Mese: Agosto 2009

“La lega e l’Italia delle regioni”, di Paola Bonora

Caro direttore, da vent’anni le urla roche di Bossi costruiscono l’immaginario geografico e la mappa costituzionale dell’Italia. Performano la sua intelaiatura territoriale. Ora spostano il gioco direttamente sui simboli. Un dispositivo semiotico dall’intento sfacciatamente separatista per marcare differenze, frantumare la faticata unità, giustificare le gabbie, gli sbarramenti culturali, le xenofobie. Icone inventate, sconosciute, pure finzioni. Sulle identità regionali, qui sta il paradosso. Tutta la geografia delle regioni è inventata. Eppure esiste dall’atto costituente. Le regioni costituzionali potrebbero infatti rientrare a pieno diritto tra i falsi storici. Non sono mai esistite prima del 1948. Quelle che noi chiamiamo regioni, e sulla cui istituzione in organi di governo periferico i costituenti hanno discusso lungamente, erano in realtà i “compartimenti statistici” che vennero ritagliati per l’organizzazione del primo censimento del Regno. Ribattezzati con noncuranza “regioni” a inizio Novecento senza che ne fossero mutati fisionomia e significato. Partizioni disegnate per la raccolta dei dati ma prive di altre implicazioni, se non per qualche vago e impreciso riferimento a denominazioni tramandate (come tante altre toponomastiche locali che pure non hanno …

“No Certosa, no party”, di Massimo Gramellini

Una notizia leggera ma buona, per ricominciare. Il settanta per cento degli italiani vorrebbe trascorrere il Ferragosto a Villa Certosa con il padrone di casa, i suoi cari e le sue care. «Accetterebbe l’invito senza esitazioni», recita testualmente il sondaggio di «Novella 2000». Qual è la buona notizia? Beh, che un trenta per cento di italiani non accetterebbe l’invito. O avrebbe almeno un’esitazione prima di tuffarsi sotto la doccia con Topolanek. Immaginavo fossero molti, ma molti di meno. Colpa dei pregiudizi che mi portano spesso a sottovalutare le risorse morali di questo straordinario Paese. Trenta per cento. Per inciso, più di quelli che votano Pd. Se ne deduce che il Pd non riesce a raggiungere nemmeno tutti gli allergici al Certosismo: figuriamoci gli altri. Poiché ho deciso di seguire il consiglio del settanta per cento dei lettori, non parlando più di B, e di seguire il consiglio dello stesso B, non parlando più di tutto ciò che rattrista le masse e intralcia la loro propensione al consumo, non mi resta che baloccarmi con quel numero …

“Il Pd e la sfida della questione morale”, di Roberto Della Seta

Massimo D’Alema ha detto qualche giorno fa che il Pd non è un’associazione a delinquere. Affermazione forte, che attribuisce all’inchiesta di Bari sulle presunte tangenti a esponenti del centrosinistra l’intenzione, o comunque la conseguenza, di criminalizzare il nostro partito come se fosse, appunto, una banda dedita al malaffare. Affermazione forte e non proprio beneaugurante, poiché ricorda la celebre arringa in difesa della Dc pronunciata in Parlamento da Aldo Moro – «non ci faremo processare nelle piazze» -, seguita dopo non molto da Tangentopoli e dal collasso dei partiti che avevano governato l’Italia per un quarantennio. Concetti analoghi a quelli espressi da D’Alema si ritrovano in un intervista di Nicola Latorre al Corriere della Sera: «Nel Pd non esiste una questione morale». È vero, naturalmente, che il Pd non è una banda. Ma sulla questione morale non abbiamo le carte in regola: più ancora che per le (tante) inchieste giudiziarie che vedono coinvolti amministratori democratici, ciò è vero per l’oggettiva opacità di troppe nostre scelte sul tema dei rapporti tra etica e politica. Gli esempi purtroppo …

“Ergastolo all’ufficiale nazista che ordinò la strage di Falzano”, di Laura Lucchini

Josef Scheungraber, 91 anni, è stato condannato ieri all’ergastolo dal tribunale di Monaco. I giudici lo hanno ritenuto colpevole del massacro di Falzano (Arezzo) avvenuto il 26 giugno ’44. Vennero trucidati 14 civili. La resa dei conti con la Storia può arrivare a 91 anni nella vita di un uomo. È il caso di Josef Scheungraber il criminale di guerra nazista che è stato condannato ieri all’ergastolo dal tribunale di Monaco. Scheungraber è stato riconosciuto colpevole, dopo 65 anni, del massacro in cui furono uccisi 14 civili italiani a Falzano di Cortona in provincia di Arezzo, il 26 giugno del 1944. In uno degli ultimi processi a criminali di guerra nazisti realizzati in Germania, il novantunenne bavarese, residente a Ottobrunn, è stato riconosciuto responsabile degli eventi Falzano. Secondo l’accusa infatti ordinò alle sue truppe di sparare a tre uomini e un’anziana signora per strada. Successivamente fece rinchiudere 11 persone in una fattoria che fu poi fatta saltare in aria. Dall’esplosione si salvò Gino Masetti, allora quindicenne. Scheungraber era venticinquenne tenente del battaglione 818 degli alpini …

Contro le gabbie con tutte le forze. Epifani: “Non escludo lo sciopero generale”.Sì alla fiscalità di vantaggio nelle aree disagiate”, di Antonella Rampino

Sostiene Guglielmo Epifani che, nonostante il coro di no, «la Lega non demorderà dalle gabbie salariali». Il gran capo della Cgil è contrario perché, dice, «a parte il fatto che le gabbie salariali esistono già, è come voler tornare ai dialetti: che idea di Paese ha la Lega? Il bergamasco invece dell’inglese, la busta paga di Castrovillari piuttosto che quella di Lodi, quando per guardare avanti bisognerebbe conoscere il cinese, e progettare il salario europeo». Però, Epifani, quelle gabbie salariali che oggi forse l’Europa ci boccerebbe l’Italia una volta ce le aveva… «Infatti, quelle della Lega sono parole d’ordine regressive. Di gabbie salariali in Italia, di fatto, ce ne sono già quattro. Sono le grandi diseguaglianze tra lavoratori del Nord e lavoratori del Sud, perché un occupato del settore privato del Sud guadagna il 20-25 per cento in meno rispetto a un lavoratore del Nord. E poi anche le differenze tra lavoro maschile e femminile, nell’ordine del 15-20 per cento. C’è poi una terza gabbia salariale che è quella del lavoratore italiano e un immigrato, …

“Alle donne italiane dico: non siate docili riprendetevi la parola” conversazione con Nadia Urbinati, di Concita De Gregorio

Tutto avviene nel silenzio. C’è un’idea diffusa di impotenza, di rassegnazione. Alla politica si è sostituito il potere. La gestione delle cose, gli affari privati. Tutto è ormai una faccenda privata: di scambi, di soldi, di favori. Dove sono i cittadini, in questo paese? Dove sono le donne? In tutto il mondo le donne sono in piazza. Alla sbarra a Teheran, massacrate in Iran, prigioniere in Birmania. Volti femminili che diventano icone della protesta. Qui, in questa nostra democrazia in declino, di donne si parla per dire delle escort, delle ragazzine che dal bagno attiguo alla camera da letto del tiranno telefonano a casa alla madre per raccontare, contente, “mamma sapessi dove sono” e rallegrarsi insieme. E fuori, e le altre? Silenzio. L’apatia ci accompagna…». Il tempo del silenzio, ripete Nadia Urbinati, docente di Teoria politica alla Columbia university. «Avrei voluto far qualcosa, in questi mesi estivi che passo in Italia, ma mi si dice che si deve aspettare l’autunno. Non capisco come mai. Non vedo che altro ci sia da aspettare. Le vittorie di …

“Nuova condanna per San Suu Kyi. L’Onu chiede il rilascio immediato”

Altri 18 mesi agli arresti domiciliari. Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione birmana, rimarrà nella sua casa-prigione ancora un anno e mezzo. L’accusa per il premio Nobel per la Pace è di violazione degli arresti domiciliari. Secondo molti è semplicemente una scusa che il regime birmano ha individuato per togliere di mezzo l’attivista in vista delle elezioni del prossimo anno, dopo l’iniziativa di John William Yethaw, cittadino americano di religione mormone, che il 3 maggio scorso raggiunse a nuoto la casa di Suu Kyi. L’uomo, processato anche lui, è stato condannato a sette anni di lavori forzati. A sostegno della leader birmana scende in campo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki Moon, chiedendo «al governo della Birmania di rilasciare immediatamente e senza condizioni Aung San Suu Kyi». Dura reazione alla condanna della leader birmana da parte dell’Ue, che minaccia sanzioni. E anche il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, come l’Onu, ha chiesto la liberazione immediata e incondizionata di Aung San Suu Kyi. GLI ARRESTI- La leader della Lega Nazionale per la …