, mentre negli uffici e nei corridoi delle scuole si raggiungono punte del 50%.
Mentre i precari lamentavano le assunzioni disattese, il governo convertiva il decreto-legge 25/6/2008 n.112 nella Legge 6/8/2008 n. 133. Al Capo II (Contenimento della spesa per il pubblico impiego), nell’art. 64 (Disposizioni in materia di organizzazione scolastica), la famigerata legge 133 procedeva a tagli per complessivi otto miliardi di euro, raggiunti sostanzialmente nel seguente modo: meno ore a scuola (alla scuola primaria si spinse per la «famiglia del mulino bianco», che pranza a casa e non abbisogna del doposcuola, fallendo miseramente nelle indicazioni dei genitori; nella secondaria si ridussero le ore); meno compresenze (il modello della «maestra unica» non ha motivazioni pedagogiche); aumento del numero di alunni per classe.
Nelle prossime settimane l’ultimo punto verrà percepito anche dai genitori, mentre in questi giorni sono i tagli degli insegnanti e degli Ata a farsi sentire. I comitati locali dei precari, riuniti nel «Coordinamento precari scuola», hanno manifestato anche quest’estate Montecitorio, il 15 luglio. Persone che da anni erano «stabilizzate nel precariato», in questi giorni (alle chiamate di fine agosto) si sono trovate sulla strada. L’età media di assunzione di un precario è superiore ai quarant’anni; ne consegue che le 18.000 persone rimaste a casa quest’anno (sarebbero più del doppio se i pensionamenti non avessero attutito parzialmente il problema) sono in massima parte padri e madri di famiglia, non di rado monoreddito, spesso entrambi precari (della scuola).
I tagli maggiori sono concentrati nel Sud, dove i risultati dei test Ocse Pisa e le più recenti rilevazioni Invalsi mettono in evidenza semmai la necessità di investimenti significativi. Ma il problema di una didattica all’altezza dei tempi, nell’ambito di una classe di più di 30 alunni, si faranno sentire anche a Verona o a Cuneo.
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