Intervista a Cesare Damiano. L’ex ministro del Lavoro: il governo convochi le parti sociali per affrontare la questione del potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni
Il governo si sforza di «archiviare la crisi, ma la realtà va nella direzione opposta. Gli ultimi dati Ocse sono l’ennesima conferma. Bisogna intervenire».
Il responsabile Lavoro del Pd, Cesare Damiano, reclama una «terapia d’urto», con la detassazione di salari e pensioni, l’estensione della 14esima ai pensionati e più ammortizzatori sociali. Invece si parla di gabbie salariali: «Non si tratta di semplice propaganda, c’è un disegno politico preciso».
L’Ocse ritocca in negativo il nostro Pil. Ma la crisi non era alle spalle?
«No e un esecutivo che non fosse distratto farebbe suonare l’allarme di fronte a un autunno che si preannuncia estremamente pesante per l’occupazione e la produzione».
Oltre all’allarme, che cosa in concreto?
«Va messa in cantiere una terapia d’urto per far reagire il paese. Chiediamo che il governo convochi le parti sociali per affrontare la questione del potere d’acquisto delle retribuzioni e delle pensioni. Una parte delle famiglie non arriva alla fine del mese, c’è un calo dei consumi, bisogna invertire la rotta».
Seguendo quali coordinate?
«Il Pd propone di detassare i salari medio bassi, sotto i 30mila euro, e di estendere la 14esima per le pensioni, introdotta dal governo Prodi, agli assegni fino a 1200 euro».
Una facile obiezione: dove si prendono i soldi? Dal superenalotto?
«Bisognerebbe chiedere alla Lega dove pensa di prendere i soldi per la proposta incongrua della gabbie salariali. Noi pensiamo che andrebbero utilizzati i proventi della lotta all’evasione fiscale oltre a risparmi di spesa. E se fosse necessario si può anche fare un po’ di debito: fino all’1% del Pil che equivale a 15 miliardi prevedendo un piano di rientro da gestire nell’arco della crisi. Purtroppo il governo ha presidiato i saldi di bilancio ottenendo due risultati negativi: la caduta del Pil e l’aumento del debito».
Chi perde il lavoro però non prende né stipendio né pensione…
«Infatti vanno estesi gli ammortizzatori sociali, migliaia di piccole e medie imprese è a rischio di chiusura in autunno. Il presidente degli artigiani di Varese che ha denunciato la perdita di 3mila imprese artigiane solo nella sua area: un allarme che dovrebbe preoccupare coloro che hanno a cuore il nord produttivo. Proponiamo un assegno universale di disoccupazione, per il 60% dell’ultima retribuzione, anche per chi ha un lavoro precario, ad esempio a progetto. E poi va raddoppiata la durata della cassa integrazione ordinaria (cig) da 12 a 24, mesi in modo da coprire l’arco prevedibile della crisi. Anche perché ci sono settori, come l’auto, impegnati in uno sforzo di ripresa. Nel caso della Fiat c’è una scommessa che vuol fare di questa azienda un player globale. In Piemonte abbiamo la Bertone, la Pininfarina, tutto l’indotto: un settore strategico, in piena riorganizzazione».
Ma di tutto questo non si parla mentre tengono banco le gabbie salariali. Secondo lei sono solo un fuoco di paglia o qualcosa di più concreto?
«Mi pare che dietro la sommatoria di “provocazioni” da parte della Lega (l’inno, la bandiera, la celebrazione dell’unità d’Italia, le gabbie salariali) si nasconda un disegno che va nella direzione di una minore unità nazionale. E nell’immediato evidenzia il potere di ricatto nei confronti del governo che è costretto a rincorrerla e che il più delle volte risponde sbandando. A mio avviso però non si tratta di semplice propaganda. C’è un disegno politico».
da L’Unità
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