Percorsi scolastici differenziali per i giovani figli di migranti? Bankitalia ha lanciato l’allarme due giorni fa parlando della dispersione scolastica. E la Flc-Cgil, che sta tallonando il governo Berlusconi proprio sull’attacco al diritto allo studio, non nasconde certo il problema. «Il rischio di una ghettizzazione ed esclusione dei figli dei migranti nella scuola è concreto – spiega a Liberazione Mimmo Pantaleo, segretario generale del sindacato di categoria della scuola – grazie anche all’effetto combinato dei tagli alla scuola da una parte e delle norme sulla sicurezza dall’altra. Per la cosiddetta seconda generazione – continua Pantaleo – la possibilità di veder garantito il diritto allo studio si abbassa notevolmente. Un esempio concreto? Visto che l’esame di maturità si può dare a diciannove anni, il figlio di un migrante che raggiunge la maggiore età in stato di clandestinità non potrà sostenerlo».
Se il trend si mantiene costante, quest’anno gli alunni di cittadinanza estera nel nostro paese potrebbero sfiorare le 700mila unità. I dati si ricavano dal dossier Statistico immigrazione 2008 della Caritas. «L’anno scolastico 2007-2008 ha visto il numero degli iscritti non italiani – si legge – salire del 14,4% rispetto al precedente, raggiungendo le 574.133 unità. Continua dunque a mantenersi costante l’incremento annuale di questi studenti, che in media registrano da tempo incrementi annui tra le 50mila e le 70mila unità».
Dati certi recenti sulla dispersione scolastica degli alunni figli di migranti non è facile reperirne. Però ci sono alcuni indicatori che spiegano molto bene la situazione di forte disagio in cui si trovano questi ragazzi. C’è il rischio che questo disagio si trasformi facilmente in una ghettizzazione di fatto. E’ lo steso ministero della Pubblica istruzione, per esempio, a sottolineare come ben il 42,5% di alunni stranieri non è in regola con gli studi. Tra coloro che hanno ripetuto qualche anno scolastico, più del 90% è nato all’estero. Sempre la Caritas, poi, ha elaborato un indicatore di dispersione scolastica basato sul numero di alunni stranieri non ammessi all’esame finale di terza media (anno scolastico 2005/06). La media nazionale è del 9,5%.
Secondo altri dati, che risalgono però all’anno scolastico 2001-02, la percentuale di studenti non italiani promossi nelle scuole di secondo grado, dove il fenomeno della dispesione scolastica è più frequente, è del 77% contro l’85% degli italiani.
Un caso concreto è quello della Provincia di Prato, tra i territori con la più alta presenza di alunni non italiani. Stando ai dati del 2005, l’abbandono scolastico tra i figli dei migranti era del 38% nelle scuole medie e del 55% nelle superiori. Questi dati, considerando il peso specifico assunto nel frattempo dalla componente migrante nella scuola, rischiano di riportare l’Italia alle percentuali di dispersione scolastica della fine degli anni ’90 qundo erano intorno al 23%. Nel 2010 scade il termine posto dall’Europa di stare entro il 10% (Obiettivo di Lisbona). L’Italia è ben lontana dal rispettarlo. E’ proprio mirando alla chiave “immigrazione” che nei paesi del centro-Europa sono stati fatti significativi passi in avanti. In Germania, per esempio, alcuni dei tanti progetti contro la dispersione sono stati portati avanti nelle zone di Belm e Rutli dove quasi l’80% degli studenti della scuola media sono immigrati e molti di essi provengono dalle ex-repubbliche sovietiche.
Secondo Giorgio Alessandrini, «per l’inserimento nella scuola dei giovani stranieri vi sono delle questioni di fondo, come ad esempio la conoscenza della lingua italiana». «Ma io credo che il problema – aggiunge – dovrebbe essere gestito facendo crescere la consapevolezza in tutti i cittadini italiani del prezioso contributo che gli studenti immigrati possono dare all’Italia nella grande sfida culturale della globalizzazione». Esattamente il contrario di quanto sta accadendo in Italia. Anche lui, come tanti altri esperti, mette in evidenza sia «la solitudine dell’insegnante che fa bene il suo lavoro», sia «l’esigenza di dotare il sistema scolastico di laboratori linguistici e delle nuove professionalità dei mediatori culturali».
Perché è importante affrontare il nodo della dispersione scolastico della “seconda generazione” in Italia? Perché, come scrive il Cnel nell’ultimo Rapporto sugli “Indici di integrazione degli immigrati in Italia” sono proprio i figli dei migranti a non avere alcuna intenzione di ripercorrere gli stessi percorsi di esclusione e ghettizzazione sociale sofferti dai loro genitori. Quindi, come sostengono gli esperti del Cnel, se si reprime brutalmente questo trend il rischio di conflitto sociale è alle porte.
Liberazione, 21 agosto 2009