Il leader Pd: “Frattini è stato per 4 anni commissario Ue con delega all’immigrazione”.
Colpito dalle polemiche sviluppate dal ministro Frattini nei confronti della Unione europea dopo l’ultimo naufragio nel canale di Sicilia; sorpreso dall’intenzione dei ministri di Berlusconi di disertare la Festa democratica di Genova; perplesso di fronte ad alcune affermazioni di Beppe Vacca, direttore dell’Istituto Gramsci, rilasciate in una intervista al “La Stampa”. Ecco Piero Fassino, pronto ad affrontare un autunno che, per il Paese ed il Pd, si annuncia “caldo” su più fronti.
Onorevole Fassino, cos’è che l’ha colpita delle ultime affermazioni del ministro Frattini?
«Il fatto che, partendo dall’ultima tragedia in Sicilia, abbia puntato l’indice contro l’Unione Europea, accusata di parlare ma di non intervenire. E’ una polemica che mi sorprende».
Perchè?
«Non è stato lui commissario europeo – e per quattro anni – proprio alla sicurezza, con delega in materia di immigrazione? Non solo: è stato ministro degli Esteri in passato e lo è attualmente. Ora punta l’indice contro l’assenza dell’Europa: ma la verità è che il governo italiano ha puntualmente cercato, proprio su queste materie, di evitare ogni confronto con l’Unione europea, forse temendo che venisse loro chiesto di fare cose che non vogliono fare».
Per esempio modulare con più attenzione la politica dei respingimenti?
«Il contrasto del traffico di immigrati, per quanto severo sia, non può significare che si lasciano morire persone in mezzo al mare. Le mie posizioni sono note: verso l’immigrazione clandestina bisogna avere un atteggiamento rigido. Non lo dico da ora, e per aver sostenuto che i respingimenti non vanno demonizzati, ho avuto anche i miei problemi. Ma una cosa è riaccompagnare l’imbarcazione clandestina nel porto da cui è partita, altra è rifiutare il soccorso e abbandonarla ad un destino tragico: e qui non indico solo responsabilità italiane. In più, è agghiacciante che dopo l’ultimo terribile naufragio non si siano sentite parole di pietà, se non da parte della Chiesa».
Secondo alcuni, anche il Pd sarebbe intervenuto con voce flebile, perchè preso dalle sue vicende congressuali.
«E’ una contestazione che respingo. E osservo che nei confronti del Partito democratico viene spesso esercitata una severità che sarebbe forse meglio indirizzare verso il governo. Infatti, dall’immigrazione alla polemica sulle cosiddette gabbie salariali, non c’è questione sulla quale Franceschini, Bersani e io stesso non si sia intervenuti per esplicitare la posizione del Pd».
A proposito di Partito democratico, cos’è che non l’ha convinta dell’intervista rilasciata da Beppe Vacca a “La Stampa”?
«Ci sono due cose che mi hanno colpito. La prima è il sostenere che l’affermarsi in politica di un modello leaderistico sia responsabilità da attribuire al Pds-Ds. Vede, io ho fatto il segretario per sette anni, e l’ho fatto ricostruendo e guidando un partito che ha vinto tutte le elezioni attraverso le quali è passato, riportando il centrosinistra al governo e poi favorendo la nascita del Pd. Ad esser onesti, non mi sembra un esempio di leaderismo senza partito…».
E l’altra cosa che non la convince?
«E’ l’affermazione secondo la quale, per fare un forte Pd, dovremmo ripartire da Gramsci, Intendiamoci: per la storia da cui provengo e per il fatto di essere torinese, mi potrebbe anche star bene. Ma noi stiamo costruendo il Pd. E allora, solo per restare a Torino, dico che affianco a Gramsci dobbiamo citare Angelo Tasca e Piero Gobetti, Noberto Bobbio e Vittorio Foa, Piergiorgio Frassati, don Orione e don Cafasso. E’ così, secondo me, che si rilancia e si radica il Pd: unificando una pluralità di culture progressiste».
Un’ultima cosa, onorevole Fassino: i ministri del governo Berlusconi intendono disertare la vostra festa per la battuta sul “festino” riservata al premier. Non era forse il caso di chiedere scusa e di chiuderla lì?
«Guardi, mi offre l’occasione per rivolgere un appello ai nostri avversari politici: e l’appello è a recuperare il senso della misura. Una battuta è una battuta, irriverente per definizione. Quella in questione può esser stata più o meno felice, ma non giustifica guerre di religione. Non ci si scusa per una battuta: altrimenti dovremmo pretendere che lo faccia Calderoli, per esempio, che ieri ha definito la nostra festa un funerale. Non è un funerale, naturalmente. Vengano e vedano, partecipino ai nostri dibattiti come è sempre stato: saranno ospiti graditi, accolti con cortesia e ascoltati con attenzione. Ma per favore, con i tanti guai che già ci sono, evitiamo di scatenare tempeste in un bicchier d’acqua».
La Stampa 24.08.09