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“Se la Gelmini sdogana l’esame regionale”, di Francesco Merlo

Nessun alfabetizzato del centrodestra, né il colto Sandro Bondi né l´iperprofessor Brunetta, sono riusciti a dire alla Gelmini che non c´è alcun rapporto tra l´algebra e l´oséleto veneto. Così come non c´è tra il teorema di Pitagora e l´impiccagione del pitu (tacchino) a Tonco di Asti, tra la fisica di Einstein e il risòtt giald (con lo zafferano). È invece passato come ragionevole glossa di più feconda lettura il contrordine leghista alla corbelleria sull´esame obbligatorio di dialetto. Adesso insomma non si vogliono più sottoporre i professori meridionali a uno sbarramento dialettale, ma a un test di “nativismo”, a una prova di conoscenza di storia locale: «di tradizioni regionali» ha ribadito, in soccorso al Carroccio, la ministra bresciana dell´Istruzione, l´avvocato Maria Stella Gelmini. Vedete com´è la Lega: senza volerlo sta svelando la dabbenaggine e la volgarità di un´intera classe di governo. E infatti né la presidente della Commissione Cultura Valentina Aprea né i tanti docenti di Diritto, che fanno corona e riparo a Berlusconi, hanno sinora informato i cultori del pittoresco che la conoscenza del folklore bergamasco non è indispensabile per insegnare il greco, e che la sagra del polentonissimo di Bormida non aiuta (purtroppo) a dominare il latino. E, come sa bene il neodiplomato figlio di Bossi, Hegel non ebbe i natali a Scurzolengo. Ce ne duole, ma essere padano non è una scorciatoia per l´apprendimento e l´insegnamento della filosofia, delle teorie dei frattali e dei quanti, della religione e nemmeno della lingua italiana.
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano è docente di Diritto dell´Impresa a Palermo. Il sottosegretario alla Sanità Ferruccio Fazio è ordinario di Radioterapia. Persino i sottosegretari leghisti Michelino Davico e Francesca Martini, nei cencelliani cenni autobiografici dei parlamentari, scrivono di essere docenti. E il mitico Castelli dice di esserlo stato, sia pure brevemente, addirittura in “Acustica degli Edifici” ricordandoci il nostro amico Sigfrido Mizzichellini di Rho (con l´acca di antica tradizione longobarda) professore di “Teoria e Tecnica del Ferro Battuto”. Comunque, nessuno di questi scienziati ha fatto notare alla Gelmini che non può essere discussa seriamente l´idea che un professore, per insegnare l´inglese in Lombardia, debba conoscere la storia della Regione (ma a partire da quando la Lombardia divenne una regione per la storia?). Esistono, tra i saperi, anche la Dialettologia, la Storia delle tradizioni popolari, la Linguistica, la Storia delle regioni. Nelle università italiane, quelle che la Gelmini non conosce, sono insegnamenti complementari o a scelta degli studenti. Sicuramente non stanno alla base degli altri saperi. Il professore Tremonti, per esempio, non ha costruito la sua competenza di economista studiando prima le tradizioni del Mulino Vecchio di Bellinzago e solo successivamente Schumpeter e Keynes.
Del resto, gli studi territoriali (linguistica, storia, economia) per assumere valore scientifico sono sottoposti al trattamento comparativo: il paragone continuo, il rimando internazionale. Uno studioso di dialettologia italiana deve essere in grado di avvicinare il lombardo al tedesco, il siciliano all´arabo e non indietreggiare nella ricerca degli eventuali nessi persino tra tedesco e arabo. Chi studia l´ipotesi della lingua indoeuropea deve misurarla con quella accadico-sumerica. Tanto più in un mondo che si apre alla dialettica dei dialetti imperiali (inglese, arabo, cinese, russo) e non si chiude nel mugugno del villaggio brianzolo, nella gara dei birilli delle donne cuneesi. Attenti dunque alla Lega che sta liberando fiumi di volgarità. Oggi si parla di secessione anche in Sardegna, la Sicilia risveglia il sopito separatismo, i romani devoti coltivano il guelfismo con il Primato della religione cattolica, i randellisti delle ronde si tatuano di cultura celtica… e la Gelmini, al fischio del Priapo reincarnato, aggiusta e profuma le fetecchie della Lega.
La Repubblica 31.07.09

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