La tragica vicenda dei migranti inghiottiti dal mare tra Malta e Lampedusa ha spinto molti visitatori del sito ad intervenire con commenti al post che riprendeva l’articolo domenicale di Scalfari su Repubblica (“Quei morti che gridano dal fondo del mare”) .
Hanno scritto persone di centrodestra e centrosinistra. Qualcuno si dichiara “orgoglioso simpatizzante di Almirante”, ma non esita a manifestare la propria nausea nei confronti “di questo periodo moralmente buio” e parla significativamente di responsabilità per quella che è stata una vera e propria “strage”.
Ho voluto intitolare così questo mio post parafrasando l’agghiacciante nome dato al gioco virtuale (?) promosso dal figlio di Umberto Bossi, perché, come ha lucidamente sottolineato il fondatore di Repubblica, il collante di questa maggioranza è sempre più l’odio e il richiamo ai peggiori istinti della società. La destra è alla ricerca continua di un capro espiatorio al quale imputare la sua inadeguatezza a governare. C’è la crisi? Viene negata, ma davanti alla crescente disoccupazione ci si può rifugiare dietro al paravento della presenza degli stranieri. Viviamo in una società insicura? Si tagliano le risorse a polizia e carabinieri e si dà la colpa ai clandestini. Come ha ricordato qualcuno, anche in passato, negli anni più bui della storia d’Italia, la peggiore classe dirigente del nostro Paese ha adottato questa strategia. Non ci ha portato da nessuna parte. Anzi, ci ha fatto precipitare nel baratro.
A chi, davanti alla morte di 73 persone, ha l’impudenza di chiedere “come fanno 78 persone a stare su un gommone di 12 metri quadri???”, dubitando di ciò che ormai è evidente tutti, voglio dire che forse la domanda da porsi è un’altra: “cosa spinge 78 persone a imbarcarsi su un gommone di 12 metri quadri rischiando (anzi, perdendo) la vita in mare?”. Perché non proviamo a porci questa domanda?
Si è parlato di clandestini. Forse il termine più appropriato sarebbe esuli, ma non lo sapremo mai, proprio perché questa legge sciagurata e, come scrive Scalfari, “indegna di un paese civile”, ci impedisce perfino di verificare se si tratta di profughi in fuga da paesi in guerra o di migranti alla ricerca di una vita migliore.
Sia nel primo che nel secondo caso la nostra generazione forse non è del tutto in grado di rispondere. I nostri antenati invece sanno cosa vuol dire vivere in un paese in guerra, sotto una dittatura o in preda alla fame. Gli italiani, lo dimostrano i centocinquanta anni di storia unitaria (e forse anche per questo il Governo pare non considerare utile celebrare questo importante anniversario), hanno provato sulla propria pelle quello che oggi provano gli stranieri. Siamo un popolo di migranti. Da sud a nord. Ma anche da nord all’estero. Quanti veneti, emiliani, piemontesi e lombardi hanno attraversato le alpi, il Mediterraneo, gli oceani alla ricerca di un futuro migliore?
Come ricorda Scalfari, “una classe dirigente dovrebbe rappresentare ed evocare gli istinti più nobili di un popolo, educandolo con l’esempio, spronandolo ad una visione alta del bene comune” e non richiamare gli istinti egoistici di ognuno, come fa la destra italiana.
Oggi la tragedia dei migranti è scomparsa dalle prime pagine (e in alcuni giornali anche dalle ultime). Figurarsi dai telegiornali di regime. Ricordo un Berlusconi con le lacrime agli occhi per la tragedia avvenuta nel 1997 che contò 87 vittime. Sono amareggiata e nauseata. Abbiamo fatto una battaglia durissima in Parlamento contro i provvedimenti della destra sull’immigrazione. Non ci siamo voltati dall’altra parte. Ma è stato tutto inutile.
Adda passa a’nuttata che stiamo attraversando. Speriamo solo avvenga al più presto.
Manuela Ghizzoni
25 agosto 2009
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