“Dov’è finita l’Italia civile?”, di Vittorio Emiliani
Il governo Berlusconi fa calare il sipario sullo spettacolo italiano, su quello più colto, che non può vivere di solo mercato. Bocciando l’emendamento del Pd (De Biasi, Franceschini, Ghizzoni, Melandri e altri), ha bocciato pure la reintegrazione nel Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS) dei 200 milioni tagliati da Tremonti. Respinto pure l’emendamento Carlucci-Barbareschi (PdL) che limitava quella reintegrazione a 100 milioni. Così il centrodestra assesta un colpo mortale allo spettacolo dal vivo. Crolliamo nella spesa statale allo 0,1 % del Pil. Ultimi in Europa e gli unici ad essere così miopi da tagliare le spese per cultura e per la ricerca anziché accrescerle. Come hanno fatto gli Usa di Obama e, in Europa, governi di segno opposto: la destra di Sarkozy e la sinistra di Zapatero. Spendevamo poco, adesso siamo alla miseria. Sono giornate nere per il mondo dello spettacolo, nel quale monta un grande, inascoltato allarme. Sono in pericolo 250.000 posti di lavoro, senza contare un vasto indotto artigianale. Sono a rischio-chiusura decine e decine di imprese del cinema, del teatro, della musica, …