Sostiene Guglielmo Epifani che, nonostante il coro di no, «la Lega non demorderà dalle gabbie salariali». Il gran capo della Cgil è contrario perché, dice, «a parte il fatto che le gabbie salariali esistono già, è come voler tornare ai dialetti: che idea di Paese ha la Lega? Il bergamasco invece dell’inglese, la busta paga di Castrovillari piuttosto che quella di Lodi, quando per guardare avanti bisognerebbe conoscere il cinese, e progettare il salario europeo».
Però, Epifani, quelle gabbie salariali che oggi forse l’Europa ci boccerebbe l’Italia una volta ce le aveva…
«Infatti, quelle della Lega sono parole d’ordine regressive. Di gabbie salariali in Italia, di fatto, ce ne sono già quattro. Sono le grandi diseguaglianze tra lavoratori del Nord e lavoratori del Sud, perché un occupato del settore privato del Sud guadagna il 20-25 per cento in meno rispetto a un lavoratore del Nord. E poi anche le differenze tra lavoro maschile e femminile, nell’ordine del 15-20 per cento. C’è poi una terza gabbia salariale che è quella del lavoratore italiano e un immigrato, che è pagato di meno. E infine quella tra un giovane e un meno giovane. La Lega parte dall’assunto inesistente della parità di salario, muove un luogo comune che è rovesciato rispetto alla verità, e arriva a ipotizzare il contrario di quello che serve al Paese. In Italia quel che ci vorrebbe non sono le gabbie salariali, ma il salario europeo. Non conoscere i dialetti, ma l’inglese, il tedesco, il cinese. Dobbiamo guardare avanti, non indietro».
Lei crede che la Lega agiti le gabbie salariali come elemento di disgregazione?
«Sì, e nonostante il coro di no che la proposta ha ricevuto, sono convinto che Lega e Berlusconi andranno avanti. Si suggerisce al lavoratore del Nord che potrebbe guadagnare di più, invece di dire la verità, e cioè che c’è un salario basso al Nord e basso al Sud e che occorre, semmai, alleggerire il carico fiscale sui lavoratori».
Dunque lei è favorevole alla proposta, avanzata anche da settori del Pdl, della fiscalità di vantaggio?
«Se riusciamo ad affrontare quelle quattro differenze di cui dicevo prima, se evitiamo la disgregazione, la riduzione del carico fiscale va bene. Come conferma Banca d’Italia la pressione sul lavoro dipendente è troppo forte, e bisogna intervenire. E se si vuole operare sugli svantaggi territoriali del Mezzogiorno si può operare con la fiscalità di vantaggio, o con la fiscalizzazione parziale di oneri contributivi».
Se si andasse avanti comunque sulle gabbie salariali…
«Dovrebbero fare una legge, e ha ragione Bonanni quando dice che sarebbe un atto autoritario. Vedo che la Lega non demorde, se andasse avanti sarebbe un’inziativa puramente ideologica e disgregante. Ci opporremmo con tutte le nostre forze».
Anche con uno sciopero generale?
«Con tutte le nostre forze, e con tutti gli strumenti».
State preparando una mobilitazione per il Mezzogiorno in autunno?
«Sì. Perché il governo per ora ha solo una politica di annunci, dopo aver tolto al Sud tutti i fondi. Il piano Marshall di Berlusconi rischia di essere pura propaganda, la sostanza dei fatti va in direzione opposta».
Lei ha citato prima Bonanni. Ci sarà un riavvicinamento della Cgil con Uil e Cisl?
«Noi siamo impegnati nei contratti nazionali in scadenza, i canali sono tutti aperti. In realtà, quando Berlusconi parla di gabbie salariali il primo effetto implicito è decretare la fine dell’accordo firmato da Cisl e Uil senza di noi. Perché se bisogna legare i salari al territorio si va in direzione opposta alla contrazione di due livelli, nazionale e aziendale. Il che mi conferma che quell’accordo aveva come obiettivo quello di dividere il sindacato
La Stampa 12.08.09
Pubblicato il 12 Agosto 2009
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