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“Liberalizzazioni in fumo, governo in mano alle lobby”

Parafarmacie scippate della croce verde. Assicurazioni e taxi premiati

Parafarmacie senza insegna né croce verde. È questa l’ultima trovata del governo per sabotare una delle meglio riuscite liberalizzazioni del centrosinistra. L’ennesimo tassello di una restaurazione pro poteri forti volta a premiare le mille corporazioni italiane. Farmacisti, tassisti, banche, assicurazioni: sono soprattutto loro a poter brindare per questi primi 15 mesi di governo Berlusconi.

Parafarmacie nel mirino
All’esame del prossimo consiglio dei ministri ci sarà il decreto legislativo che si occupa di ridisegnare il ruolo delle farmacie, dando loro più funzioni come la possibilità di prenotare visite e analisi mediche per conto dei propri clienti. Nel testo però è stato inserita anche una norma che di fatto suona il de profundis per le parafarmacie: non potranno più fregiarsi del nome né della croce verde. Un colpo basso per consumatori e farmacisti che si sono messi in proprio: negli ultimi tre anni sono nati 2.700 punti vendita, fra parafarmacie e “corner della salute” negli ipermercati, dando lavoro a circa 6 mila giovani e offrendo i farmaci da banco con sconti del 20%. Una mazzata che però era nell’aria: da mesi la maggioranza sta tentando in tutti i modi di tornare al monopolio delle farmacie, prima col disegno di legge Gasparri-Tomassini e poi con l’emendamento Saltamartini, due misure che in comune hanno la soppressione de facto degli esercizi nati dalle lenzuolate di Bersani. Una tendenza restauratrice che ha contagiato anche quelli dell’Idv, visto che nelle ultime settimane hanno ritirato un disegno di legge ancora più liberalizzatore delle norme di Bersani per rimpiazzarlo con uno di segno opposto, che va a proteggere la casta speziale.

Assicurazioni, ritorno al passato
La rivincita delle posizioni dominanti messe sotto scacco dai decreti Bersani del secondo governo Prodi trova un esempio cogente nelle assicurazioni che, nell’ultimo anno, sono finite più volte nel mirino dell’Antitrust.
A dispetto delle liberalizzazioni volute dal precedente governo, non c’è dubbio che l’esecutivo Berlusconi sia dalla parte dei poteri forti. Il che è scritto nelle pieghe di tutti quei provvedimenti che, articolo dopo articolo, hanno smontato e stanno smontando le lenzuolate. A cominciare dall’agente plurimandatario, istituito dal decreto Bersani ma rimasto sulla carta e scampato a una restaurazione voluta addirittura dal capogruppo del Pdl Gasparri.
Proprio Gasparri con un emendamento a sua firma, presentato al ddl sviluppo e giudicato poi inammissibile, ha tentato di ripristinare l’agente monomandatario. Fino alla possibilità per il consumatore di stipulare contratti di assicurazione annuali: la disciplina introdotta dai decreti Bersani invece individuava nell’anno il termine di scadenza di ogni contratto.
A denunciare il tentativo dell’esecutivo di rimettere indietro le lancette dell’orologio in tema di liberalizzazioni è stato a più riprese il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà che su banche e assicurazioni ha espresso in più occasioni timori che il ddl sviluppo rappresentasse un’involuzione.
Infatti in tema di banche, dopo l’intervento sulla commissione di massimo scoperto, inserita nel dl anticrisi, il governo ha fatto la sua marcia indietro ritirando alcune norme: ovvero la riduzione da tre giorni lavorativi a tre giorni di calendario della data valuta e disponibilità di assegni e bonifici; la previsione di una commissione di massimo scoperto massima dello 0,5% trimestrale anche su eventuali sconfinamenti dal credito accordato; la possibilità di aumentare al massimo del 5% i tassi originariamente concordati tra banca e cliente.

Continua la guerra dei taxi
Slitta a fine anno l’entrata in vigore delle norme sul servizio taxi e noleggio con conducente, i cosiddetti Ncc. Le norme dovevano entrare in vigore lo scorso 30 giugno. La storia è paradossale e si trascina da mesi. Lo scorso inverno con l’approvazione del decreto Milleproroghe il governo sembrava aver accontentato i tassisti e penalizzato i noleggiatori con conducente, nonostante la segnalazione contraria dell’Antitrust. Si prenda Roma, dove il caso è particolarmente sentito. Per gli Ncc con licenza non romana – circa tremila – sarebbe stato quasi impossibile lavorare stabilmente nella capitale.
Si arrivava persino a vietare la fermata in strada ad attendere il cliente. «In Italia chiuderanno 40mila aziende», denunciavano i rappresentanti degli Ncc.
Poi, a sorpresa dopo una settimana, la retromarcia del governo che annunciava un emendamento abrogativo delle norme in questione. Seguirono vibranti proteste della lobby dei tassisti e del sindaco Alemanno.
Da allora, e a questo punto almeno fino a fine anno, se per quella data saranno conclusi i lavori del tavolo tecnico presso il ministero delle infrastrutture, è guerra fredda.
È stallo in una materia che riguarda migliaia di cittadini. Il problema è che invece di avere questi ultimi come interlocutori, l’esecutivo ha come riferimento due categorie di fatto monopoliste sul mercato. Due gruppi di interessi con solidi addentellati sul territorio e nella politica – si pensi alle proteste dei tassisti che paralizzarono la città durante l’ultimo mandato di Veltroni, o di converso, ai festeggiamenti degli stessi per la vittoria di Alemanno. Il paradosso, se si vuole, è che non decidendo, ma accontentandosi di prorogare la decisione, si perpetua una situazione non da libero mercato ma perlomeno segnata da un minimo di concorrenza.

Europa, 29 luglio 2009

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